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FocusIntervisteV for Vendetta ci parla (anche) di oggi. Intervista a David Lloyd

V for Vendetta ci parla (anche) di oggi. Intervista a David Lloyd

Discutere con David Lloyd, il disegnatore e co-creatore di V for Vendetta (assieme al grande Alan Moore), in questo preciso momento storico, dà la sensazione di trovarsi a parlare con la persona giusta nel momento giusto. Perché Lloyd ha contribuito a plasmare un’idea di contestazione e ‘ribellione’ nella cultura popolare che, oggi più che mai, continua ad alimentarsi attraverso il personaggio di V e la sua maschera (tratta dal volto del rivoluzionario inglese Guy Fawkes). divenuta icona dei più svariati movimenti di protesta nel mondo. Dagli hacker di Anonymus ai contestatori di Occupy Wall Street, in molti identificano il proprio atteggiamento ‘antagonista’ con la maschera nata in quel fumetto del 1982.

Abbiamo avuto l’occasione di parlare con David Lloyd alcuni giorni fa, durante il festival dedicato al gioco e al fumetto Fantastica Reggio Calabria (svoltasi dall’8 al 10 dicembre presso il castello aragonese di Reggio Calabria). E siamo partiti proprio da questa domanda.

intervista david lloyd

Che effetto le fa vedere tante persone indossare la maschera di V, e identificarla con un simbolo di protesta popolare?

Be’ per me è una grande cosa. La maschera di V dà un segno di neutralità e può essere usata da chiunque, unisce la gente, elimina le differenze e crea comunione. E questa è una cosa grandiosa. Certo, l’altra faccia della medaglia è che non puoi controllare chi ha intenzione di usarla e per cosa voglia farlo. A volte può essere usata per una cosa sbagliata. Ad esempio anche la svastica è un simbolo antico che è stato usato per una causa sbagliata, purtroppo succede. Ma l’essenza della maschera di V è unire le persone per una causa comune, e questo è fantastico.

Oggi, ai tempi della Brexit, della vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane, in epoca di populismi e della svolta verso una destra nazionalista e xenofoba di numerosi governi occidentali, nota qualcosa di comune tra il mondo descritto in V for Vendetta e quello attuale?

Sì, ci sono delle somiglianze. In V for Vendetta si raccontava di una dittatura e di un governo di estrema destra. La storia prendeva come riferimento la Germania degli anni Trenta, che viveva un periodo d’inflazione e speculazione, e la risposta ai loro problemi fu scegliere Hitler come guida. Tutto ciò fa pensare al populismo, e al fatto che sia una cosa pericolosa, soprattutto se viene da un popolo frustrato. Non bisogna trascurare la popolazione, e men che meno le minoranze. Infatti è stata una parte di popolazione – una serie di minoranze trascurate – a votare per la Brexit e per Trump. Ciò che la gente vuol far capire a chi ci governa è che i politici non devono stare seduti sugli allori, perché di solito una volta arrivati al potere si distaccano dal mondo e dalle esigenze del popolo. E questo è pericoloso.

vforvendetta

Come vede il futuro del mondo?

Grigio e deprimente. La sola cosa che ci può dare speranza è che oggi la comunicazione funziona molto di più e ha mezzi più potenti di quelli di cui disponeva negli anni Trenta, quando gli estremismi portarono alla Guerra mondiale. All’epoca era più facile mentire, anche se oggi la comunicazione di massa può rendere virale le false informazioni. Perciò la ricetta contro il populismo dev’essere una buona comunicazione, fatta con valore.

Lei ha collaborato con grandi autori, da Alan Moore a Grant Morrison, Garth Ennis e Warren Ellis. C’è qualche autore in particolare con il quale vorrebbe ancora collaborare?

Sono contento delle collaborazioni che ho fatto, non sogno di lavorare con altri autori. Piuttosto vorrei collaborare un po’ di più con me stesso, perché purtroppo se lavori come disegnatore non è facile essere considerato anche un autore, e io mi considero autore e vorrei fare più lavori miei.

Non le piacerebbe dunque collaborare con Frank Miller, che tra i grandi autori con cui non ha avuto la possibilità di lavorare, è certamente affine a lei nella passione per il noir?

Direi di no. Apprezzo e stimo Frank, ma voglio fare cose mie, non m’interessano altre collaborazioni.

Non le piacerebbe nemmeno tornare a collaborare con Alan Moore?

Con Alan Moore abbiamo condiviso una grande esperienza, e ne sono contento, però non sono interessato ad altre collaborazioni.

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A quale progetto sta lavorando in questo momento?

Sto dando molta attenzione alla mia fanzine che si chiama Aces Weekly, alla quale collaborano anche alcuni autori italiani. Si tratta di una rivista digitale a fumetti nella quale sono pubblicate brevi storie che spaziano dal drammatico, alla fantascienza, al thriller, allo humor. Ci lavoro assieme ad altri autori ed è il progetto sul quale mi sto concentrando di più ultimamente.

Lei ha lavorato sia per DC Comics che per Marvel, per la quale ha co-creato Nightraven, una sorta di supereroe con connatozioni pulp. Ma a parte questa parentesi non si è mai dedicato a un vero e proprio supereroe. Le piacerebbe farlo, prima o poi?

Non sono un grande fan dei supereroi. Da piccolo leggevo Spider-Man e i Fantastici Quattro, ma col tempo ho abbandonato queste letture. Sono triste pensando all’immagine attuale che viene data ai supereroi, la trovo distorta. Tra l’altro oggi i fumetti vengono identificati quasi esclusivamente con i supereroi, e questa cosa non mi piace. Perciò no, non mi piacerebbe lavorare a un fumetto di questo genere.

Apprezza ed è stato influenzato da qualche fumettista italiano?

Mi piace molto come lavora Massimo Carnevale. Tra l’altro come dicevo ci sono diversi autori italiani che collaborano con me su Aces Weekly. A parte questo, però, non ho ricevuto molte influenze dall’Italia.

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