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RecensioniNovitàCinema Purgatorio, l'antologico di Alan Moore (e altri)

Cinema Purgatorio, l’antologico di Alan Moore (e altri)

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta e analizza uno di questi comic book.

Lanciato a febbraio con una campagna di crowdfunding che ha pressoché immediatamente raggiunto i 9.100 dollari richiesti e ha totalizzato 110.333 dollari grazie a 1621 sostenitori, l’antologico in bianco e nero Cinema Purgatorio ha debuttato lo scorso maggio e continua tutt’ora a ospitare storie di Alan Moore nonostante il suo addio al mondo del fumetto: a settembre lo scrittore aveva infatti precisato che avrebbe ultimato Cinema Purgatorio con Kevin O’Neill prima dell’abbandono.

cinema purgatorio

Giunto al sesto numero lo scorso mercoledì, se ne può trarre un primo bilancio. La storia iniziale, a firma di Moore e O’Neill è quella che meglio risponde al formato antologico, raccontando ogni volta di uno stesso spettatore che entra in uno stesso cinema (quello del titolo) e si trova a vedere film di vario genere, ma sempre alterati in una chiave nera, tetra e grottesca. Nel primo capitolo vede un film di rapina del cinema muto, dove l’eroe e l’eroina finiscono però malissimo e la polizia se ne va con il malloppo. Il secondo è un peplum religioso in cui i protagonisti si accorgono di essere in un mondo fasullo come un set cinematografico, tocca quindi ai cineserial e ai loro cliffhanger; a King Kong che racconta la terribile storia del suo autore; a una love story nella perfetta provincia americana dove però il tempo corre follemente e i personaggi decadono di fronte ai nostri occhi. Infine è il turno dei fratelli Marx, il tutto preceduto in ogni numero dallo stesso emblematico cartellone: Marilyn Monroe che dice “a volte vorrei semplicemente essere morta”.

cinema purgatorio

Moore e O’Neill giocano con sequenze e situazioni celebri o tipiche della Storia del cinema e ne fanno scenari da incubo, il tutto arricchito dalle riflessioni dello spettatore, che è incastrato in questo limbo surreale, dark e senza uscita un po’ come i personaggi dei recenti corti di Alan Moore e Mitch Jenkins raccolti in Show Pieces.

Paradossalmente questo fumetto è però ancora più metacinematografico dei cortometraggi e smonta i meccanismi della settima arte attraverso quelli della nona. Una serie dunque che richiede totale padronanza di più media espressivi e che forse solo Moore poteva scrivere con questa finezza per le matite di Kevin O’Neill, sinistramente allegre come una malata striscia comica quando rappresentano i film sullo schermo e invece espressioniste nel disegnare il Cinema Purgatorio.

cinema purgatorio alan moore

Ogni albo presenta poi altre quattro storie, queste però sono tutte più o meno serializzate ossia raccontano una vicenda dalla progressione spezzata in puntate, anziché singoli episodi. A rendere più fluida questa transizione tra diversi tipologie di racconto seriale c’è Code Pru di Garth Ennis e Raulo Caceres, che ha episodi abbastanza compatti e autoconclusivi, anche se non manca un’evoluzione. Qui si racconta di Pru, una recluta in una sezione della polizia che se la vede con i mostri e le loro disavventure, dal vampiro che prende fuoco al sole al mostro di Frankenstein vittima di abusi polizieschi, quindi tocca allo xenomorfo simil-alien, a una mummia al pronto soccorso, a un posseduto che viene “esorcizzato” sulla tazza del cesso e infine a un bar che cita il Nighthawks di Hopper, dove la protagonista incontra un Terminator. Ennis al solito è iconoclasta e dissacrante, ma queste barzellette non sono poi molto divertenti, va però meglio con i due albi fuori serie di Code Pru, soprattutto con quello dedicato agli orrori lovecraftiani. Caceres, disegnatore già visto su varie testate Avatar, se la cava con lo splatter ma è davvero pessimo nella recitazione dei personaggi, cosa non trascurabile visto che le storie di Ennis vivono soprattutto di dialoghi.

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La terza serie è Modded di Kieron Gillen e Inacio Calero, dove in un mondo post-apocalittico gli umani catturano i demoni, li modificano e li fanno combattere tra loro come fossero Pokemon. La protagonista ha una creatura cui è affezionata come a un cucciolo, ma la perde subito in uno scontro con un maniaco che vuole collezionare tutti i tipi di demoni (Gotta catch ‘em all!). Quindi è aiutata a catturare un demone minore e apparentemente inoffensivo, che lei si rivela però straordinariamente capace di guidare in battaglia. Tolta la serie di Moore, questa di Gillen è sicuramente la più riuscita e divertente, sia perché completamente folle e visivamente molto forte con i suoi assurdi mostri e combattimenti, sia perché Gillen arriva dalla critica videoludica e conosce perfettamente i meccanismi di gioco di cui parla.

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La quarta serie è per certi versi la più ambiziosa: A More Perfect Union racconta di una guerra civile americana dove formiche giganti attraversano il fronte con effetti devastanti. Disegnata da Michael DiPascale all’insegna di una sorta di patinato fotorealismo, come a voler rendere verosimile e storicamente corretta una vicenda assurda ma popolata da personaggi reali, A More Perfect Union è viziata da una staticità formale davvero spiacevole. La storia di Max Brooks è poi una sorta di variante dei suoi racconti di ucronie con zombie nel passato dell’umanità, solo che questa volta ai morti viventi sostituisce insetti giganti, ma sempre con la medesima precisione per i dettagli sia del periodo sia in questo caso dell’entomologia immaginaria.

cinema purgatorio alan moore

Chiude l’antologia The Vast di Christos Gage e Gabriel Andrade, su un mondo devastato dai kaiju (noti al cinema da Godzilla a Pacific Rim). Gage non è uno scrittore raffinato e The Vast non sembra aver molto da dire, ma Andrade è un disegnatore notevole, cui questa storia di rovine e ricca d’azione con molte gargantuesche creature offre modo di scatenarsi. Probabilmente la più debole delle cinque, The Vast è una lettura veloce che chiude in leggerezza l’antologico, anche grazie a una progressione narrativa molto veloce.

Nel complesso insomma Cinema Purgatorio è una creatura di Moore solo per la prima di cinque serie, mentre le altre riflettono pienamente i loro autori e hanno toni tra loro piuttosto diversi, dove i principali fil rouge sono il tema della mostruosità, lo splatter e un approccio per certi versi sopra le righe. Per l’atmosfera metafisica e il gioco linguistico tra due media Moore e O’Neill rimangono però irraggiungibili.

cinema purgatorio alan moore

Bonus: Questo mercoledì è uscito anche il sesto e ultimo numero della miniserie Weavers edita dai Boom! Studios, scritta da Simon Spurrier, disegnata da Dylan Burnett e colorata da Triona Farrell. Si tratta degli intrighi di una banda criminale dove i membri sono posseduti da misteriosi aracnidi, che donano loro strani poteri ma richiedono assoluta fedeltà. Tra varie e notevoli esplosioni di violenza (efficace la coppia artistica), si dipana un piano machiavellico piuttosto ingegnoso, che il protagonista e nuova recluta – suo malgrado – della banda avrà il suo daffare a navigare. Spurrier si conferma, per l’energia e il turpiloquio creativo di cui infarcisce i suoi testi, il più serio erede di Warren Ellis, ma ancora gli manca un’opera che vada davvero oltre il genere.

weavers spurrier

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