Oblomov Edizioni porta finalmente in Italia La rivolta di Hopfrog, fumetto uscito in Francia nell’ormai lontano 1997 e frutto della riuscitissima collaborazione tra due giganti del fumetto d’oltralpe: David B. (ai testi), autore di una delle opere più influenti del graphic novel europeo, Il Grande Male, e Christophe Blain (ai disegni), eclettico creatore di serie come Isaac il pirata e I segreti del Quai d’Orsay.
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Prima del Grande Male e di Isaac, però, c’era stato questo bizzarro western, La rivolta di Hopfrog, seguito qualche anno dopo da Gli orchi, incluso anch’esso in questa edizione italiana. Un volume il cui sottotitolo è forse fuorviante, visto che di “altre storie” i due autori ne hanno creata soltanto una.
Possiamo soltanto fantasticare, quindi, su quali altre avventure avrebbero potuto attendere il distinto giornalista Hiram Lowatt e il taciturno indiano Placido. Due splendidi personaggi, pimpanti e tridimensionali, cui bastano appena un centinaio di pagine per guadagnarsi un posto al sole nell’immaginario del migliore fumetto fantastico contemporaneo.
La rivolta di Hopfrog è, innanzitutto, un western anomalo. Più precisamente si tratta di una reinterpretazione marcatamente autoriale del fumetto western, sapientemente costruita sull’equilibrio tra doverose concessioni agli elementi classici (e persino agli stereotipi) del genere, e una serie di spunti letterari di respiro ben più ampio e di natura eterogenea. Di questo peculiare posizionamento l’opera non fa del resto mistero alcuno, stabilendo fin dalle primissime pagine, e in maniera inequivocabile, il tono e il tipo di universo in cui il lettore si sta addentrando.
Sul piano dei contenuti, un’avventura nel Far West non potrebbe iniziare in modo più inconsueto: delle assi di legno prendono vita magicamente e si staccano dai binari della ferrovia cui erano inchiodate. Sul piano della forma, il disegno espressionista di Blain funge da eco perfetta a questo incipit surreale.
Catapultati in un’atmosfera onirica e opprimente, capiamo quindi subito che la storia che abbiamo tra le mani, a dispetto dell’ambientazione, ha poco a che vedere con Lucky Luke o Blueberry, e molto di più con Hercule Poirot e Sherlock Holmes (entrambi visibili, in filigrana, nel personaggio di Hiram Lowatt) e soprattutto con la grande letteratura fantastica di Lovecraft, Stevenson ed Edgar Allan Poe.
È forse proprio questa robusta dimensione letteraria, che è tematica e stilistica più che erudita e contenutistica (ad eccezione dell’esplicito richiamo a Poe, nel primo racconto), a far sì che queste due storie sembrino non subire affatto il peso del tempo, rivelandosi se possibile ancora più stimolanti oggi di quanto non lo fossero sul finire degli anni Novanta.
Cosa c’è di più attuale, per esempio, di una rivolta degli oggetti, come quella messa in scena in La rivolta di Hopfrog? Rotaie, suppellettili, mobili e altri oggetti, dai più semplici ai più tecnologici, dopo aver accumulato per anni la vita che i loro creatori e signori umani riversavano dentro di essi, insorgono contro il loro statuto subordinato, vogliono ormai disporre liberamente del potere infusogli dagli antichi padroni.
Comincia così una rivolta che si esprimerà non solo nel combattere e nel difendersi, ma anche nel leggere e nel assegnarsi nomi, in una storia surreale e ricca di spunti di riflessione interessanti non solo sul nostro rapporto con la tecnologia e gli oggetti in generale, ma anche sulla maniera in cui si costituiscono l’identità e l’autocoscienza.
La forza suggestiva delle immagini, in queste opere, supera in diverse occasioni il sapore eminentemente letterario – o il rigore stesso del racconto – ma si tratta di uno squilibrio fertile, oltre che sensato. Non solo perché il fumetto resta innanzitutto un’arte dell’immagine, ma anche perché queste immagini, in alcuni momenti, si fanno davvero notevoli.
Le tavole di Blain sono un piacere per gli occhi, ed alcune di esse rimangono impresse nella memoria del lettore, anche quando l’intreccio si rivela confuso o il contenuto poco elaborato: penso ad esempio al risveglio delle assi del treno, che apre la vicenda, ma anche all’incontro tra i nostri due eroi e il leader degli oggetti rivoltosi, fino a scene meno surreali, dalla più classica delle scazzottate davanti al saloon alla sparatoria nel bordello, che Blain rivisita con uno stile personalissimo e incredibilmente vivido, rinunciando ad ogni freddo realismo e piegando colori e prospettive alle esigenze della narrazione.
Proprio su questo piano La rivolta di Hopfrog si rivela più efficace del successivo Gli orchi, che pure ha una trama più solida e approfondisce in maniera intrigante i personaggi principali: allo stile pittorico del primo racconto segue infatti una colorazione digitale (ad opera del colorista francese Walter) senza dubbio efficace, ma meno fantasiosa e audace.
Per il lettore italiano, che riceve queste storie a 20 anni dalla loro pubblicazione originale, la lettura di questo piccolo gioiello del fumetto francese non può quindi che essere raccomandata. Seppure con il rimpianto di sapere già che, purtroppo, le avventure di Lowatt e Pacifico si fermano qui.
La rivolta di Hopfrog
di David B. e Christophe Blain
traduzione di Camilla Diez
Oblomov Edizioni, settembre 2017
166 pp., colore
19,00 €