Futuri già passati. “Klon” di Corrado Mastantuono

Klon è il terzo Speciale della collana Le storie di Bonelli, e si potrebbe sbrigativamente descrivere come una storia di fantascienza. Non però quella fantascienza che si fonda su navi spaziali, confederazioni galattiche in conflitto, specie aliene che minacciano l’universo, macchine pensanti e robot. Piuttosto, l’autore Corrado Mastantuono – già uno dei più apprezzati fumettisti disneyani e texiani – ci offre un thriller psico-politico in cui il costante riferimento alle biotecnologie e all’informatica si intreccia con la dimensione della patologia mentale. Premesse promettenti, con un rischio: l’ennesima rimasticatura di Philip K. Dick o di James G. Ballard.

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L’età dell’oro della fantascienza è ormai alle nostre spalle, come ha argomentato a suo tempo Jonathan Lethem (e anche Ridley Scott è pessimista); o forse no. Di certo resta difficile trovare un autore capace di iniettare idee nuove in un filone che si regge ormai da decenni sulle intuizioni e sui canoni imposti da una manciata di geniali pionieri. L’effetto è curioso: se gran parte del fascino della fantascienza risiede nella possibilità di immaginare futuri più o meno possibili, leggendo molta letteratura corrente è difficile evitare l’impressione che il futuro sia già passato. La nostra immaginazione è arretrata rispetto agli effettivi mutamenti in atto, e il risultato è che finiamo per continuare a immaginare il futuro … dei nostri genitori.

Mastantuono offre la via d’uscita più semplice e più efficace rispetto a questo curioso paradosso. Klon non offre scenari rivoluzionari né particolari spunti narrativi, ma ci ricorda i tratti essenziali di una buona storia: una trama coerente, un personaggio in cui è facile immedesimarsi e un intreccio che nonostante tutto riesce a riservare qualche sorpresa. La domanda, ovviamente, è se tutto questo basti a far dimenticare quanto detto, e quindi se il lettore ‘generalista’ sia disposto a passar sopra una serie di cliché fastidiosi per chi, invece, ha un po’ di familiarità con il genere.

Klon è ambientato in un futuro non troppo prossimo, nella Roma del 2070. I monumenti principali della città svettano immutati in uno scenario affollato e hi-tech che rende la Città Eterna simile a un incrocio tra Bangkok e Times Square. Il protagonista è Rocco Basile, un esperto di difese informatiche che soffre di una malattia capace di compromettere fortemente la lucidità mentale. Ingaggiato da un ministero per incrementare la sicurezza degli uffici interni, Rocco finisce coinvolto nelle oscure manovre di una casa farmaceutica, interessata a superare le resistenze governative alla liberalizzazione di un prodotto biotecnologico.

Fin qui, come si diceva, niente (o poco) di nuovo sotto il sole. Le prime quaranta pagine scorrono all’insegna di una vaga sensazione di déjà vu, mitigata forse dal piacere campanilistico nel vedere una città italiana immersa in un immaginario che solitamente predilige scenari d’Oltreoceano. Tuttavia, chiudere l’albo dopo questa prima parte decisamente “canonica” sarebbe un errore.klon1

Improvvisamente, infatti, la situazione cambia. Il pattern classico offerto dalla prima parte della storia (azienda malvagia che complotta contro il genere umano / protagonista maledetto costretto a fuggire da agguerriti sicari / ragazza bionda che compare un po’ per caso a fare da spalla al protagonista) va in frantumi e si trasforma in qualcosa di più sofisticato. Senza anticipare nulla, Mastantuono riesce magistralmente nella tecnica più indicata per far riuscire una storia thriller: mettere il lettore in condizione di non potersi più fidare di quello che sta leggendo. Attingendo a meccanismi tipici delle storie di Phil K. Dick (ma in cui sguazza, per dire, anche il cinema di Christopher Nolan) Mastantuono catapulta il lettore in un intreccio di paranoie e illusioni, costringendolo a seguire il protagonista in un labirinto di incertezze che gli impedisce non solo di scegliere una fazione, ma anche solo di capire quali sono effettivamente le parti in gioco.

Gran parte del piacere che si trae durante la lettura deriva da questa incertezza, dal tentativo costante di distinguere la realtà dalla fantasia, la lucidità dalla paranoia. Klon presenta la classica trama a base di complotti politici e minacce tecnologiche, ma lo fa trattenendo il lettore nella costante sospensione del giudizio, nel dubbio che tutto infine possa risolversi nel classico finale a sorpresa in cui si scopre che tutto altro non era che una fantasia schizoide del protagonista. Per questo è decisamente riuscita la scelta di ridurre al minimo la narrazione oggettiva, e presentare la storia quasi esclusivamente dal punto di vista di Rocco Basile.

Il trucco sarebbe riuscito alla perfezione, oltretutto, se l’autore avesse sviluppato tutta la storia mantenendo la narrazione dal punto di vista del protagonista, invece di interpolare l’esperienza di Rocco con alcune scene in cui la narrazione oggettiva rischia decisamente di rovinare l’atmosfera, avvertendo il lettore della realtà di alcune minacce presentate come potenzialmente illusorie. Questa è forse l’unica pecca strutturale di uno sviluppo narrativo senza altri intoppi, che riesce a redimere la storia di una serie di passaggi contenutisticamente un po’ deboli (ad esempio alcune cadute di stile in cui si ammicca troppo a un certo genere di patetismo nichilista tanto in voga un tempo, oggi forse un po’ patinato). Meglio non esprimersi sul finale, in cui si poteva forse osare di più, ma che viene lasciato al giudizio del lettore.

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Il realismo grafico è decisamente ‘bonelliano’, ma presenta talvolta alcune suggestioni internazionali (penso in particolare al Moebius de L’Incal, e d’altronde lo stesso Mastantuono ha affermato che la storia era stata originariamente pensata per il mercato francese). Particolarmente riuscite sono le scene d’azione, con un’ottima gestione delle vignette e inquadrature dinamiche che rendono perfettamente i momenti più concitati e spettacolari.

Potremmo sintetizzare così: Klon recupera in esperienza e perizia narrativa quello che perde in originalità. Più discutibile, forse, è l’idea che l’opera si proponga come quel genere di “narrativa dell’anticipazione” (come scrive l’editor Gianmaria Contro nella prefazione) capace di nascondere dietro il velo dell’intrattenimento e della suspense delle sottili riflessioni sul futuro prossimo della nostra civiltà. In questo Klon non fa un solo passo avanti né rispetto al Phil K. Dick più celebre (ad esempio quello de Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) né rispetto ad altri autori di graphic novel capaci di sforzi ben più incisivi in questa direzione (rimanendo in Italia, penso al Manuele Fior de L’Intervista).

Dentro all’intrattenimento seriale, ma fuori dal fumetto, Game of Thrones o la bellissima serie britannica Utopia ci hanno abituato a sfumature morali molto più sottili rispetto alla storia di Mastantuono, in cui i ruoli continuano ad essere assegnati in modo classico e manicheo: le multinazionali sono malvagie per definizione, la donna-angelo è sempre buona, il protagonista è bello, buono e dannato, e così via. Anche l’immaginario non sembra ‘anticipare’ molto, né sulle questioni tecnologiche (la clonazione) né sulle loro ricadute sociali o ‘politiche’. Un problema di soggetto, potremmo dunque dire, che convive tuttavia con una sorpresa ‘tecnica’: che Mastantuono fosse un abile sceneggiatore lo avevamo capito con diverse storie comiche (Disney), ma questo albo lo conferma estendendo il campo alla scrittura drammatica. Mica male, per un autore ritenuto eclettico sotto il profilo del disegno e che, invece, riesce a rivelarsi tale anche nella scrittura.

Klon
di Corrado Mastantuono

Sergio Bonelli Editore, 2016
128 pagine, 6,00 €