Nella rubrica ‘BBB Consiglia’, ogni mese, il festival bolognese BilBOlbul seleziona un’opera a fumetti di particolare valore e interesse, offrendo una lista di buone ragioni per leggerlo. Questo mese parliamo di Il paesaggio dopo la battaglia, un fumetto di Éric Lambé e Philippe De Pierpont da Coconino Press. Gli autori saranno ospiti della prossima edizione di BilBOlbul, che si terrà dal 24 al 16 novembre prossimo.
1 | Il lettore come detective
Il lavoro di Eric Lambé sulle sceneggiature di De Pierpont si basa in gran parte sull’affiancamento di dettagli. Un frammento di immagine, e conseguentemente di storia, si aggiunge all’altro, dando sempre maggiori indizi su quello che sta succedendo ma senza offrire mai la scena completa, o un campo lungo che tutto comprenda e che a colpo d’occhio faccia interpretare nella sua interezza la situazione.
Ne deriva da un lato un senso di voyeurismo continuamente frustrato: siamo portati a osservare quello che accade in scena, ma senza riuscire mai a ricomporne il flusso, e proprio per questo continuiamo a rimanere bloccati a fissare; e insieme un senso di detection, come se tutti questi dettagli che l’autore ci offre fossero degli indizi da cui dover ricostruire la storia completa.
2 | Raccontare il non raccontabile
Il lavoro a quattro mani di De Pierpont e Lambé porta a una narrazione non lineare che spinge il lettore a ritornare sui suoi passi, a sfogliare le pagine a ritroso, nella vana speranza di trovare il bandolo della matassa. È come se in questo modo Lambé e De Pierpont volessero mostrare la percentuale di incongruità “irracontabile” della vita.
Ogni racconto è sempre la ricostruzione soggettiva di quello che è veramente successo, ma attraverso questa peculiare modalità di avanzamento per frammenti e figure retoriche sempre diverse e insistite, la soggettività del racconto diventa palese e non tenta più una mimesi immediatamente leggibile della realtà.
3 | Personaggi sfocati eppure vividissimi
Seguendo questa modalità di progressiva aggiunta di frammenti e di dettagli, e per assurdo anche di loro progressiva sottrazione, procede anche la costruzione dei personaggi secondari di Paesaggio. Oltre a Faye, vengono raccontate con gesto rapidissimo ed ermetico anche le vite degli altri abitanti del villaggio di roulotte: la coppia di anziani, il pugile, il proprietario del villaggio, e sullo sfondo il compagno di Faye.
Il lettore ricostruisce frase dopo frase, inquadratura dopo inquadratura, cosa è successo nelle loro vite, ma c’è sempre qualcosa che sfugge, come se i contorni delle figure rimanessero sfocati. Non capiamo fino in fondo la psicologia di chi abbiamo davanti, non capiamo se è “buono” o “cattivo” e nemmeno, alla fine dei conti, se vive o se muore. Il senso di “irracontabilità” permea tutto il libro, non solo nella sua vicenda principale ma anche nelle storie liminali, confermando questo statuto poetico del lavoro del duo di autori belgi.
4 | Il paesaggio delle emozioni
Lambé ricerca un equilibrio che metta in dialogo tecnica ed emozione in un processo che egli stesso definisce “abitare il disegno”. A partire da questa condizione si sviluppano gli elementi atmosferici, temporali e di luce che danno vita a una sequenzialità quasi mai esplicitamente causale, un universo visuale che crea narrazioni in forma di paesaggio, emotivo e mentale. Interni, esterni, persone, animali, oggetti, trovano spazio e ritmo nelle tavole attraverso analogie visive e metaforiche che contribuiscono a una sintassi poetica del mezzo fumettistico, sul confine straniante tra figurazione e astrazione.
5 | Un’interrogazione attraverso il disegno
Leggere le opere di Lambé è un percorso straniante non solo per il montaggio e la frammentazione, ma anche per la continua apparizione di icone che ci sembrano famigliari e allo stesso tempo nuove. Lambé sembra dispiegare nel suo orizzonte visivo le immagini del mondo, quelle icone tratte dalla storia dell’arte che tante volte il lettore ha già visto.
Non si tratta di un mero gioco di citazioni: Lambé si interroga attraverso l’atto di ridisegnare, impastare, modificare e scarnificare. Si appropria delle figure e ne indaga l’origine, interrogando il nodo centrale del fare arte. Ragionare sulle figure diventa una lingua il cui filo narrativo viene intrecciato più per assonanze, incontri e scontri tra figure che in un sistema strutturato: tra immagine e immagine rimbalza un’eco che crea la storia. In questo flusso narrativo per immagini si innesta una peculiare battaglia con lo stile, che nel lavoro di Lambé non è mai definitivo, ma diventa un ulteriore strumento al servizio della storia.