Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.
Tra la smodata quantità di serie che Image Comics lancia costantemente (quasi una alla settimana), Surgeon X è riuscita a far parlare di sé per un nome d’eccezione, che non è però quello di uno degli autori: si tratta di Karen Berger, l’editor che per anni ha supervisionato la gloriosa divisione Vertigo della DC Comics.
Com’è successo lo spiega la sceneggiatrice della serie Sara Kenney, che aveva vinto un grant del Wellcome Trust come artista e voleva raccontare una storia sulla disparità di trattamento medico nel mondo. La Kenney ha lavorato per anni a documentari della BBC e ha collaborato anche al medical drama Casualty in veste di ricercatrice, ma dice di aver sempre amato i fumetti e di aver deciso di raccontare così la sua storia. Quindi ha contattato Karen Berger via LinkedIn, che le ha fatto conoscere il disegnatore John Watkins e l’app designer Michale Mensah-Bonsu, con il quale ha sviluppato la versione digitale del fumetto. Nella ricerca sulla medicina del futuro, Surgeon X ha preso la sua forma finale quando la Kenney ha letto sempre più articoli sulla crescente resistenza che i batteri stanno sviluppando agli antibiotici.
La serie racconta un futuro in cui milioni di persone muoiono per infezioni resistenti a ogni cura e dove gli antibiotici devono essere razionati nel tentativo di renderli di nuovo efficaci. Un’ipotesi apocalittica che ha basi reali, infatti il numero di infezioni letali è cresciuto negli ultimi anni e l’autrice immagina che nel giro di due decenni la situazione sarà catastrofica.
Naturalmente si tratta del “worst case scenario”, ma è vero che l’abuso di antibiotici sia per le cure mediche sia nel campo dell’allevamento li sta rendendo via via meno efficaci, ed è altrettanto vero che le industrie farmaceutiche non investono nella ricerca di nuovi antibiotici perché al momento non offre convincenti margini di profitto, tanto che l’ultima nuova classe è stata individuata nel 1987.
Alcune di queste informazioni sono presenti nel fumetto cartaceo, ma sono enormemente approfondite dalla sua versione digitale, leggibile attraverso l’apposita App Surgeon X (disponibile sia per iOS che per Android) dove il primo numero è gratuito. L’app collega alcune vignette a contenuti multimediali come interviste agli autori, alla Berger e soprattutto a vari esperti sui temi della serie, alcune solo audio, altre anche video. Inoltre ci sono tra i contenuti extra gli spot propagandistici in computer graphic del partito Lionheart, che nel fumetto vuole fare di nuovo grande la Gran Bretagna (e sì, lo slogan Make Britain Great Again è chiaramente trumpiano) seguendo il motto: il razionamento è razionale.
La protagonista di Surgeon X è un chirurgo che si muove in questo scenario da incubo e pratica medicina d’emergenza, recuperando anche metodi che gli antibatterici avevano reso obsoleti. Già nel primo episodio mette però in chiaro che non intende trattare tutti allo stesso modo e rifiuta di salvare un leader del partito Lionheart mentre cura invece il suo avversario politico. Sempre alla fine del primo episodio scopre inoltre che la madre, morta su una nave di profughi che stava aiutando, è in realtà stata uccisa.
La serie si dipana quindi tra le azioni del chirurgo, i rapporti con il resto della sua famiglia – tra cui un padre ricco e opportunista, una gemella microbiologa e un fratellastro schizofrenico – il mystery sulla morte della madre e le minacce di un misterioso hacker, che si manifesta sulle interfacce digitali della protagonista come Ippocrate. Al terzo episodio il risultato è un po’ altalenante – buoni il primo e il terzo numero, ma confuso il secondo – e Watkiss, che qui ha uno stile molto stilizzato e legnoso, non fa che incrementare il senso di confusione. La colpa è anche dei colori di James Devlin, troppo impersonali per un disegno del genere.
Surgeon X è allora fin qui una serie dal concept attuale e originale, ma ha tutt’altro che la precisione affilata di un bisturi e sembra disperdersi in un intreccio con troppa carne al fuoco – soprattutto le dinamiche famigliari sembrano più una distrazione che una necessità – accompagnato da un versante grafico per nulla irresistibile. Quel che si dice un’occasione mancata e che tutto questo sia accaduto proprio sotto la supervisione di Karen Berger lascia davvero l’amaro in bocca.
BONUS: Il primo Annual del Batman DC Universe Rebirth contiene diverse brevi storie, la prima di Tom King, lo scrittore di The Vision e Sheriff of Babylon che finora sulla serie dell’Uomo Pipistrello è sembrato l’ombra di se stesso. Qui se la cava un po’ meglio, accogliendo lo spirito natalizio dell’albo e scegliendo la prospettiva di Alfred che cerca di rieducare un cane traviato dal Joker. Non sveliamo il finale, davvero perfetto, ma David Finch, già di suo poco adatto a una storia del genere, qui non appare al suo meglio.
Si cimenta invece in una ulteriore sintesi del suo tratto l’ottimo Declan Shalvey, che regge tutta sulle spalle la storia di Snyder e Fawkes su Batman che si gode un momento di quiete natalizia. Dennis O’Neil e Paul Dini firmano il racconto più compiuto: una rappacificazione tra Batman e Harley Quinn in una Gotham innevata. Steve Orlando e Riley Rossmo introducono un nuovo supercattivo, The Stag, che si vedrà in storie annunciate per il 2017. Infine, Scott Bryan Wilson e Bilquis Evely mettono il “pipistrello” di fronte a due evasi da Arkham, ma le poche pagine si traducono in un eccesso di verbosità che schiacciano i disegni, dotati per altro di un buon storytelling che avrebbe meritato più respiro.