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“Tumulto” di Alice Milani e Silvia Rocchi: una moto, due autrici e un viaggio che inizia al ritorno

Tumulto, in uscita per Eris Edizioni, è un racconto di viaggio scritto, disegnato e dipinto a quattro mani da Silvia Rocchi e Alice Milani e questa è la descrizione più sintetica che ne possiamo dare. Come tutte le sintesi, contrae tante sfaccettature e dettagli che cercheremo di decomprimere assieme alle autrici.

Per realizzare Tumulto le due autrici hanno innanzitutto inforcato una moto (per la precisione una Yamaha Virago) e percorso diverse centinaia di chilometri nei territori della Ex Yugoslavia. Hanno lavorato mesi gomito a gomito, trasformando l’esperienza reale in un racconto di formazione a fumetti.

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Il consiglio è quello di leggere Tumulto e riservarsi poi il piacere non tanto di una seconda lettura, sempre consigliata, ma quello di sfogliare il testo come se si trattasse di un catalogo d’arte, soffermandosi sulle singole vignette, istantanee scattate dalla sella di una moto in corsa che ci lascia impressi sulla retina tanti paesaggi visti e letti solo per un istante.

Abbiamo chiesto ad Alice Milani e a Silvia Rocchi di rispondere assieme alle stesse domande, per capire come da due punti di vista simili e diversi assieme sia potuto nascere un solo testo.

La prima domanda è sempre la più classica. Da Dove nasce il vostro progetto e come avete deciso di portarlo avanti, parlando di stesura e poi di realizzazione grafica?

SILVIA: Stavamo pensando da tempo a realizzare un prodotto che fosse frutto al cinquanta per cento della creatività di ognuna di noi due. Ci siamo dette: “proviamo a fare un viaggio e vediamo quello che ne viene fuori”. E così due anni fa siamo partite in moto. La ex Yugoslavia come destinazione è stata una proposta di Alice.

ALICE: Il viaggio doveva servirci come stimolo, dopo aver parlato a lungo del nostro progetto comune.

Mio padre ha lavorato per anni con uno scienziato di Belgrado ed eravamo tutti molto legati a lui e alla sua famiglia, tanto da viaggiare spesso per farci reciprocamente visita. Io ero molto piccola durante la guerra, ma l’eco di quello che succedeva mi è arrivato grazie a questo legame.

Un anno prima di viaggiare con Silvia avevo fatto un viaggio simile con un’altra amica: ho proposto a Silvia di tornarci non tanto per la storia di quei luoghi, ma proprio perché è una bellissima terra.

All’inizio avevamo pensato persino di lavorare separate, a distanza. Poi, per vari eventi della vita, sono tornata a vivere vicino a Silvia. Meno male, perché se penso a come abbiamo collaborato, in pratica a fianco a fianco, sarebbe stato proprio impensabile portare a termine il libro.

C’è una scena finale, ad esempio, un dialogo, che ci ha tenute impegnate per mesi. Continuavamo a tornarci sopra, c’era qualcosa che non andava. Finché un giorno, all’improvviso, abbiamo trovato la soluzione. In un pomeriggio avevamo chiuso quella sequenza che per mesi non suonava.

Tumulto è quindi frutto dell’unione delle vostre due creatività: non vi siete divise il lavoro (scrittura e testi) o un certo numero di tavole, ma avete realizzato tutte le tavole collaborando. Ci raccontate come avete portato avanti questa opera?

SILVIA: Avevamo entrambe avuto una precedente esperienza breve di lavoro a quattro mani, con la pubblicazione Coppie Miste del collettivo La Trama. Io ho lavorato con Anna Deflorian, Alice con Tuono Pettinato. In quel caso gli accostamenti erano tra autori interni al collettivo ed autori esterni, e tra sensibilità diverse tra loro.

In fase di storyboard c’era ancora una certa preoccupazione su come avremmo potuto davvero realizzarlo. Poteva sembrare una limitazione alle nostre singole libertà espressive. In realtà il lavoro ha cominciato a scorrere con naturalezza. Avevamo deciso di realizzare una vignetta a testa, passandoci fisicamente le tavole, da una scrivania all’altra. Mano a mano che il lavoro andava avanti abbiamo cominciato a lavorare con molta più scioltezza e con meno rigidità, mischiando anche le nostre tecniche.

ALICE: In questo volume, rispetto all’esperienza di Coppie Miste, il lavoro è stato più naturale, perché il mio stile e quello di Silvia sono simili. Usiamo anche gli stessi materiali, tempere, pastelli, lavoravamo fianco a fianco passandoci materiali e tavole.

Come diceva Silvia, all’inizio la divisione era più rigida e mano a mano abbiamo cominciato a contaminarci di più, passandoci il foglio lì dove pensavamo di poter intervenire, o dove la situazione ci era più congeniale. Io mi diverto nel disegnare moto e quindi ho disegnato quelle situazioni. Uno dei punti forti di Silvia sono i cieli, quindi passavo a lei la tavola per quelle parti. Credo che scorrendo il volume si possa notare quanto ci siamo via via integrate.

Abbiamo anche dato un senso a questa evoluzione nella contaminazione: le prime tavole presentano le due protagoniste da sole, quindi io ho disegnato una di loro e Silvia l’altra. Abbiamo ripreso e revisionato molte tavole prima della fine, ma questa separazione che c’è solo all’inizio l’abbiamo tenuta.

Mano a mano che il lavoro scorreva ognuna di noi due ha lasciato che il segno dell’una influenzasse l’altra, ma non solo: lavorare in questo modo richiede anche un grande lavoro su se stesse e sul rapporto con l’altro. Bisogna fare attenzione a non diventare prevaricanti, e d’altra parte anche non essere troppo deboli e lasciar prevalere una posizione che non ci convince.

tumultorocmil1Il viaggio è esperienza di crescita, ma nel racconto è anche fonte di crisi, rottura, riconciliazione. Che legame c’è tra questi stati d’animo e il percorrere un territorio così storicamente denso?

SILVIA: Da subito abbiamo avuto chiaro quello che non volevamo fare: un reportage dai Balcani. Non ne avevamo l’intenzione ma nemmeno gli strumenti. Il nostro è un racconto di formazione. Rendendo le due protagoniste due ex musiciste abbiamo scelto un appiglio per raccontare da dove nasce l’ispirazione artistica e di come questa poi, col passare del tempo, si riveli spesso ingenua, da ripudiare e poi rielaborare.

ALICE: Nel libro la nostra esperienza autobiografica è stata un po’ cambiata: le due protagoniste sono due ex musiciste, noi non lo siamo. Ma parlando della musica volevamo in realtà parlare della creazione artistica, dell’intuizione. Nella musica funziona come nel disegno, nella pittura.

Non abbiamo pensato alla ex Yugoslavia come teatro di guerre passate. Ma poi è evidente come tutto il territorio, che ha un potenziale altissimo, sia ancora percorso da tanto rancori, discriminazioni, situazioni di violenza. In qualche modo c’è effettivamente un legame tra la rabbia che in parte provano le protagoniste e la rabbia di quei luoghi.

Nel vostro racconto ho avuto la sensazione che la dimensione narrativa, l’esperienza del viaggio in moto, la musica, fossero tutti fattori con lo stesso peso, in equilibrio tra loro.

SILVIA: la musica è stata poi realmente un gancio per incontrare e conoscere persone. Anni fa avevo una vera e propria ossessione per il punk, andavo a tutti i concerti, ora non ho più tutta quella foga. Ma sicuramente la musica è parte della mia storia.

Mi fa piacere che tu noti questa unione perché erano gli aspetti che volevamo mischiare.

Cercando i locali dove sentire musica live abbiamo scoperto posti nascosti e interessanti: una ragazza ci ha portato in una zona di Belgrado dove all’incrocio tra i fiumi Sava e Danubio sono ancorate tante barche, ognuna è una piccola discoteca dove si ballano generi diversi. La musica crea fermento anche dove sembra che le città non offrano molto.

ALICE: Silvia è più appassionata di musica, per me contava molto viaggiare assieme in moto. La moto ci ha permesso di perderci veramente nel territorio, di andare ovunque, di vedere tutto durante il percorso, mentre mezzi come macchine o treni riducono molto la visuale. I motociclisti poi si riconoscono e si aiutano, in tutti i paesi. Noi guidavamo una Virago, allora ci salutavano anche gli harleisti. Ci si riconosce anche per categorie, tra motociclisti.

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I personaggi che le vostre protagoniste incontrano sono quelli che avete realmente incontrato? Raccontatemene uno in particolare.

SILVIA: sì, sono tutti personaggi reali o frutto di mix di esperienze reali. Il custode di un museo di storia locale che ad un certo punto incontriamo è stato inventato. Ci serviva per cucire assieme e raccontare tante piccole storie di vita che avevamo sentito. E poi ci sono personaggi reali come un ragazzo che nel libro accompagna le protagoniste fino al fiume Drina. Nella realtà questo ragazzo è un abitante del luogo che ci ha colpito per il suo entusiasmo e per i mille progetti che aveva in mente per far rinascere i suoi luoghi. Un entusiasmo che contrasta con il tormento che provano le due protagoniste, coi loro dubbi e le loro domande sul futuro.

ALICE: mi piace molto il primo biker che incontriamo. Nel libro di spinge a fare una tremenda inversione a U, molto simbolica, e poi chiacchiera con noi urlando da una moto all’altra. È successo tutto davvero nella realtà. Ci ha anche davvero dato una mano, e accompagnato dove dovevamo andare.

Perché avete scelto il fiume Drina per la tappa finale del viaggio delle vostre protagoniste?

SILVIA: il ragazzo che viveva nella zona ci ha raccontato la sua storia. Ci è sembrato naturale usare questi eventi come base per un testo del gruppo punk che le due protagoniste avevano assieme, e che col passare degli anni rivela in parte la sua ingenuità.

ALICE: abbiamo scelto la Drina e la sua valle perché è un posto bellissimo. Volevamo comporre una vera e propria ode alla sua bellezza. In un secondo momento abbiamo pensato anche al suo valore simbolico, perché è stato teatro dello scontro sanguinoso tra Bosnia Herzegovina e Serbia, un confine attraversato dalle pallottole.

Nel libro riportiamo il testo di una canzone dell’ex gruppo punk che le due protagoniste avevano da ragazzine, i “Tumulto”, appunto. Abbiamo scritto una parte del testo come se loro avessero usato proprio la Drina e la guerra come elemento di un testo, senza realmente chiedersi cosa significasse e senza aver vissuto quello che pretendevano di raccontare.

Come avete scelto assieme le tavole a tutta pagina? Alcuni paesaggi, scorci, ambienti, sono raccontati invece con l’accostamento di tante vignette, dettagli.

SILVIA: sono i momenti del racconto dove le emozioni sono più forti: il sogno, il temporale che le coglie all’improvviso con i suoi toni scuri, il bagno durante notte. Ci serviva tutta la pagina per raccontare l’enfasi del momento.

ALICE: Le vignette sono come tante istantanee che raccontano quello che si può vedere da una moto, viaggiando. La strada, e il guidatore che copre la visuale. Lo scorcio di un palazzo dal basso. I panorami che scorrono via veloci.

Avete già pensato alla possibilità di legare questo vostro progetto a qualche realtà sul territorio, a qualche associazione o ente, sia per promuoverlo che per farlo leggere dove è ambientata la storia?

SILVIA: abbiamo chiesto apposta a Eugenio Berra (coordinatore dell’associazione “Viaggiare i Balcani”) di scriverci un’introduzione storica, che contestualizzasse il racconto. Grazie alla conoscenza con Eugenio e altri contatti speriamo di tradurre l’albo in serbo e di poterlo portare là.

ALICE: siamo curiose di vedere come potrebbe essere accolto il nostro libro. Eugenio si occupa da anni di turismo responsabile e di accompagnare i turisti in percorsi non banali, anche per raccontare la storia di quei paesi. Sarebbe molto bello poter contribuire.

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