Il sangue dei mortali, albo numero 58 della collana Le Storie Bonelli, racconta le vicende della guerra di Troia da un punto di vista attualizzante e abbastanza originale. Niente “riassunto esaustivo”, ovviamente, ma una chiave interessante che giustifica pienamente l’operazione di rilettura. Il lavoro è firmato da Giancarlo Marzano, sceneggiatore di Dylan Dog dal 2004, per i disegni di Tommaso Bianchi, al suo esordio presso la casa editrice di Via Buonarroti.
L’insieme di quelle “Storie della Storia del mondo”, per citare il celebre libro per ragazzi di Laura Orvieto, così celebri e conosciute, infatti, offre a Marzano un solido archetipo immortale di conflitto, a cui l’autore guarda attraverso gli occhi dei due giovani protagonisti di pura invenzione: Isandro e Euristea. Il primo è un mirmidone, vale a dire un membro di quella mitica popolazione della Tessaglia il cui esercito fu condotto a Troia dal proprio re Achille. La seconda è una giovane moglie e madre troiana che incontriamo, per la prima volta, mentre guarda orgogliosa dalle alte mura della sua città, osservando il proprio marito distinguersi in battaglia contro gli Achei.
Man mano che la guerra si dipana nel corso dei suoi celeberrimi dieci anni, e delusioni, disgrazie e lutti si abbattono sulle popolazioni e gli eserciti in armi, i due protagonisti, in virtù di una sensibilità sicuramente più vicina alla nostra che a quella greca arcaica, acquistano una crescente consapevolezza non solo dell’orrore celato dietro quel conflitto (elemento ben presente, però, anche in Omero), ma anche della falsità nascosta dietro l’etichetta di ‘eroe’.
Tutti quelli omerici, infatti, da Agamennone a Paride, da Odisseo a Menelao, per finire con lo stesso Achille, restano sullo sfondo o distanti e vengono rappresentati come comandanti sempre più invisi e incomprensibili ai loro soldati. Non è un caso che l’unico dei personaggi cantati da Omero ad avere ampiezza di scena – e una sorta di rivalutazione – nella rivisitazione di Marzano sia Tersite, il modello di antieroe brutto e codardo per eccellenza. Nella stessa linea va un altro dato: la vicenda non presenta l’intervento diretto delle divinità olimpiche, entità viste come distanti dai bisogni dell’uomo e insensibili al suo dolore.
Quest’ultima scelta narrativa ci ricorda quanto di simile fatto da Eric Shanower nel suo splendido Age of Bronze. In quell’opera la volontà dell’autore era nitida: riaffidare agli uomini la responsabilità delle loro scelte, senza però mai rinunciare alla descrizione della decisiva presenza della religiosità (intesa come rapporto con l’elemento sovrannaturale) nella cultura greca arcaica della tarda età del bronzo. Qui, invece, l’intento è diverso: la rilettura con occhi moderni della guerra di Troia non mira a ricostruire le dinamiche sociali o l’ambiente culturale di quel popolo, ma intende solo e unicamente capovolgere i valori cardine del “guerriero” di tutti i tempi: l’onore, il valore, l’eroismo, il deus vult delle guerre di ogni tempo o spazio.
Per quanto concerne i disegni, l’uso espressivo del nero, arricchito dalla varietà del tratteggio e da un segno sottile e pulito mettono in rilievo la padronanza tecnica da parte di Bianchi, la cui interpretazione dei personaggi e dell’ambientazione del mondo omerico oscilla fra alcuni cliché grafici – ormai classici anch’essi – legati all’immaginario comune del mondo greco (armature elaborate, anfore sparse un po’ ovunque, tuniche con le ‘greche’, etc.) ed altri – dalle belle schiave in catene al soldato con la cresta da punk e muscoli ipertrofici – che, invece, richiamano alla memoria non solo il Troy di Wolfgang Petersen (2004) ma anche Conan il Barbaro e, più in generale, un immaginario di stampo decisamente fantasy.
Leggi anche: Ri-raccontare una grande storia. ‘L’età del bronzo’ di Eric Shanower
Ovviamente non c’è nulla da obiettare alla libertà interpretativa degli autori, soprattutto quando ad essere riletti sono i miti, storie che sono nate per essere rinarrate e rimodellate all’infinito. Va però detto che forse, per dare maggiore forza e credibilità – soprattutto contemporanea – al messaggio “pacifista” di Marzano, un disegno più realistico, più sporco e in definitiva meno idealizzato, sarebbe stato più efficace. La pace, oggi più che mai, non è che il risultato splendido ma sofferto di un processo più sporco che pulito, più impreciso che nitido.
In fin dei conti, lo straziante messaggio antimilitarista già di Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, prima pellicola che – forse, non troppo stranamente – mi è venuta in mente alla lettura di questo volume de Le Storie, non avrebbe avuto lo stesso impatto senza la perfetta descrizione della quotidiana vita di trincea, delle aberranti fatiche dipinte sul volto dei soldati mandati al macello, al tanto – troppo – “sangue dei mortali” versato inutilmente.
Le Storie Bonelli n. 58 – Il sangue dei mortali
di Giancarlo Marzano e Tommaso Bianchi
Sergio Bonelli Editore, 2017
112 pp., b/n
4,00 €