DKIII – The Master Race #9: Un finale abbozzato

Dopo un anno e mezzo (la serie aveva esordito a novembre 2015), The Dark Knight III – The Master Race giunge a conclusione con il nono numero. Frank Miller, Brian Azzarello, Andy Kubert e Klaus Janson chiudono tutte le trame e ne aprono altre, in attesa di ulteriori sviluppi.

Prima di andare a parlare di questo albo, vi invito a recuperare i recap dei precedenti, se non li avete già letti. QUI invece trovate un po’ di pagine in anteprima della storia.

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Episodio IX:

Batman è ringiovanito grazie alla Fossa di Lazzaro, Lara è tornata nelle fila dei buoni e la guerra contro i Kriptoniani di Kandor sembra ormai vinta dagli eroi. Tutto bene, quindi? Non proprio. Perché questa miniserie non riesce a regalare un guizzo nemmeno sul finale.

Come per tutto il corso della serie, anche qui lo scopo principale degli autori sembra quello di costruire un universo narrativo, invece che di raccontare una buona storia. Il climax viene raggiunto e superato in modo poco brillante e impassibile. Nonostante ce ne fosse lo spazio, le conseguenze di tutte le vicende raccontate in queste pagine sono solo abbozzate, anche se si tratta di robe piuttosto grosse. E un personaggio che sembrava fondamentale per la storia, Wonder Woman, compare solo di sfuggita per impedire a Superman di fermare loro figlia (mentre un altro, Atom, sbuca dal nulla a risolvere parte della situazione).

Il minicomic allegato (ancora una volta disegnato da un Miller alla Gil Kane) è l’emblema di tutto questo: avrebbe potuto fare da epilogo, approfondendo i caratteri dei personaggi dopo i notevoli stravolgimenti attuati, ma invece funge quasi da prologo per ciò che verrà, provando a imbastire qualche sottotrama senza troppo mordente (tipo quella delle “super-figlie” che finalmente si ritengono all’altezza dei loro “super-papà”, arrivando a emularli in tutto e per tutto).

Tirando le somme, The Master Race si è rivelata una storia senza una vera e propria coerenza narrativa, con pochissimi guizzi e costruita solo in funzione di altro, sulle basi di un post-modernismo ammuffito. Questa miniserie non si è stata all’altezza non solo di Il ritorno del Cavaliere Oscuro, ovviamente, ma nemmeno di un gioiellino come The Last Crusade, prequel della saga di Miller uscito un anno fa. Forse perché quella partiva da basi pratiche, dovendo riempire un vuoto e non inventare dal nulla; forse perché concentrato in poche pagine, senza un’eccessiva (e inutile) dilatazione.

Di questo nono albo, invece, resterà soprattutto il brivido nostalgico che si prova nel trovarsi di fronte alla sua ultima tavola.

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Annotazioni sparse:

– Tra le copertine variant di questo albo, non ce n’è nessuna che mi impressioni particolarmente (nonostante ce ne sia persino una di Frank Quitely). A questo giro, la migliore risulta quella regolare, di Andy Kubert (che avete visto in apertura).

– Tra le poche cose da salvare dell’episodio, il dialogo tra Batman e Carrie all’interno della Bat-mobile, che ricorda visivamente quello tra lo stesso Cavaliere Oscuro e il giovane Dick Grayson in All-Star Batman e Robin di Frank Miller e Jim Lee. Quella scena è diventata un meme per via della frase «I’m the goddamn Batman!», che suona parecchio’ stupida. Questo dialogo, invece, sembra quasi un tentativo di riconciliazione.

– Non sono necessariamente un fan delle anatomie perfette, però a tutto c’è un limite, come dimostra la mascella del cattivo nella vignetta che segue. No, non si tratta di Clayface, l’arcinemico di Batman.

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– Sul finale di storia ritorna persino Donald Trump, che propone di costruire una rete intorno alla Terra per impedire agli alieni di avvicinarsi. E ritornano in mente le parole di Miller durante la scorsa Lucca, quando definì il presidente americano «un pagliaccio molto pericoloso». Magari sarà lui il criminale principale di DK4. Ovviamente nei panni sgargianti del Joker.

– Verso il finale del minicomic, c’è tempo anche per una citazione/omaggio a L’ultima storia di Superman di Alan Moore, ma anche allo Spirit di Will Eisner (con la cravatta svolazzante di Clark Kent).