#BlackComicsMatter, dalle strade al fumetto

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

black black mask

Approfittiamo dell’uscita della collection in trade paperback per parlare di Black di Black Mask Studios, un fumetto supereroico in bianco e nero firmato da Kwanza Osajyefo (che ha lavorato come editor per Marvel e DC Comics) e Tim Smith 3.

Questo volume presenta il primo arco narrativo di sei episodi, dove l’assunto è chiaramente militante: in un mondo più o meno come il nostro, alcuni uomini e donne sono segretamente dotati di superpoteri. A fare la differenza rispetto a molte altre storie analoghe è però come solo nei neri si manifestino queste super-abilità, cosa che spiegherebbe anche lo schiavismo e la segregazione razziale come forma di controllo per qualcosa di troppo pericoloso. Misure comunque ormai insufficienti, visto che la percentuale di neri con superpoteri è in sensibile crescita.

Il protagonista Kareem Jenkins è un ragazzo nero che si trova colpito a morte da un poliziotto bianco, ma inspiegabilmente sopravvive. La sua “resurrezione” non passa inosservata e alcuni agenti governativi gli danno la caccia, ma il ragazzo viene salvato dai membri di un’organizzazione segreta: Juncture. Il loro leader vuole proteggere sia chi è dotato di superpoteri sia il loro segreto, per evitare una guerra razziale. C’è però un’altra frangia con idee molto diverse, decisa a portare alla luce le proprie abilità straordinarie e a combattere per porre fine con ogni mezzo allo sfruttamento dei loro simili.

black black mask

Kareem si trova nel mezzo perché è dotato di un potere finora mai apparso, quello dell’adattabilità, che lo rende in grado di sopravvivere più o meno in ogni condizione e di contrastare ogni sorta di dote speciale o misura tecnologica, incluse quelle progettate per neutralizzare i poteri. Questo fa sì che tutti lo vogliano dalla loro parte: sia Juncture, che intende addestrarlo, sia la frangia più estremista, che vuole lottare insieme a lui, sia naturalmente i bianchi, che intendono studiarlo sperando che la sua unica dote nasconda la chiave per replicare i superpoteri.

Si tratta insomma di un impianto analogo a quello degli X-Men, con i razzisti da una parte e due filosofie contrapposte dall’altra, con i reietti pacifisti e quelli più aggressivi. Che qui sia tutto marcatamente diviso tra bianchi e neri rende solo più esplicita la metafora di fondo che ha sempre caratterizzato i mutanti. Anzi, rendendola più precisa, in realtà la limita.

black trump black mask

Se negli X-Men ogni forma di minoranza può riconoscersi, in Black sono solo i neri a essere sia speciali sia oppressi. Questo d’altra parte rende molto più diretto e calato nella realtà il senso politico della serie, nata sulla scia di #BlackLivesMatter grazie al crowdfunding e decisa a non usare mezzi termini nel descrivere i soprusi dei bianchi sui neri.

Per Black Mask è stato un successo, ma le ragioni non sono nella qualità, visto che si percorre un terreno già noto senza particolare finezza. I disegni sono infatti davvero di serie B, relativamente attenti alle anatomie ma senza alcuna ricerca estetica nell’uso del bianco e nero. Tanto che sembra di leggere semplicemente un fumetto di supereroi, con figure più o meno plastiche e super-tecnologie, ma desaturato al punto da essere ridotto a gradazioni di grigio.

Anche la sceneggiatura poi non sa dare uno spessore a personaggi, che sono solo l’ombra di figure già straviste e onnipresenti sulla scena del fumetto americano. Se non fosse insomma per l’attualità della protesta, Black sarebbe un prodotto così datato da risultare fuori tempo massimo. Di certo, fuori dai ghetti americani, dove può avere un valore come rivendicazione d’orgoglio, non basta #BlackLivesMatter a valorizzare un fumetto di suo così mediocre. Ciò nonostante già lo scorso agosto è uscita la notizia dell’immancabile progetto di adattamento cinematografico.

Bonus: Captain America #695

Mark Waid e Chris Samnee iniziano il loro corso di Captain America con l’arco narrativo Home of the Brave, ma questo capitolo iniziale sembra fare abbastanza storia a sé e forse avrà un legame con i successivi per lo più tematico.

captain america waid

Troviamo Steve Rogers in visita in un piccolo paese, in un festival dedicato proprio a Capitan America, che salvò la comunità da un gruppo di terroristi dieci anni prima, quando il suo risveglio dall’ibernazione non era ancora cosa nota. In questa avventura si trova così faccia a faccia con la propria eredità e identità e ha l’occasione di ribadire il principale dei suoi valori, quello per cui il più forte deve proteggere il più debole, del resto la protezione è cardine anche visivo del personaggio armato solo di uno scudo.

Un buon punto di ripartenza dopo il precipizio morale di Secret Empire, che però non è neppure citato, preferendo una sorta di contesto archetipico, quello della smalltown america, per ridefinire il personaggio. A farne qualcosa di memorabile sono soprattutto i disegni di Samnee, colorati da Matthew Wilson con toni tendenti al giallo e al rosso, in una sorta di “golden hour” poco prima del tramonto.

capitan america waid smanee

Una luce insomma dall’aura classica ed eterna. I colori si sposano perfettamente al tratto di Samnee, al solito pulito e impeccabile e a sua volta da classico americano del fumetto, tanto nei volti quanto negli sfondi e nell’azione.

Bonus: Silver Surfer #14

Recuperiamo dalla scorsa settimana (che abbiamo saltato a causa della Festa del Cinema di Roma) la conclusione della gestione di Dan Slott e Michael e Laura Allred sul surfista d’argento, personaggio cosmico e malinconico come nessun altro, che in questa trentina di episodi ha avuto come compagna di viaggio la terrestre Dawn Greenwood.

silver surfer allred

Da subito è stata evidente la vicinanza di questo ciclo con la serie tv inglese Doctor Who e in quest’ultimo episodio, romantico e dipanato per eoni su due diverse ere dell’universo, Silver Surfer si fa ancora più vicino al Signore del Tempo.

Slott comunque cita come ispirazione anche un’altra fantascienza inglese, come Red Dwarf, Guida galattica per autostoppisti e i fumetti di 2000 A.D., oltre che le eroine con la testa ben piantata sulle spalle di Hayao Miyazaki e pure la propria famiglia. Questi non sono però dei modelli che rendono la storia in qualche modo derivativa, anzi: Silver Surfer di Slott e degli Allred ha sempre brillato per la gran quantità di invenzioni sia narrative sia grafiche. A stupire di più in questo sfoggio creativo non è stato Allred, che è da anni immediatamente associato al suo gusto pop e visionario, bensì Slott, del tutto irriconoscibile rispetto allo scrittore di Amazing Spider-Man.

Sceneggiatore e disegnatore hanno lavorato secondo il metodo Marvel, con Allred che realizzava le matite a partire da script poco dettagliati e Slott che poi inseriva i dialoghi, in una sinergia che ha davvero stimolato entrambi a dare il meglio, tanto che questo ciclo si potrebbe definire il loro capolavoro (per lo meno per quanto riguarda Slott).

silver surfer allred

Il finale al tempo stesso tragico e lieto è il perfetto coronamento di un lunga magnifica storia, fatta di fantasia, avventura, emozioni e soprattutto del desiderio di esplorare le caratteristiche migliori della nostra umanità. Un inno alla vita, alla ragione e all’immaginazione, all’altruismo, all’amore e all’arte di raccontare storie. Inoltre questi ultimi episodi hanno toccato anche il tema del lutto e della sua elaborazione, sublimata nel meraviglioso eppure vera e dolorosa.

L’alieno e la ragazza sono stati protagonisti di una serie Marvel tra le migliori non solo di questi anni ma diremmo di sempre, impossibile da trasporre in un linguaggio diverso da quello del fumetto e destinata a restare come una dimostrazione che i tropi del supereroismo non sono una prigione senza via di fuga.

allred silver surfer

Questo Silver Surfer ci ricorda che gli eroi semi-divini del fumetto americano sono tanto più interessanti quanto più si pongono a confronto con l’umanità, dove mostri, dittatori ed entità cosmiche fanno parte di un arazzo simbolico che è prima di tutto una prova morale e immaginativa, mentre lo scontro tra poteri più o meno spaventosi è solo l’involucro per alleggerire temi più profondi.

Nel suo ottimismo spumeggiante di trovate quasi da Golden Age, siamo sicuri che questo corso piacerebbe persino a quel brontolone di Alan Moore.