BANDE A PART(E) [capitolo 14]
Da Hara-Kiri alle Graphic Novel – storie di fumetti e rivoluzioni marginali
Dove in qualche modo si entra negli anni Sessanta, si ascoltano i programmi di radio libere e belle (per merito della moderna cosmesi) e si scopre che, nonostante i benpensanti, tra il fumo di sigarette, i fumi dell’alcol e i fumetti c’è uno stretto legame. Soprattutto, alla fine, si tiene tra le mani il primo numero di Pilote.
Se il lettore che mi ha seguito fin qua avesse mai sentito parlare di Émile Girardeau, sarà stato forse per il suo essere stato a capo del progetto per lo sviluppo del primo radar francese, negli anni Trenta. Non certo, invece, per essere stato il fondatore della prima radio privata francese, nel 1922: Radiola. Ovvero quella che due anni dopo cambierà nome in Radio Paris e che, in breve tempo, diventerà la radio più ascoltata di Francia.
Le idee rivoluzionarie nascono spesso dalla necessità di aggirare vincoli e proibizioni. Come si trovò a dover fare Stephen Williams all’inizio degli anni Trenta. Williams era direttore generale di Radio Publicity, concessionaria britannica per la pubblicità radiofonica. Dato che all’epoca, nel Regno Unito, era proibito aprire radio private e commerciali, la società di Williams sponsorizzava programmi in lingua inglese che venivano trasmessi proprio da Radio Paris in onde medie e lunghe in modo da raggiungere gli ascoltatori britannici. Un giro d’affari incredibile.
Purtroppo, però, nel dicembre del 1933 il governo francese, allettato dalla sua diffusione, la nazionalizzò. Furono quindi eliminati tutti i programmi commerciali e in lingue diverse dal francese. Stephen Williams e Jacques Gonat, ex direttore di Radio Paris, si trovarono ad affrontare un bel problema: non avevano più un’emittente per la trasmissione dei programmi sponsorizzati per il pubblico inglese. Ma nel marzo dell’anno seguente il problema sarebbe stato già risolto.
In quella primavera 1934, sui 1440 Khz, comincia le trasmissioni una radio che esisteva sulla carta già da un anno e che ha nominalmente sede in Lussemburgo, a Marnach, da cui trasmette in onde lunghe con la straordinaria potenza di 1300 Kw; ma che trasmette anche in onde medie da navi ancorate in acque territoriali francesi per avvicinarsi il più possibile alle coste inglesi. Fondata da Williams, Gonat e altri imprenditori francesi, per continuare a far arrivare nel Regno Unito i loro programmi, Radio Luxembourg – grazie alla sua potenza e all’uso delle navi – in breve tempo arriva a coprire buona parte dell’Europa occidentale. Trasmette prevalentemente in inglese, ma ci sono programmi e fasce orarie dedicate ai singoli paesi e alle loro lingue.
Nella mitografia che spesso sostituisce la più banale storiografia della comunicazione radiofonica, Radio Luxembourg viene spesso rappresentata come l’antesignana di quelle “radio pirata” che, con Radio Caroline, cominceranno dagli anni Sessanta a trasmettere dalle navi in acque extraterritoriali fregandosene dei limiti imposti dalle varie legislazioni della terraferma. In realtà Radio Luxembourg operò sempre nella totale legalità. La ragione era semplice: il Lussemburgo non aderiva ai patti bilaterali degli altri paesi europei sulla radiofonia. A nulla valsero quindi le proteste del governo inglese contro l’utilizzo, da parte della radio lussemburghese, delle onde lunghe.
Dall’avventura della bellezza (la cosmesi) alla bellezza dell’avventura (i fumetti)
Una cosa curiosa. Se, come si è visto nel capitolo precedente, i profumi hanno contato qualcosa nella nascita di Hara-Kiri, la produzione di cosmetici fu fondamentale (per quanto in modo trasversale) anche per la nascita di Pilote.
Negli anni Cinquanta L’Oréal divenne uno dei più grandi marchi francesi della cosmesi. Merito del suo fondatore Eugéne Schueller e del direttore André Bettencourt. Bettencourt nel 1952 aveva chiamato a gestire lo studio pubblicitario della L’Oréal il suo vecchio compagno di corso a Scienze Politiche, François Clauteaux, che con una serie di geniali trovate pubblicitarie contribuì all’affermazione del marchio.
Nel 1957 il settantaseienne Schueller muore. Sua figlia Liliane, unica erede e moglie di Bettencourt, sostituisce il padre a capo del consiglio d’amministrazione e darà a un altro amico del marito la direzione del gruppo. Tra François Dalle, il nuovo direttore, e Clauteaux le cose non funzionano, probabilmente anche a causa di divergenze politiche: Dalle era di estrema destra, militante della Cagoule, insomma fascista; mentre Clauteaux veniva, pur non essendo di sinistra, dalla Resistenza, alla quale aveva partecipato come radiotelegrafista e aveva poi combattuto nella battaglia per la liberazione di Parigi con la seconda divisione blindata del generale Leclerc.
Presto Clauteaux lascia L’Oréal, deciso a tornare a fare quello che faceva subito dopo la guerra prima di entrare a L’Oréal, ovvero occuparsi di editoria periodica. Già da quando lavorava come responsabile delle edizioni periodiche del gruppo cattolico Bayard, Clauteaux aveva il progetto di realizzare una rivista che fosse una Paris-Match per giovani lettori. Finalmente vede la concreta possibilità di realizzarla e a questa possibilità decide di dedicare la non indifferente cifra ricevuta come liquidazione dalla casa produttrice di cosmetici. Cifra non indifferente, ma purtroppo (o per fortuna, dal nostro punto di vista e col senno di poi: gli fossero bastati i soldi probabilmente Clauteaux non avrebbe mai incrociato Goscinny e compagnia, e noi non avremmo avuto Pilote; chi può saperlo?) non sufficiente.
È a questo punto che Radio Luxembourg entra nella storia che sto raccontando. In quanto responsabile pubblicitario del più grande marchio di prodotti cosmetici di Francia, Clauteaux conosceva molto bene Raymond Joly, in quel periodo direttore dell’ufficio pubblicitario francese di Radio Luxembourg, e gli propone la sua idea: una rivista per ragazzi, legata alla più ascoltata trasmissione francofona per adolescenti di Radio Luxembourg (Champion), da affiancare al Radio Magazine già pubblicato dalla radio.

Il consiglio d’amministrazione, a cui Joly sottopone l’idea, gli lasciò mano libera a condizione che la radio non fosse direttamente coinvolta nell’iniziativa editoriale. Joly elaborò questa strategia: avrebbe partecipato al finanziamento di un terzo della società editrice che avrebbe pubblicato la rivista con una sua società, costituita con due suoi amici, René Ribière e Charles Courtaud (rispettivamente direttore e amministratore del quotidiano Centre-Republican); e avrebbe garantito al nuovo periodico, oltre alla collaborazione di firme di rilievo come Jean Carlier o Lucien Barnier, tutta la copertura mediatica e pubblicitaria che i programmi per ragazzi di Radio Luxembourg potevano offrire.
Con queste promesse a Clauteaux non resta che trovare qualcuno cui interessi partecipare all’impresa per il restante terzo del finanziamento necessario. C’è un suo ex compagno di corso all’università, con cui ha fatto la Resistenza – erano stati insieme già nel 1940, in place de l’Etoile, quando i nazisti avevano sparato sugli studenti che cercavano di resistere alla presa di Parigi: sono cose che ti segnano e legano per sempre, quelle – che potrebbe essere interessato: Jean Hebrard. Gli hanno detto che ha fondato recentemente una agenzia editoriale che produce fumetti. EdiFrance. Non si può fare una rivista per ragazzi senza fumetti. Sarebbe perfetto, se accettasse.

Prima piccola parentesi: esiste una versione alternativa, e in buona misura delirante, di questa parte della storia e soprattutto del suo finale, raccontata dalla vedova di Raymond Joly che portò la questione, ovviamente senza alcun seguito, addirittura davanti alla Corte Europea. Ma il lettore appassionato di gialli e teorie complottiste dovrà aspettare ancora qualche capitolo per conoscerla: ne racconterò più o meno quando arriveremo al 1963.
Nel frattempo, su un balcone a Bobigny…
Subito dopo la guerra il governo francese istituì il Ministère de la Reconstruction et de l’Urbanisme, che si occupò attraverso l’istituzione delle HLM (il corrispettivo del nostro IACP) della costruzione di agglomerati residenziali a basso costo. Enormi palazzoni tutti uguali furono tirati su nei sobborghi delle grandi città, con l’intenzione di dare a tutti i francesi un tetto a buon mercato.

Alla fine del dodicesimo capitolo avevamo lasciato i nostri eroi, Goscinny e Uderzo, alle prese con le difficoltà dello sbarcare il lunario: un sacco di lavoro, poco riconoscimento e soprattutto pochi, molto pochi, soldi. Uderzo, con la sua famiglia, aveva trovato casa a Bobigny, poco fuori Parigi, in una di queste HLM. Lavorava da casa e spesso Goscinny lo raggiungeva per rifinire insieme l’ultima storia di uno dei loro tanti personaggi, prima che andasse in impaginazione. In estate se ne stavano sul balcone, con la vista diretta sul cimitero di Pantin, a lavorare fino a notte fonda fumando Gauloise e bevendo Pastis.
È una sera di fine luglio o inizio agosto del 1959. La piccola Sylvie Uderzo non vuole andare a dormire. Gioca tra le loro gambe e li distrae da una storia di Oumpah-pah che non vuole proprio saperne di ‘funzionare’.
-Dedichiamoci a qualcosa d’altro. Ci torniamo dopo, su questa.
-Sì, pensiamo a un nuovo personaggio…
-… mmh, una nuova serie? Si può fare… potremmo fare qualcosa ambientato nella storia francese. Basta con queste robe americane…
-Vero, il nostro folklore è pieno di personaggi e momenti che possono diventare soggetti per una serie… pensi a qualcosa in particolare, Albert?
A questo punto Uderzo comincia a elencare periodi della storia di Francia, in modo disordinato, come gli vengono alla mente. Poi a un certo punto, accendendosi l’ennesima Gauloise dice: -ah, ecco, dimenticavo: i Galli…
Goscinny lo ferma.
-I Galli! Questo periodo è praticamente la nostra epopea western! Pensaci. Sì, dobbiamo lavorare su questo!
-Sei ubriaco vero… – ribatte Uderzo – quanti Pastis abbiamo bevuto?
-Può darsi, ma è una buona idea… credo di intendermene, di buone idee, per riconoscerne una anche da ubriaco…
A metà agosto, dopo un bel po’ di aggiustamenti – per dire: Uderzo aveva caratterizzato il protagonista di questa nuova serie come il prototipo di un eroe supervitaminizzato e muscoloso; solo dopo lunghe notti di lavoro in comune i protagonisti diventeranno due, un nanetto e un ciccione – l’episodio pilota è pronto, non resta che proporre la serie alle riviste per cui EdiFrance produce fumetti.
Immaginerà, il lettore, quanto i direttori di Dupuis e LeLombard si saranno poi mangiati le mani per aver rifiutato una serie come quella che gli avevano proposto Goscinny e Uderzo, che trent’anni dopo avrebbe venduto circa 300 milioni di albi. Ma in fondo sono cose che si capiscono sempre dopo. E poi i direttori editoriali che ci sono adesso sono pure peggio.
Il numero zero
Alle volte le coincidenze. Mentre Goscinny e Uderzo raccattavano i vari rifiuti per il loro progetto di nuova serie, il loro socio Hebrard li convoca per parlargli della proposta arrivata da Clauteaux e dai tipi di Radio Luxembourg. Negli uffici di Edifrance si svolge una riunione concitata: sono presenti Hebrard, Goscinny, Uderzo e Charlier.
-E che cazzo! Facciamola questa rivista.
Commenta Uderzo.
Al che Hebrard gli fa notare che:
-Si, anch’io penso che sia una cosa da tentare, sono anni che ci pensiamo… ma dobbiamo impaginare un numero zero, da far vedere per raccattare le inserzioni… ve l’ho detto, loro pensano a una specie di Paris-Match per adolescenti. Hanno già tutta la parte redazionale, un 70% della rivista…a noi toccherebbe la grafica e i fumetti. Ma non abbiamo tempo. Da gennaio hanno già fatto un po’ di numeri zero, ma ne serve uno serio, con la testata definitiva, per gli inizi di settembre… perché partirebbe anche la promozione su Radio Luxembourg, la conoscete vero quella trasmissione per ragazzi… Champion…
È Goscinny a intervenire a questo punto: – Cazzo, settembre è tra una settimana… però credo si possa fare. Guarda, abbiamo già qualcosa di pronto… – E mostrano, così, la tavola di prova per la nuova serie, quella rifiutata da tutti i maggiori editori.
-Beh. Se non avete di meglio ci mettiamo questa. Ma poi per il numero uno, a fine ottobre, dovete tirare fuori una cosa potente. Ce la fate?
-Se dobbiamo farcela, ce la facciamo…
-Ah, come si chiama questo fumetto?
-Astérix.

Agli inizi di settembre esce il vero e proprio numero zero della rivista Pilote. La testata è stata scelta dopo lunghe discussioni in cui ha prevalso, e per fortuna, la volontà di Clauteaux contro quella di Joly e del suo gruppo, che voleva invece chiamarla come la trasmissione Champion, all’interno della quale la rivista sarebbe stata lanciata. A pagina 20 di questo numero zero c’era una tavola di fumetti con un personaggio piccoletto, baffuto e con l’elmetto da guerriero gallico.
Matin! Quel journal!
Così, dai primi giorni di settembre 1959 proprio dalle frequenze di Radio Luxembourg, durante le trasmissioni per i paesi francofoni, la voce calda e rassicurante di François Clauteaux, che si presenta come il caporedattore di Pilote, annuncia la prossima uscita di questa nuova rivista dedicata ai ragazzi. Una rivista nuova e rivoluzionaria, per contenuti, idee e per i nuovi fumetti, mai visti prima e che, da allora, milioni di persone inizieranno a conoscere ed amare.

L’annuncio si ripete tutti i giorni, fino al 29 ottobre, quando alle sette e mezza del mattino, Roger Bourgeon, conduttore di Champion, la più seguita trasmissione dedicata ai più giovani (non c’è giovane francese che non l’ascolti facendo colazione, prima di andare a scuola), esorta tutti i ragazzi al grido di Matin! Quel Journal! (Cavolo! Che giornale!) a non lasciarsi sfuggire Pilote, la nuova rivista per loro, appena uscita.
Entro sera Pilote aveva venduto più di 300.000 copie.
Seconda piccola parentesi.
Con questo capitolo si chiude ufficialmente la prima parte di questo lungo racconto. Entriamo negli anni Sessanta. Adesso cominciamo a divertirci davvero.
// Prosegue fra due settimane…