Frantumi: avventura e sentimento, per ricostruire i pezzi di sé

Il linguaggio del fumetto ha a disposizione strumenti narrativi che vanno ben oltre la mera somma di testo scritto e immagini disegnate. Se poi a scrivere e disegnare sono due individui diversi, la fusione può generare combinazioni sorprendenti.

Lo hanno ben presente Giovanni Masi e Rita Petruccioli, che hanno elaborato un ottimo esempio di questa versatilità. Masi è autore di fumetti e sceneggiatore per cinema e televisione da molti anni, Rita Petruccioli ha alle spalle una variegata carriera da illustratrice. Nel graphic novel Frantumi le qualità narrative e visive di due autori che finora hanno esplorato dimensioni narrative diverse tra loro si uniscono, armoniosamente, al servizio di una storia non facile da raccontare.

Il mondo del protagonista, Mattia, crolla in frantumi all’inizio del libro, quando un grande dolore irrompe nella sua vita. Lui stesso perderà un pezzo di sé, metaforicamente ma non solo. Come per ogni eroe (o antieroe) che si rispetti, sarà un viaggio a tratti fantastico a segnare il futuro di Mattia, della compagna Sofia e di una misteriosa compagna di avventure, Laila.

La scelta di fare di Frantumi un libro d’avventura e sentimentale allo stesso tempo, narrato grazie a uno stile grafico pop, oltre alla scelta dei colori e a quella di non rappresentare mai il sangue, la carne, la sofferenza, in modo diretto, rende la lettura leggera, a tratti  divertente, nonostante certi argomenti affrontati. Chiuso il libro, ci troveremo a pensare cosa succederebbe se Mattia, Sofia o Laila, fossimo noi.

Leggi le prime pagine di Frantumi

frantumi masi petruccioli bao

Com’è iniziata la vostra collaborazione?

Masi: Durante un incontro a GarageZero [GarageZero è uno spazio romano recuperato e adattato a spazio di socialità e cultura, nel quartiere del Quadraro N.D.R.]. Rita stava partecipando con i suoi disegni ad una raccolta di fondi, assieme ad altri autori. Ho visto i suoi lavori e le ho chiesto se era interessata a fare un fumetto assieme.

Davvero? È stato così estemporaneo?

M: Faccio questo mestiere da vent’anni! Quindi posso dire che ho l’occhio allenato alla scelta dei disegnatori. Quello che ricerco maggiormente è la recitazione dei personaggi e nel caso di Rita, la personalità dei suoi disegni, penso ad esempio alla serie delle “pupazze”, già risaltava. È stata una scommessa, ma non così alla cieca.

Petruccioli: quella sera la mia postazione ai tavoli era vicino a LRNZ, quindi ero già abbastanza agitata! È andata proprio così, Giovanni si è avvicinato e mi ha proposto di collaborare per un libro a fumetti.
Non mi sono convinta subito. Era un momento delicato sotto diversi punti di vista. Avevo deciso dentro di me di fare questo passaggio iniziando a disegnare anche fumetti, ma allo stesso tempo avevo diversi impegni e scadenze. È stato quando ho capito che collaborando con Giovanni avrei davvero potuto intervenire nella stesura del libro, che mi sono convinta e ho accettato.

Da quale idea nasce il libro?

M: Alla base di tutto c’era questa idea: Mattia, il protagonista, avrebbe smarrito un pezzo di sé, letteralmente, trovandosi ad affrontare un dolore. Sono partito da questo. Quando ho proposto il libro a Rita avevo sviluppato un soggetto attorno a questa idea, e nel tempo lo abbiamo molto modificato. Inizialmente, ed è la prima volta che racconto questa cosa, non ero nemmeno sicuro che la storia sarebbe diventata un fumetto. Avevo preso in considerazione anche la prosa ma in quel caso la narrazione avrebbe riguardato solo ed esclusivamente le mie personali esperienze, e io volevo un racconto più ampio, che non fosse solo autobiografico. Rita si è messa in gioco e così abbiamo riscritto la storia insieme.

Vorrei la vostra opinione sulla capacità, visiva ed evocativa, del linguaggio del fumetto, quando viene usato per rappresentare stati d’animo e sensazioni.

M: Penso che ogni storia abbia il suo mezzo, il suo linguaggio. Ora posso dire ad esempio che se Frantumi fosse stato pensato come film, sarebbe stato molto più difficile mantenere l’equilibrio tra tutte le sue parti, e in questo equilibrio narrativo lo stile e la messa in scena di Rita hanno aiutato molto. Ho notato che le reazioni al libro sono molto nette, o totalmente positive o negative. Ma è quello che io e Rita volevamo ottenere, credo che il lettore debba sempre prendere una posizione rispetto al testo, esserne parte attiva. La reazione del lettore è a tutti gli effetti una parte della narrazione.

P: Credo che con un disegno si possa dire molto più di quello che si è in grado di disegnare. Se penso ai libri che ho illustrato, ho avuto occasione di comunicare contenuti ben più grandi delle immagini in se stesse, come il concetto di società nel libro I racconti di Punteville (scritto da Gianluca Caporaso e illustrato da me) o la militanza femminile con Christine e La Città delle Dame (scritto da Silvia Ballestra). Mi ricordo che durante un workshop di fumetto per ragazzi tenuto con altri autori a Lucha Y Siesta [spazio che a Roma ospita un centro di rifugio e aiuto per donne, attività sociali e culturali, N.D.R.], abbiamo spiegato agli studenti che chi tra loro aveva raccolto delle testimonianze dalle ospiti del centro raccontate tramite metafore aveva ricevuto gli strumenti migliori per trasformare questi racconti in immagini. Penso al classico esempio delle foglie che cadono per rappresentare il tempo che scorre. Le immagini hanno una grande forza narrativa ed evocativa.

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frantumi masi petruccioli baoSembra che nel vostro racconto ci sia una sorta di gerarchia tra i personaggi, protagonisti e comprimari. Una specie di graduatoria tra chi reagisce meglio o peggio al dolore. In questo modo si avverte quasi un giudizio morale, come se chi riuscisse a superare il dolore fosse “superiore” a chi si fa sopraffare. È così?

M: Non sono d’accordo con la tua interpretazione. Se ci fai caso, Mattia, il protagonista, è il più “scemo” dei personaggi, e io e Rita abbiamo deciso di caratterizzarlo così proprio per questo motivo. Mattia non è più in gamba o più eroico degli altri… una cosa che ho sempre sostenuto, per esperienza personale e contro ciò che si usa dire, è che il dolore non nobilita affatto, anzi. Chi ha preso più colpi nella vita, non necessariamente diventa più forte, il dolore ti frantuma e non si torna mai integri come prima. Tutto ciò che accade è su uno stesso piano, tutti i personaggi hanno pari dignità. E questo con Rita ce lo siamo detti chiaramente.

P: abbiamo raccontato varie scelte in rapporto al dolore, tutte rispettabili. La mia posizione verso il dolore raccontato in questo fumetto è particolare, perché mi trovo allo stesso tempo dentro e fuori dalla storia: come lettrice l’ho potuta osservare da fuori e poi entrare e farne parte. Da esterna mi sento di fare il tifo per chi lotta e si rialza, ma se mi colloco all’interno della storia, capisco le reazioni e le scelte di tutti.

Come vi siete trovati, lavorando assieme? Come procedevate?

M: Il soggetto iniziale è stato rimaneggiato diverse volte. Rita ha lavorato su una sceneggiatura molto definita, che in realtà ci serviva più come rete di sicurezza. C’era sempre la possibilità di discutere e cambiare delle parti. Lo studio grafico dei personaggi è totalmente frutto del lavoro di Rita e, devo dire, è stato perfetto da subito.

Su tutto il resto invece ci siamo confrontati molto, il che significa che spesso abbiamo imboccato delle strade che poi abbiamo abbandonato. Per esempio, l’inizio del libro è frutto di alcune indicazioni di Bao, mentre sul finale siamo stati a lungo indecisi, tanto che fino a due mesi prima della stampa erano pronti due diversi finali!

Quando il lavoro ha cominciato ad essere serrato e continuativo, nell’ultimo anno, procedevano in questo modo: io scrivevo il testo, Rita faceva la sua revisione, poi passava ai lay out e assieme lavoravamo revisionando gli storyboard.

P: Il lavoro ha avuto diverse fasi. La proposta a Garage Zero mi è stata fatta circa due anni e mezzo fa, ma solo un anno fa abbiamo iniziato a lavorare in modo serrato, fino alla consegna. Quando ho avuto il soggetto e le prime stesure della sceneggiatura ho iniziato lentamente, rimaneggiando continuamente il lavoro. Mi soffermavo su mille cose, ero molto lenta nell’affrontare le indicazioni di regia, per fare attenzione a ogni dettaglio. Ho convinto subito Giovanni con lo studio dei personaggi e dei loro colori. Dopo un po’ di tempo ho preso il via, e avendo mano a mano più confidenza con la regia ho cominciato a ragionare con Giovanni in termini di composizione e dinamismo. Giovanni è stato sempre aperto a proposte, abbiamo fatto lunghe chiacchierate, fondamentali per i personaggi. Io volevo sapere tutto di loro! Sicuramente Laila, la comprimaria, è il personaggio sul quale sono intervenuta di più, quello che sento più vicino a me.

Hai avuto delle difficoltà nell’affrontare per la prima volta una narrazione a fumetti lunga?

P: la parte più complessa è stata diluire la narrazione. L’illustrazione è sempre un unico disegno mentre nel fumetto bisogna diluire il tempo tenendo sempre conto della recitazione dei personaggi, delle ambientazioni… fortunatamente il fumetto mi apparteneva per cultura, sono lettrice da sempre, e questo mi ha aiutato.

Come hai lavorato sullo studio dei personaggi?

P: Mattia è un personaggio abbastanza standard, l’ho vestito in modo neutro, maglietta nera e jeans, per sottolineare questa sua neutralità. Laila è un personaggio più complesso, ha più personalità, e l’ho sottolineato anche con i suoi colori e con i vestiti, più elaborati. La sento sicuramente più vicina a me, tanto che l’ho vestita con una maglietta portata sopra una canottiera a strisce… un po’ un mio look di qualche anno fa!

Sofia è l’opposto di Laila, molto delicata, romantica… sono personaggi volutamente agli antipodi.
Il rapporto tra Mattia e Sofia l’ho affrontato alla fine del libro, anche se poi le tavole che raccontano la loro storia sono all’inizio.

Con Giovanni abbiamo parlato tanto, gli chiedevo come si erano incontrati, cosa facevano assieme… quasi a livello di gossip! Volevo sapere tutto, per poter raccontare il loro rapporto senza cadere in classici cliché. Nel primo lay out, ad esempio, li ho disegnati mentre passeggiavano al parco mano nella mano. Mi sembrava un’immagine troppo scontata, stereotipata, anonima, raccontava poco. L’abbiamo cambiata.

frantumi masi petruccioli baoQual è il senso della presenza della nave e del mare, nel libro?

M: Il mare è l’avventura per eccellenza, la nave anche, è Moby Dick, per farti il primo esempio che mi viene in mente. Nella mia testa Frantumi doveva essere da subito un libro di avventure, anche se inizia come il racconto di un amore adolescenziale.

P: Ah, quella è stata una delle idee iniziali di Giovanni, che ci fosse una nave che solcava i mari. Io sono intervenuta quando Giovanni pensava di farmi disegnare un mare di mercurio… gli ho detto subito: “ma come, un mare tutto grigio?!”… [ridono entrambi. NDR]. Ho suggerito di farlo rosso e scegliere per quelle pagine il rosso e rosa come colori chiave. Giovanni ha approvato subito. L’unico problema che ci siamo posti è stato se il mare rosso potesse essere facilmente fraintendibile con un mare di sangue. Ma in realtà, per precisa scelta stilistica, non ci sono parti organiche raccontate o disegnate nel libro. Anche i frantumi, le fratture dei comprimari sono rese in modo grafico. Quindi il problema era risolto.

Avevate pensato ad un target?

M: Di solito lavoro sempre per un target. In questo caso non ne avevamo uno prefissato, ma ce lo siamo chiesti comunque mentre lavoravamo per un senso di completezza. Non volevamo che la storia fosse una piccola storia, ma che raggiungesse il più possibile tutti. Partendo da una storia di amore adolescenziale, abbiamo ampliato molto il discorso.

P: Non l’abbiamo scelto con precisione, io lo considero dai 15 in su. Ma mentre ci lavoravo era un’incognita. Finora ho lavorato su progetti indirizzati a bambini fino agli 11 anni. Frantumi è il primo libro che faccio per un target diverso. Questa storia la immagino per un pubblico di ragazzi almeno adolescenti: a quell’età avrei voluto leggere storie che parlassero di cose adulte, storie diverse. Ho pensato alle mie letture di quel periodo.