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RecensioniNovitàLa favorita di Matthias Lehmann. Storia di formazione e prigionia interiore

La favorita di Matthias Lehmann. Storia di formazione e prigionia interiore

Se non avessi assistito alla tavola rotonda sugli stereotipi di genere tenutasi all’ultima edizione di BilBOlBul, forse avrei inteso La favorita come un racconto di pura fiction, del tutto privo di implicazioni personali per l’autore. Mi sarei aspettato di leggere un’esplorazione nei meandri dell’ordinaria follia umana, e non – quale invece è – un’indagine intorno a un tema tanto attuale ai nostri tempi: la consapevolezza dell’identità sessuale e di genere. Matthias Lehmann era ospite di quell’incontro a più voci, insieme a varie autrici e un altro autore, in cui ha spiegato –  c’è anche un video – come da piccolo venisse scambiato per una ragazza (a vederlo ora, non si direbbe). E dopo avere letto il libro, ho potuto capire lo spirito di quell’aneddoto personale in modo ancora più nitido.

Tuttavia, sarò netto: La favorita è un romanzo a fumetti (relativamente breve) che riesce a condensare molteplici racconti e arriva a toccare più temi. E quindi no, la questione di genere – e l’autobiografia “falsata” – non sono gli aspetti dominanti in questa storia.

Leggi le prime pagine de  La favorita

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La favorita racconta di Costance, bimba/ragazzina che non ha i genitori e cresce con una coppia di anziani, costretta tra i confini di una ricca proprietà. Un castello in parte abbandonato, ma tutto esplorabile nei giochi (segreti) d’avventura che la bimba mette in scena. Eppure Costance non è esattamente quel che sembra. E gli anziani nemmeno. Lo si scoprirà presto. L’anziana “nonna” Adélaide, in particolare, costringe Costance a vestirsi come vuole lei e a fare ciò che vuole lei. Ovvero: non vedere nessuno, non crescere, non svilupparsi.

A questo punto diventa davvero complicato parlare del libro senza rivelare un dettaglio fondamentale. Un aspetto che ha proprio a che vedere con le identità dei protagonisti. Quindi, il paragrafo successivo sarà redatto (SPOILER: non leggetelo, se temete i colpi scena).

Il/La protagonista è un bambino, e quella nonna non è sua nonna. Lo si scopre non alla fine, ma gradualmente. Il nonno si riferisce palesemente a lui al maschile, anch’egli vittima della follia della vecchia pazza che governa la villa. È qui che sta l’inquietudine del racconto: nella prigionia di una identità di genere imposta. E come si scoprirà più avanti, questo dramma è frutto di un reato ancor peggiore. Un vero e proprio rapimento.

Lehmann costruisce un romanzo ambientato in una Francia rurale di appena qualche decennio fa, dai contorni vaghi ma realistici. Eppure ogni tratto grafico del segno dell’autore riporta ancora più indietro, a un immaginario dal gusto ottocentesco. L’effetto che un simile approccio offre a questo racconto intricato – che è anche un racconto di racconti – è quello di un gusto classico, quasi dickensiano. Le vicende sono chiare, ma realisticamente stratificate, come le figure rappresentate da Lehmann. Le sue chine sono date con l’intenzionale imprecisione che ricorda l’incisione su legno o su pietra, riga dopo riga (di incisione e scratchboard è pratico l’autore, ma non ne fa uso in questo libro).

favorita2La favorita è una tragedia talmente disincantata da non avere un finale compiuto, da lasciare in continuazione insoddisfatti e tristemente empatici. I fatti si risolvono, la condizione del protagonista è svelata e il misfatto che ne è alla base viene portato alla luce. Ma Lehmann ci tiene a non mostrare nella pur corretta ‘giustizia’ istituzionale una soluzione definitiva. Il volto di Costance resta inquieto e, immaginiamo, anche una volta libero avrà davanti a sé ancora la solitudine. Chissà, forse ancora maggiore di quando le sue giornate erano confinate nella tenuta dei nonni.

Questo sembra voler dire Lehmann. Che pare dunque cantare una ballata triste e malinconica su una Sindrome di Stoccolma – visto che tutto sommato la protagonista seppur prigioniera, era “favorita” – che mai si manifesta con chiarezza. Costance, come ogni bambino e (quasi) ogni umano, si adatta alla situazione, appare come una vittima solo quando esce dal suo recinto. E allora la sua storia non è semplicemente allegoria dell’incapacità di affermare la propria identità (sessuale o meno) o della prigionia che la famiglia o gli ambienti in cui si cresce possono rappresentare. La storia è anche un semplice racconto di infanzia – dura e dickensiana, dicevamo – il cui momento di svolta e crescita è per forza un trauma. Uscire dal guscio, sano o perverso che sia, è la vera fatica, nel percorso di ricerca della propria identità.

La favorita
di Matthias Lemahnn
001 Edizioni
160 pagine, 18,00 €

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