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RecensioniNovitàLùmina 2, il disegno che divora la parola

Lùmina 2, il disegno che divora la parola

Non si tratta certo di una sorpresa, visto che il seguito di Lùmina era stato promesso ancora prima della stampa del capitolo iniziale. Dopo due anni dall’uscita del primo tomo, la coppia Tenderini-Cavallini, fondatori del laboratorio creativo Tatai lab, porta a compimento – sempre attraverso un crowdfunding – Lùmina #2. Un volume più imponente per numero di pagine rispetto al suo predecessore, e che ha sulle proprie spalle il compito di dare, finalmente, concretezza alla misteriosa – e vaga – trama del capitolo iniziale.

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Si potrebbe parlare a lungo del progetto Lùmina iniziato a giungo 2014, della sua tecnica, della capacità di aprire le porte ad un nuovo immaginario, come scrisse a suo tempo Andrea Fontana su Fumettologica. Si potrebbero spendere molte parole attorno alla sua perfezione grafica e alla tecnica cosiddetta Hyperflat (evoluzione del Superflat di Takashi Murakami).

Si potrebbe, infine, parlare a lungo della stampa in esacromia e della lamina d’argento che impreziosisce ogni pagina rendendo il prodotto finale davvero unico. Ma tutto questo sarebbe soltanto un ritornare su quanto è stato già detto e ri-detto. Sarebbe uno spreco di parole anche sottolineare l’imponenza grafica di Lùmina che, effettivamente, lascia a bocca aperta pagina dopo pagina.

Significherebbe ridurre il fumetto ad un puro esercizio di stile, una sorta di artwork nato con l’unico scopo di mettere in mostra la qualità dei disegni di Linda Cavallini e la padronanza delle luci e delle ombre di Emanuele Tenderini. Significherebbe interpretare, e fruire, soltanto a metà un prodotto che per definizione si compone di due linguaggi: parola e immagine. E se per il primo volume, due anni fa, data la novità e la notevole componente grafica, questo era comprensibile, giustificabile, e si poteva anche chiudere un occhio sulla mancanza di sostanza dal punto di vista della sceneggiatura, con il suo proseguo Lùmina deve ora affrontare la non semplice responsabilità di rispondere alle attese.

La narrazione riprende dal punto esatto in cui si era interrotta in Lùmina #1. Kite – è intorno alla sua figura che, principalmente, si sviluppa tutto il secondo capitolo della storia – separato dalla sorella Miriam per colpa dell’abissale Lu-Ay, si ritrova in compagnia di Shani, la ragazza Haloi apparsa alla fine del primo capitolo. Scortato dal Borgomastro del villaggio Haloi, Kite finalmente scoprirà qualcosa sul suo destino e sulle ragioni che hanno portato lui e Miriam sul pianeta Lùmina. Un’importante responsabilità grava sulle spalle del giovane, ma la preoccupazione sulle sorti della sorella lo porteranno ad intraprendere un viaggio avventuroso attraverso gli straordinari territori di Lùmina.

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Semplice e funzionale, la storia di Lùmina non è né piatta né straordinaria. Se da un lato gli intrecci sono decisamente articolati e costringono il lettore a concentrarsi su ogni singolo balloon per non perdere nessun passaggio, la tecnica narrativa è piuttosto canonica e lineare. La scrittura segue tutti i passaggi classici e si avvale degli archetipi tipici del genere: eroi improvvisati messi innanzi ad una responsabilità troppo grande per poterla affrontare da soli; una serie di aiutanti, alcuni ben caratterizzati altri solamente abbozzati; un avversario quasi impossibile da sconfiggere; qualche colpo di scena e alcuni ribaltamenti non troppo stupefacenti; soprattutto, una missione da compiere che porterà i protagonisti (in questo caso solo Kite) a crescere e a maturare durante un classico “viaggio di formazione”.

Niente da recriminare sulla elementarità del narrato, anzi, la linearità, quando funziona, è da premiarsi. Ma il punto è un altro: Lùmina fatica ad ingranare, il ritmo è lento, spezzato, intervallato da un quantitativo superiore alla media di lunghe spiegazioni, che non lasciano alcuno spazio all’immaginazione, alla fantasia.

Lo show don’t tell sembra dunque, in questa opera pur molto ‘visiva’, un principio del tutto dimenticato. Una esigenza strutturale, forse, per rimediare o compensare le scelte fatte nel primo volume, dove l’introduzione dei personaggi occupava la maggior parte della narrazione togliendo spazio alla trama e al suo sviluppo.

Inevitabile attendersi che il secondo capitolo si assumesse la responsabilità di dare maggior corpo e senso alle piste appena tracciate dal primo. Le domande non restano per fortuna prive di risposte, ma queste si presentano alquanto forzate. I dialoghi, poco caratterizzanti, in bilico tra la didascalica spiegazione e la battuta priva di pathos, non colpiscono; il testo risulta così freddo, qua e là macchinoso, e scarsamente – o per nulla – evocativo. Da un fumetto del genere, date le premesse, ci si aspettano slanci di immaginazione più che profondità emotiva, ma l’interiorità dei personaggi pare davvero sacrificata.

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I limiti fondamentali di Lùmina sono allora due.

In primis l’esorbitante disparità tra aspetto grafico e testuale che pone, inevitabilmente, il secondo in posizione di svantaggio rispetto al primo. La parola, la sceneggiatura, viene sovrastata, inglobata, quasi nascosta dal disegno. È ovviamente impossibile ottenere una proporzione fifty-fifty tra i due linguaggi, e pretendere l’equilibrio sarebbe inopportuno, ma quanto meno una proporzione più equa che impedisca l’immediata percezione di supremazia dell’una sull’altra.

Come per il primo volume, anche qui le splash page, i campi lunghi e le panoramiche predominano imponenti catturando gli occhi. I dettagli sono curati nei particolari, mai sottovalutati, i colori sono vivi, caldi, pulsanti, e l’ambientazione a metà tra steampunk e fantasy garantisce un’esperienza visiva coinvolgente, dinamica, accattivante che costringe il lettore a restare incollato alla pagina a lungo per poterne godere a pieno.

In Lùmina il disegno, la tecnica grafica, letteralmente divora “l’arte della parola” sostituendosi ad essa invece di accompagnarla alla pari – o quasi. Non si tratta di un eccesso d’impegno dal punto di vista grafico – anzi: il lavoro è a dir poco gradevole, e gradito – quanto di un’evidente approssimazione sul piano puramente narrativo e testuale, che risente della mancanza di una struttura solida, chiara, e di un lavoro ponderato nella scelta delle didascalie, decisamente troppo semplificate, prive di sentimento, utili – tranne in rare eccezioni – all’esplicazione diretta della storia.

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Tale mancanza è probabilmente una conseguenza diretta del secondo problema fondamentale. Lùmina è un progetto che nasce con un’ambizione fortissima: quella di creare un vero e proprio universo a partire da zero e provare a presentarlo (‘spiegandolo’) tutto. Nel 2015, a Benevento, in occasione dell’uscita del primo volume, fu allestita una mostra nella Rocca dei Rettori dove furono esposte alcune tavole originali del progetto e moltissimi schizzi preparatori, idee, concept, raffiguranti personaggi, ambientazioni, oggetti. Un intero universo partorito dalla mente dei due autori che fa riferimento, da un punto di vista estetico, all’estetica dei migliori anime, e da un punto di vista contenutistico e culturale all’universo fantastico tipico di certo cinema “di immaginazione” e dei videogames in stile Final Fantasy.

Un universo vastissimo che solo in parte – ‘visibile’ nella sua interezza solo nella mente degli autori – si è tradotto sulla carta. Purtroppo, con Lùmina #2, quello che nel 2015 fu un sospetto si è effettivamente concretizzato. Il mondo di Lùmina, questo strabiliante e spettacolare universo narrativo, si presenta decisamente troppo “grande” per poter essere contenuto ed esaurito in soli due volumi.

Il risultato complessivo è che potrebbe essere necessario attendere ancora, per dare un giudizio esaustivo su Lùmina. Un progetto che si potrà ‘pesare’ completamente soltanto alla sua conclusione, quando l’ultima parola sarà stata scritta e l’ultimo tocco di colore avrà “sporcato” per l’ultima volta la pagina. Nel frattempo l’amaro in bocca resta e la trepidazione si esaurisce almeno in parte. Quando si tira troppo la corda, il rischio che si spezzi cresce. Il rischio dei progetti ambiziosi, anche nel campo – affascinante – del world-building.

Lumina 2
di Emanuele Tenderini e Linda Cavallini
Tatai Lab, luglio 2017
120 pp., colore
25,00 €

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