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FocusIntervisteUn’esperienza mistica a fumetti. Intervista a Jesse Jacobs

Un’esperienza mistica a fumetti. Intervista a Jesse Jacobs

Trovatemi un autore che possa affermare di essere stato influenzato dai racconti di Italo Calvino, dalle figurine degli Sgorbions e dai fumetti di Anders Nilsen. Io l’ho trovato, si chiama Jesse Jacobs ed è uno dei più sorprendenti fumettisti in circolazione. Il suo primo lavoro, E così conoscerai l’universo e gli dei, è stato finalmente pubblicato in Italia da Eris Edizioni (ne ha parlato Evil Monkey). Ho inviato a Jesse, che vive in Canada davanti al lago Ontario, un po’ di domande per cercare di capire da dove nascono le sue storie. Non credo di averlo capito del tutto ma ho recuperato qualche indizio.

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E così conoscerai l’universo e gli dei è il tuo primo libro. Quando e come è nata l’idea alla base della sua realizzazione?

È necessario premettere che ho disegnato E così conoscerai l’universo e gli dei più di cinque anni fa e che ho una memoria terribile. Sono abbastanza sicuro che, come per la maggior parte dei miei fumetti più lunghi, sia nato nella mia testa come una storia breve. Credo di aver disegnato la prima parte, quella con il big bang e i dinosauri, come racconto autonomo che poi si è sviluppato. La maggior parte dei miei fumetti inizia dal desiderio di disegnare alcune cose particolari. Probabilmente all’inizio volevo solo disegnare qualche strana forma e poi così è nata la storia. Realizzare un fumetto è un lungo lavoro e a volte può diventare restrittivo dal punto di vista di ciò che è necessario disegnare. Per me è importante fare in modo che il progetto che sto iniziando non sia troppo limitante. La storia ha bisogno di avere spazio sufficiente per includere disegni scollegati tra loro che abbiano un senso nel quadro più ampio del libro. Quindi, con E così conoscerai l’universo e gli dei, l’idea di avere questi personaggi che creano strani oggetti è stata liberatoria. Se avevo voglia di disegnare un mucchio di forme strane, potevo farlo.

La storia si inserisce nel filone delle “mitologie della creazione”, un campo nel quale il fumetto entra raramente. Quali sono le tue letture non-fumettistiche su questo argomento?

Non credo di aver letto nulla che possa essere davvero considerato come una ricerca sull’argomento. Anche se leggo spesso libri sulla spiritualità e sulla religione, non avevo intenzione di creare qualcosa che non fosse semplicemente un fumetto un po’ strano e abbastanza divertente.

Il tuo segno grafico ha una forte componente “cartoonesca” pur essendo allo stesso tempo estremamente preciso e minimale. Da quali disegnatori sei stato maggiormente influenzato per giungere a questa sintesi? E che ruolo ha avuto, da questo punto di vista, la collaborazione con Adventure Time?

Crescere tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 ha avuto un profondo impatto sul mio stile. Quell’estetica in stile Garbage Pail Kids (“Sgorbions” in Italia – NdR), Madballs, Pack Wacky, basata su viscidume e teschi, era graficamente di alto livello. È arrivata anche da voi in Italia? Un sacco di artisti dietro quei prodotti ora sono fumettisti leggendari. Art Spiegelman, Kim Deitch e Bill Griffith hanno tutti lavorato sui Wacky Packages. Da bambino tutto quel tipo di lavoro mi impressionò moltissimo. Sono stato ossessionato da Pee Wee’s Playhouse, avevo i giocattoli e tutto il resto. C’era anche Gary Panter dietro quello show, e il suo lavoro è molto importante per me oggi. Quando sono diventato più grande, ho iniziato a seguire gli show e leggere i fumetti che anche i fumettisti della mia generazione amavano: Ren and Stimpy, Beavis and Butthead, ecc… Il mio lavoro con Adventure Time è stato davvero limitato. Ho disegnato alcuni personaggi, qualche effetto e qualche oggetto, ma non credo abbia avuto molta influenza nello sviluppo del mio stile. Ad oggi, gli artisti che più mi piacciono e mi ispirano sono Pedro Friedeberg, Nicholas Roerich, Karl Wirsum, Pablo Amaringo, Augustin Lesage, Kiyoshi Yamashita. Ce ne sono molti altri, ma questi sono i primi che mi vengono in mente.

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In diversi punti del racconto, così come accade anche in Safari Honeymoon, le geometrie grafiche che fanno da sfondo diventano protagoniste, si espandono e rendono la lettura un’esperienza puramente estetica, quasi mistica. Sono momenti che nascono come improvvisazione oppure alla base c’è sempre una sceneggiatura dettagliata?

Tutto molto improvvisato. Alcune parti della storia hanno bisogno di essere programmate: so che dovrò disegnare gli stessi personaggi più e più volte e che dovranno agire per far avanzare la narrazione. Mi diverto a disegnare le stesse cose, è un atto meditativo, ma a volte può diventare un po’ noioso. Quindi, per compensare questa necessità di ripetizione, mi diverto con sfondi e creature particolari. È anche un esercizio di disegno, una pratica esplorativa. Di solito non uso uno script dettagliato. Fisso i punti fondamentali della trama nella mia testa e poi lavoro scena per scena. I dialoghi nascono mentre sto schizzando e li scrivo nel mio sketchbook. Mi ritrovo quindi con una somma di idee casuali, dialoghi e disegni tutti mescolati insieme. Buona parte del mio lavoro consiste nel tentativo di costruire una narrazione sulla base di quello che ritrovo nello sketchbook. Non è un sistema perfetto ma è liberatorio.

Il mondo nel quale si muovono i personaggi delle tue storie è animato da forze di cui l’uomo non conosce le origini, l’universo è interamente vivo, pulsante, estremamente fertile. Domanda personale: riservi questa visione cosmologica solo alla fiction oppure credi davvero in una realtà trascendente?

È difficile parlare di queste cose senza suonare un po’ noiosi. Non sono un materialista nel modo più assoluto. Quella mancanza di dubbi è snervante per me. C’è così tanto che non sappiamo sulla natura dell’universo, la coscienza, ecc… La mia vita ha una forte dimensione spirituale.

Un altro tema ricorrente è quello dell’uccisione degli animali per scopi umani, oltretutto futili. Si impone una seconda domanda personale: sei vegetariano?

Questa è una domanda che mi fanno spesso. Sì, mangio carne. Vado da un macellaio in una fattoria che si trova nelle vicinanze di casa mia. Non so se questo può migliorare la mia posizione, molto probabilmente si tratta di una cosa che faccio solo per sentirmi meno in colpa. Un tempo lavoravo come fattorino in una piccola azienda di alimenti biologici e frequentavo regolarmente diverse fattorie. Quei posti sono molto meglio delle grandi industrie del cibo, anche se in effetti, lo ammetto, gli animali continuano a morire per permettere che io mi goda un pasto. Con il mio lavoro non voglio emettere un giudizio sulla pratica di uccisione degli animali, vorrei piuttosto mostrare il processo che si sta effettivamente verificando. Un sacco di uomini e animali sono carnivori. Su questo complicato, strano eppure naturale sistema rifletto spesso.

Per definire il tuo stile si parla spesso di influenze psichedeliche e lisergiche. Hai avuto esperienze di questo tipo? E se sì, che cosa ne pensi della recente moda, in arrivo dalla Silicon Valley, del microdosing come stimolo per la creatività?

Sono sempre riluttante a parlare di consumo di droga, non voglio in alcun modo esaltarlo. Ho avuto tanti amici profondamente danneggiati dall’abuso di droga (anche se l’LSD è una cosa molto diversa dalla cocaina e dagli oppiacei). Inoltre non vorrei che il mio lavoro fosse caratterizzato e identificato principalmente dalla tematica “droga”. Detto questo, io non sono contro le droghe, penso anzi che abbiano il potenziale per poter essere qualcosa di positivo. Sì, ho avuto esperienze con sostanze psichedeliche. Ma la maggior parte di queste esperienze si è verificato quando ero troppo giovane e immaturo per poterle elaborare in modo davvero significativo. Ho avuto meravigliose e anche terribili esperienze. Ciò che adoro però è l’estetica psichedelica. Il mio lavoro è strano. E anche sballarsi è strano. Conosco molti artisti che producono le opere più visionarie possibili eppure non si sono mai drogate in vita loro. Ho ascoltato una trasmissione radiofonica di recente sul micro dosaggio di LSD utilizzato per migliorare la creatività. Non ho un’idea precisa a questo proposito. Penso che se per alcune persone funziona, dovrebbero continuare a farlo.

Leggendo i tuoi racconti non si può non pensare al filone fantascientifico che oggi funziona molto al cinema (da Interstellar ad Arrival) ma che in realtà nasce da padri letterari come Philip K Dick, Robert Sheckley, William Gibson e altri. È un genere che ti appassiona?

Mi piace molto la fantascienza. Adoro come le storie sci-fi si concentrino soprattutto sulla creazione di una buona trama. Alcune delle migliori storie che ho letto non avevano un particolare stile letterario, ma erano piene di idee estremamente interessanti. Le cose di Ted Chiang (autore di Storie della tua vita, da cui il film Arrival) sono meravigliose. Ho appena letto un racconto di Ken Liu sul modo in cui diverse specie aliene potrebbero produrre libri. Davvero acuto. Anche Le Cosmicomiche di Italo Calvino mi hanno ispirato. Direi che quella raccolta di racconti mi ha profondamente influenzato.

Hai letto dell’ipotesi secondo cui l’universo sarebbe una simulazione informatica programmata da una super-intelligenza esterna alla nostra realtà?

Sì, ho ascoltato alcune dibattiti su questo argomento. Ho sentito Nick Bostrom parlarne, un tipo interessante. Sembra una spiegazione valida come potrebbe essere valida anche un’altra, immagino. Spesso cerco idee alternative, concetti che si trovano al di fuori del modello stabilito. Ascolto un sacco di letture esoteriche mentre lavoro. Ieri sera per esempio sentivo una tavola rotonda sulla “coscienza non localizzata”. È rigenerante ascoltare scienziati di alto livello parlare di quanto poco conosciamo dell’universo e della coscienza. Gente come Walter Russell, Bernardo Kastrup o Robert Lanza sta facendo un grande lavoro. So che un sacco di “seri” pensatori scientifici odiano questa roba, ma in realtà è super interessante. Il biocentrismo, la teoria dell’universo elettrico, l’ipotesi della luna cava, tutte queste idee sono molto stimolanti.

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Ammesso che l’Universo sia un posto reale, quali fumettisti contemporanei segui con maggiore interesse?

Sono un po’ in ritardo con le letture di fumetti, ho bisogno di recuperare. Big Questions di Anders Nilsen è stato il primo fumetto che ho veramente adorato. Prima di quello ero preso dagli autori più noti, come Clowes e Crumb, ma il lavoro di Nilsen mi ha davvero lasciato senza parole. Anche il lavoro di John Porcellino è stupendo. È molto raffinato, il modo in cui può distillare emozioni così complesse in questi brevi fumetti è incredibile. Amo poi i lavori di Gabriella Giandelli. Ho avuto la fortuna di ammirare una sua mostra qualche anno fa in Svizzera. Bellissima. Altri artisti che mi piacciono sono Marc Bell, Ron Rege Jr, Mark Beyer e Gabrielle Bell.

Quale sarà il prossimo tuo libro a uscire in Italia?

C’è un breve libro che uscirà molto presto per Hollow Press. Parla di una casa stregata. Sto anche collaborando con Strane Dizioni su una serie di manifesti e un breve libro rilegato a mano che uscirà al Festival Ratata nel mese di aprile. Inoltre, posso già dire che sarò ospite al Treviso Comic Book Festival a settembre.

Il mio nuovo libro, Crawl Space (Koyama Press) debutterà in primavera, ma non c’è ancora un’edizione italiana in vista. Speriamo che possa arrivare presto.

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