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Mondi POPAnimazioneHideaki Anno: l’animazione come catarsi (Parte 1)

Hideaki Anno: l’animazione come catarsi (Parte 1)

1983. Un giovane sognatore, dotato di grande talento, sfoglia le pagine del nuovo numero della rivista Animage quando si sofferma, sorpreso, su un annuncio di lavoro molto specifico. Si richiede esperienza come animatore per un film attualmente nel pieno della produzione. Il giovane ventitreenne legge i nomi coinvolti e propone la sua candidatura direttamente allo studio di produzione. Incontra il regista del film e gli mostra alcuni suoi disegni, ben conscio del suo talento ampiamente sfoggiato in altre produzioni. Il regista ne rimane folgorato e lo assume, pagandolo come gli altri animatori a fotogramma, per alcune delle sequenze più complesse verso il finale della pellicola.

2013. Sono passati esattamente trent’anni da quell’incredibile esperienza. Il giovane animatore nel frattempo è cresciuto e si è fatto strada, affermandosi a livello internazionale, mentre il regista che rimase colpito dai suoi disegni è stato decretato da molti come uno dei migliori nel campo (e non solo). Quel regista si appresta a concludere la sua carriera con un film che è un testamento poetico e per farlo chiede all’animatore di doppiare il protagonista della storia. Ancora una volta insieme i due danno vita a un capolavoro.

hideaki anno ultraman
Hideaki Anno, dal live-action “The return of Ultraman” (1983)

Corsi e ricorsi

La vita è una ruota e, soprattutto nell’arte, i corsi e ricorsi storici sono macrostrutture per nulla casuali, che nascono dalla corrispondenza tra estri affini. Il giovane animatore si chiama Hideaki Anno, colui che ha dato vita a una serie (Neon Genesis Evangelion) che ha ridefinito il concetto di fantascienza negli anime e ha lanciato una nuova fase nella storia dell’animazione giapponese. Il regista è Hayao Miyazaki che nel 1984 ha fatto uscire Nausicaä della Valle del vento (Kaze no tani no Naushika), il film il cui successo gli ha permesso di fondare lo Studio Ghibli assieme a Isao Takahata, mentre nel 2013 ha diretto il film Si alza il vento (Kaze tachinu), la pellicola con cui ha portato a termine la sua lungimirante carriera artistica.

Anno deve molto a Miyazaki ma in qualche modo è riuscito a diversificare la sua materia artistica in forme talmente estreme da risultare spesso eccessive e incomprensibili a uno spettatore abituato a un certo tipo di cinema/animazione. Ripercorriamo dunque i momenti salienti di quello che personalmente ritengo essere uno dei grandi innovatori nello sterminato universo degli anime giapponesi, attraverso uno “Speciale” della durata di una settimana che prenderà corpo su Fumettologica in diverse forme:

    • innanzitutto un profilo (in 2 parti) in cui ripercorreremo le fasi salienti della sua carriera di autore, dagli esordi agli ultimi progetti.
    • Nel suo intervento, Cristina Brigante sottolinea l’intrinseca identità di otaku dello stesso Anno, specchio paradossale del suo difficile rapporto con i fan.
    • Antonio Dini analizza invece il rivoluzionario mecha design dei titoli più importanti del percorso intrapreso dal regista.

L’obiettivo penso sia chiaro sin da queste righe: offrire una visione ricca sfaccettata intorno alla carriera di un regista che, come pochi altri, ha contribuito a costruire e decostruire l’industria degli anime.

Cominciare a sognare

Giusto per sottolineare la rara bravura tecnica di Hideaki Anno bisogna partire dai suoi esordi. Anno nasce come animatore puro, spinto da un perfezionismo tecnico che è figlio della sua abilità come disegnatore. All’Università delle arti di Osaka realizza un filmato di cinque minuti intitolato Daicon 3 che fungerà da introduzione per l’edizione della convention di fantascienza giapponese Nihon SF Taikai.

Il filmato (che potete vedere qui) è un corto girato in 8mm da un gruppo che comprendeva, oltre ad Anno, anche Hiroyuki Yamaga e Takami Akai, suoi compagni di stanza con cui fonderà lo studio di produzione che, anni dopo, prenderà il nome di Gainax. Nel corto, al di là dell’assenza di una struttura narrativa vera e propria, Anno cerca di mettere in mostra le sue doti tecniche e le sue passioni.

Le animazioni, se si considera che il prodotto è amatoriale, alternano momenti di dubbia qualità ad altri più interessanti e il citazionismo diventa una centrifuga assoluta, comprendendo tutto quello che all’epoca era parte di un immaginario otaku specifico (i robottoni di Go Nagai, il classico Ultraman, i mostri giganti come Godzilla, la space opera di Leiji Matsumoto, la fantascienza di Yoshiyuki Tomino). Dall’esperienza di Daicon 3 nascerà Daicon Film, uno studio di produzione che qualche anno più tardi avrebbe cambiato nome in Gainax.

Grazie a questo cortometraggio Anno inizia, assieme a Yamaga, a lavorare su un progetto molto più intrigante, nel ruolo di animatore per la serie Fortezza superdimensionale Macross (Chōjikū yōsai Makurosu, 1982-1983, 36 episodi) di Shoji Kawamori, un’opera che influenzerà notevolmente Anno e la sua idea di fantascienza. Tracce di Macross, in effetti, si possono facilmente rilevare nel suo esordio ufficiale in veste di regista Punta al Top! Gunbuster, di cui parlerò più avanti.

Nel 1983 la Daicon Film ci riprova presentando un nuovo corto introduttivo per la 22ma edizione della Nihon SF Taikai, intitolato Daicon 4, in cui la qualità tecnica, almeno rispetto al corto del 1981, fa un notevole salto in avanti. I riferimenti visivi si ampliano, e comprendono ora anche immaginari altri, in particolare occidentali.

Nel 1984 Daicon Film cambia nome in Gainax e dà inizio alla produzione del suo primo, ambizioso lungometraggio animato: Le ali di Honneamise (Ōritsu uchūgun – Oneamisu no tsubasa) che uscirà solo nel 1987. Il film, scritto e diretto da Hiroyuki Yamaga, racconta di una Terra alternativa in cui due grandi nazioni si preparano per una guerra senza precedenti. Nel frattempo Shirotsugh Lhadatt, svogliato astronauta, si ritrova a riflettere su se stesso e sul proprio ruolo, arrivando quindi a portare avanti il progetto spaziale che lo manderà in orbita, nel frattempo divenuto un ovvio strumento di propaganda. La qualità (tecnica e concettuale) del film è ineccepibile, tanto da renderlo uno dei migliori lungometraggi animati di tutti i tempi (in Italia ha conosciuto solo una distribuzione in VHS, anni fa).

Anno cura le animazioni al fianco di gente come Mahiro Maeda, Tensai Okamura e Hiroyuki Kitakubo (personaggi che qualche anno più tardi avrebbero realizzato titoli come Blue submarine n. 6, Wolf’s Rain e Blood the Last Vampire) e contribuisce a quella fluidità che rende Le ali di Honneamise un gioiello nel campo animato ma anche un piccolo fallimento: costato la bellezza di 800 milioni di yen, a stento coprì i costi grazie anche al mercato home video. Ma l’esperienza fu unica e irripetibile, come tutti i membri dello staff hanno potuto testimoniare.

gunbuster
“Gunbuster”

L’anno dopo Anno esordisce in veste di regista per un altro importante titolo Gainax: Punta al top! Gunbuster (Toppu wo nerae!, 1988), un OAV di sei episodi che può essere considerato come una sorta di manifesto dell’Anno-pensiero. Nel raccontare la storia di Noriko Takaya, giovane pilota spaziale con una scarsa fiducia in se stessa che si ritrova a combattere contro una minaccia aliena, Anno ribalta tutto ciò con cui è cresciuto. L’amore per l’anime robotico è qui al tempo stesso esaltato e annullato per mezzo di una autoironia che presto si tramuta in qualcos’altro.

Gunbuster inizia con un approccio sornione e autoreferenziale ma muta quest’atmosfera in qualcosa di più complesso e stratificato, approfondendo più seriamente la psicologia della protagonista (icona di una generazione) e sperimentando a livello visivo (l’ultimo episodio è in bianco e nero e con un formato completamente diverso rispetto ai precedenti -4:3 letterbox-). Quasi inconsapevolmente Punta al top! Gunbuster diventa a sua volta antesignano di un genere che mescola quello robotico con l’high school e permette ad Anno una visibilità notevole, grazie anche al premio Seiun come miglior prodotto di fantascienza nel 1990.

Nel 1990 viene trasmesso sul network NHK (che lo commissionò) Nadia – Il mistero della pietra azzurra (Fushigi no umi no Nadia) serie televisiva di 39 episodi prodotta da Gainax per la regia di Hideaki Anno e Shinji Higuchi (amico e storico collaboratore di Anno che lo aiutò in un momento travagliato della produzione). La storia di Nadia è molto particolare e ci conduce di nuovo al discorso fatto all’inizio di questo Speciale. Quando Hayao Miyazaki lavorava per la Toho fu incaricato di scrivere il soggetto di una serie tv liberamente tratta da Due anni di vacanze e Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne. La serie non venne mai realizzata ma alcune idee confluirono in altri progetti, in particolare Conan il ragazzo del futuro e, più avanti, Laputa il castello nel cielo. Le idee originarie sono quindi riprese e adattate per un progetto affidato ad Anno e alla Gainax, diventando appunto Nadia – Il mistero della pietra azzurra.

La storia è quella di Nadia che, dopo aver incontrato Jean, inizia un’avventura che ruota intorno alla pietra azzurra che porta al collo. La collaborazione fra Anno, che si inserì nella produzione in una fase avanzata, e il curatore del character design Yoshiyuki Sadamoto ha permesso a Nadia di raggiungere le vette pretese da Anno e soprattutto il successo sperato. Nadia coniuga quello spirito fiabesco tipico dei lavori di Miyazaki con la voglia sperimentale di Anno.

Nonostante il grande successo, Nadia è anche l’emblema del modo di lavorare di Anno e di come questo suo approccio produttivo, incurante degli effetti finanziari, abbia conseguenze drastiche sul risultato finale. È successo in Nadia e succederà in forme ancora più inaspettate in Evangelion. L’incredibile successo di Nadia portò la produzione ad aumentare gli episodi dai trenta preventivati a trentanove. Questa situazione (di per sé positiva) si scontra inevitabilmente con il caotico metodo realizzativo di Anno e della Gainax in generale. Anno non si preoccupa degli elementi finanziari di un suo prodotto ma unicamente alla dimensione artistica, alla coincidenza fra la sua visione e il risultato finale. Ecco quindi che, a causa dell’impossibilità fisica di star dietro alla mole di lavoro accumulata, si opta per un appalto delle animazioni ad altri studi e l’intervento di Shinji Higuchi, che curerà la regia dall’episodio 23 al 34.

Priva di diritti sulla serie, Gainax si ritrovò al termine della stessa con un deficit clamoroso. Lo sforzo artistico ed economico rappresentato da Nadia – Il mistero della pietra azzurra porta Anno a chiudersi in una depressione che lo lascia lontano dalle scene per alcuni anni. La chiusura psicologica cui si autocostringe è quella deviata degli otaku, raccontata per vie traverse da lui stesso e che, per chi fosse curioso, trova un documento visivo prezioso e inquietante in Otaku no video, due mediometraggi realizzati dalla stessa Gainax nel 1982 e 1985 che, mescolando riprese dal vivo con sequenze animate, raccontando il lato oscuro del collezionismo e del fandom nel Giappone degli anni Ottanta.

Il rapporto fra Anno e il suo pubblico passa inevitabilmente attraverso questo suo essere otaku, questa sua insicurezza personale, come ben racconterà Cristina Brigante nei prossimi giorni, nel suo intervento. È un rapporto in cui emerge una figura che utilizza la creazione artistica come catarsi per le proprie debolezze, le paure, i timori. Il vuoto e la solitudine in cui Anno si chiude dopo il tour de force rappresentato da Nadia, infatti, si esaurisce con il ritorno alla regia per un progetto destinato ad avere effetti deflagranti per l’industria animata giapponese: Neon Genesis Evangelion.

Leggi la seconda parte.

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