Che il fumetto sia particolarmente amato dalle ultime generazioni di romanzieri è cosa nota. Basti pensare alla passione dichiarata del premio Pulitzer Michael Chabon, il cui romanzo più famoso, Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, rilegge in chiave fiction la golden age del fumetto americano. O alle dichiarazioni di Jonathan Lethem, che i fumetti poi li ha pure voluti scrivere (e ha lavorato a Omega the Unknown per Marvel Comics). O, ancora, al forte impulso che Dave Eggers decise di dare nel 2004, affidando la tredicesima uscita della sua rivista letteraria McSweeney’s alla cura editoriale di Chris Ware, che mise su un numero interamente a fumetti, con decine di contributi diversi.
Del rapporto tra romanzieri e fumetti si è tornato a parlare proprio in questi giorni grazie a uno speciale del Guardian dedicato al graphic novel, composto da una serie di articoli tra cui un’intervista multipla a cinque scrittori sulla loro passione per il fumetto: Zadie Smith, Ethan Hawke (l’attore, che è anche scrittore), Amanda Palmer (che in realtà è una musicista ed è anche moglie di Neil Gaiman), Sam Bain (co-creatore della popolare sit-com britannica Peepshow) e Nick Hornby.
Apre l’intervista Zadie Smith, già curatrice di The Book of Other People, un’antologia di racconti in prosa del 2008 dove comparivano anche storie di Daniel Clowes, Posy Simmonds e Chris Ware, che dà un’efficace definizione di fumetto: «per me è come l’opera o i musical: offre la soddisfazione di unire più media in un unico spazio».
Lei ha cominciato a leggere fumetti sin da piccola, passando da Asterix alle storie Disney. Oggi ama particolarmente Ware (di cui dice di essere ossessionata), Richard McGuire, Daniel Clowes e Alison Bechdel, ma anche The Fade Out di Ed Brubaker e Sean Phillips. Ha qualche passione in comune con Nick Hornby (l’autore di About a Boy, Febbre a novanta, Alta fedeltà), che da buon britannico si è avvicinato al fumetto con riviste classiche come Beano e che oggi cita tra le sue letture preferite Fun Home e Persepolis.
Il poliedrico Ethan Hawke, che i fumetti tra l’altro li fa anche, ricorda di aver cominciato ad amarli quando andava a scuola, grazie alla lettura di adattamenti di classici della letteratura come Moby Dick e Macbeth, e ha le idee chiare su una delle prime opere di Jeff Lemire. Per lui «Essex County è Il giovane Holden dei graphic novel».
A Sam Bain, invece – che al nostro pubblico può non dire nulla ma che in UK, con il suo Peepshow, è assai popolare da anni – piacciono molto i lavori di Chester Brown, Daniel Clowes, Jaime Hernandez, Peter Begge e Joe Matt. Ma racconta che i suoi sogni di adolescente si sono realizzati un’estate, durante la sua prima visita al San Diego Comic-Con, dove ha potuto pranzare assieme a Bill Sienkiewicz, Dave Gibbons e Ann Nocenti, «autori di alcuni dei migliori fumetti di supereroi mai creati».
Non c’è da stupirsi che la più amata da Amanda Palmer sia la trasgressiva Julie Doucet, il cui Dirty Plotte a quindici anni le «cambiò completamente la visione artistica». Divertente la risposta alla domanda su dove compri i fumetti: «Sono sposata con Neil Gaiman. Ho il soggiorno invaso [di fumetti]… non posso sfuggirgli».