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BonelliLe 10 migliori serie a fumetti del 2017

Le 10 migliori serie a fumetti del 2017

Dopo avere presentato una selezione dei migliori fumetti Classici pubblicati nel 2017 in Italia, è arrivato il momento di spostare l’attenzione (e la memoria) per guardare ad un altro – nutrito – settore, tra le pubblicazioni apparse nell’anno: i migliori fumetti seriali.

Nel fumetto, diversamente dalla tv, le serie americane non spadroneggiano e, come sempre, tra i manga anche il 2017 ci ha riservato ottime letture, inventive, tese e su temi di attualità come (e più) di tante blasonate serie nordamericane. In particolare l’annata ci è parsa meno felice del solito per casa Marvel: VisioneMs. Marvel e Pantera Nera, che ci avevano colpito – e affondato – negli ultimi due anni, hanno trovato nuova competizione nelle produzioni più recenti di DC Comics, Image Comics, Dark Horse (un segnale su tutti: il passaggio di Tom King, uno dei top writer USA, in esclusiva a DC Comics).

Se il panorama dei comics rispecchia abbastanza l’attualità editoriale americana – alcuni sono tradotti con pochi mesi di ritardo – coi manga il discorso si fa più complicato: nel 2017 abbiamo potuto leggere serie iniziate in Giappone 3 o 4 anni prima. Niente paura, però: si tratta di storie talmente stimolanti e high-concept da non suonare certo sorpassate. Anzi: una di queste sembra fatta per insegnare qualcosa ai nostri politici attuali…

Ci sono anche due serie italiane, nella nostra best of. Una per ragioni un po’ storiche, un po’ sentimentali, visto che ha concluso nel 2017 la sua corsa ventennale. L’altra è invece iniziata da pochi mesi, ma ha già mostrato un sorprendente potenziale, crescendo di episodio in episodio. E poi c’è un albo francese. Uno solo, è vero – d’altronde, proprio in Francia si dibatte di “crisi del fumetto seriale” – ma con un personaggio storico che, davvero, ci ha spiazzato: non ci aspettavamo un colpo di coda così riuscito.

Leggi anche: I 10 migliori graphic novel del 2017

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Mercurio Loi nn. 1-8, di Alessandro Bilotta e disegnatori vari (Sergio Bonelli Editore)

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Dopo l’esordio nel gennaio 2015 in una storia one-shot per la collana Le Storie, il Mercurio Loi di Alessandro Bilotta si è guadagnato una serie regolare interamente a colori che ha esordito in edicola a maggio di quest’anno. Pur partendo con il freno a mano tirato, con il passare dei mesi la serie ha acquistato personalità e spessore – grazie anche a un maggiore affinamento nell’approccio ai disegni, realizzati da autori versatili ma molto personali come Sergio Gerasi, Andrea Borgioli e Sergio Ponchione – fino a diventare tra le più interessanti create in Italia negli ultimi anni.

Mercurio è un eroe ben poco eroe: niente talenti super, niente dispositivi speciali, niente di niente. Si tratta solo di un “flaneur”, un uomo particolarmente brillante a cui piace girovagare – per le strade della sua Roma, nel 1826 – e farsi trascinare dalle emozioni che gli garantiscono incontri, coincidenze e inconvenienti ad ogni angolo. La serie non è però nemmeno una fiction storica, bensì una leggera e svagata passeggiata nella Storia, al cui centro c’è il gusto per la riflessione sui meccanismi del racconto – e della psiche. Il piacere della lettura viene allora dal seguire e prestarsi ad un sottile ed elaborato gioco intellettuale che viene messo in risalto soprattutto in episodi come il quinto (L’infelice, con un antagonista davvero sui generis, che sembra una versione capovolta del Joker) e il sesto (A passeggio per Roma, che racconta di una escursione del protagonista e della sua spalla Ottone tra i vicoli e i tetti di Roma, in una sorta di storia a bivi).

Come per il Ken Parker di Giancarlo Berardi e il Dylan Dog di Tiziano Sclavi, Mercurio Loi trova compimento nella stretta identificazione con il proprio creatore Alessandro Bilotta, di cui afferma in maniera inequivocabile il talento: quello di una forte voce autoriale all’interno del panorama mainstream.

QUI la recensione del primo numero e QUI del quinto.

Dead dead demon’s dededede destruction nn. 1-4, di Inio Asano (Planet Manga)

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Potrebbe sembrare strano inserire Dead Dead Demon’s Dededededestruction tra le migliori serie dell’anno. A conti fatti nelle pagine dei quattro volumi pubblicati da Planeta Manga non succede nulla di davvero importante. Parecchio curioso se si considera che l’intera vicenda prende piede in una Tokyo invasa dagli alieni. Eppure nel mondo di Inio Asano – già autore del celebrato Buonanotte, Punpun – le cose funzionano così. Siamo, forse, in guerra contro una razza proveniente da un altro pianeta, ma nessuno pare farci caso. Nonostante quelle enormi astronavi sopra la nostra testa non riusciamo a distogliere l’attenzione dalle nostre piccole esistenze e dalle distrazioni ogni giorno. Poco importa se il mondo potrebbe essere sull’orlo di una crisi senza precedenti.

Ancora una volta il mangaka riesce a dare un ritratto spietato e cinico della società nipponica, senza rinunciare al suo consueto amore per i personaggi. Graficamente si tratta di un lavoro splendido, che non ha paura di risultare accattivante anche in maniera smaccata, dove Asano e i suoi assistenti dimostrano di riuscire a far convivere passione per il dettaglio più minuto a una stilizzazione mai fine a se stessa. A conti fatti si tratta di uno dei titoli più moderni e trasversali dell’anno. Oltre che una dimostrazione perfetta di quanto l’autore sia riuscito a rimanere coerente alla sua poetica anche immergendola in un contesto a lui piuttosto lontano come la fantascienza.

Sheriff of Babylon vol. 1, di Tom King e Mitch Gerads (RW Lion)

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Per riprendere uno slogan ormai abusato, se quest’anno doveste leggere un’unica serie a fumetti americana, allora che sia Sheriff of Babylon. Sceneggiata da Tom King (tra gli autori statunitensi più “caldi” del momento, pluripremiato per Visione e Omega Men) e disegnata da Mitch Gerads, è tra le serie più interessanti della linea Vertigo di DC Comics pubblicate negli ultimi anni. Se non addirittura la migliore, come ha scritto Andrea Fornasiero.

Questo verdetto è dovuto soprattutto alla grande capacità di King di mescolare – con grande coerenza – attualità politica, esoterismo, azione e thriller. Sheriff of Babylon è infatti ambientata a Baghdad poco dopo la caduta del regime di Saddam Hussein e segue le indagini dell’ex poliziotto, e ora consulente militare, Chris Henry tra le rovine della capitale irachena, in seguito all’omicidio di un suo cadetto.

La grande fedeltà dei dettagli è dovuta in particolare al fatto che lo stesso sceneggiatore è stato in Iraq nel 2004, quando lavorava per la CIA. Ma anche Gerads ci ha messo molto di suo, rappresentando con estrema precisione armi, divise e luoghi. Il volume pubblicato da RW Lion raccoglie – giustamente in un’unica soluzione – l’intera limited series in 12 parti, uscite negli Stati Uniti tra il 2015 e il 2017, che compongono un unico grande arco narrativo.

QUI la nostra recensione.

The Private Eye vol. 1, di Brian K. Vaughan e Marcos Martin (Bao Publishing)

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Dalla mente di Brian K. Vaughan, sceneggiatore responsabile di alcuni dei fumetti americani più interessanti degli anni Duemila (avete mai sentito parlare di Saga o del memorabile Y – L’ultimo uomo?) e dalla matita dello spagnolo Marcos Martin, devoto di Steve Ditko, nasce The Private Eye. Un noir distopico che ragiona sul nostro futuro digitale. Ideato come webcomic seriale e pensato per la lettura in formato panoramico su tablet e PC (in rigoroso 16/9), il fumetto è stato proposto sul sito Panel Syndicate con un metodo abbastanza nuovo: file senza DRM e prezzo a offerta libera (in stile Radiohead, per intenderci, e quindi sì: anche 0 €/$). Poi ci ha pensato Image Comics a stamparlo come graphic novel, ed è arrivato anche in Italia nella traduzione di Bao Publishing.

Ma il punto vero è il racconto. Siamo in un’era senza più Internet, a causa di una techno-tragedia: il cloud che conteneva tutte le informazioni in rete è saltato. Risultato: la linea di separazione tra pubblico e privato non esiste praticamente più. Ora, al posto del Controllo della Privacy di Facebook abbiamo maschere e travestimenti. In questo scenario post-apocalittico i giornalisti sono diventati forze dell’ordine, mentre i paparazzi hanno assunto il ruolo di detective privati, muovendosi nella zona grigia della legalità. Tra un tripudio di colori pastello, tavole cinematiche, un ripensamento dell’hard boiled, dialoghi taglienti, una trama intrecciata e un epilogo non scontato, The Private Eye è senza dubbio una delle speculazioni più riuscite sui nuovi rischi della vita online.

QUI il nostro approfondimento.

Demokratia nn. 3-5, di Motoro Mase (Planet Manga)

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Dopo averci stupito con Ikigami, Motoro Mase torna con una nuova storia che è contemporaneamente una radicale riflessione su internet, intelligenza artificiale e democrazia diretta. I due studenti universitari Maezawa e Iguma creano in segreto un’androide del tutto simile a un essere umano e un software che connette tremila persone in maniera casuale. Queste, tramite un particolare sistema di voto di maggioranza, decideranno i comportamenti del robot, che si appresta a vivere nel mondo reale come una persona vera. L’idea alla base del loro progetto? Un’utopia: plasmare l’“essere umano ideale”, gestito dal sapere e dalle scelte di una community web.

Le cose, però, non vanno proprio per il verso giusto e durante i cinque volumi che compongono la storia ne succedono letteralmente di tutti i colori. La community si ritrova a confrontarsi tra sfide decisionali di ogni tipo e scene anche piuttosto shoccanti, in un tripudio di colpi di scena che sfocia in un finale dal retrogusto sci-fi.

Grazie a una storia che ragiona quantomai su temi d’attualità e perfino sui comportamenti e le regole della società (giapponese) contemporanea, Demokratía risulta essere uno dei manga più acuti e attuali degli ultimi anni, che cerca di raccontare i limiti della relazione tra internet e democrazia, mostrando la deresponsabilizzazione dei “leoni da tastiera” e sottolineando l’irriducibilità delle scelte individuali.

Doom Patrol vol. 1, di Gerard Way e Nick Derington (RW Lion)

doom patrol

La nuova Doom Patrol è una di quelle serie in cui succedono tante cose strane che paiono buttate lì a caso. Poi, con il passare delle pagine, tutto va al suo posto e la storia ritrova una logica interna. Forse in questo caso le cose non vanno proprio così lisce, nel senso che spesso si ha la sensazione che certe scelte siano strane per il puro gusto di esserlo ma, a conti fatti, c’è di che divertirsi.

Il cantante degli ormai sciolti My Chemical Romance, Gerard Way, si dimostra la persona giusta su cui scommettere per tirare le fila di tutta la nuova linea Young Animal di casa DC Comics. Ed anche come sceneggiatore conferma quanto di buono visto sulle pagine di Umbrella Academy qualche anno fa. Quanto pubblicato fino ad ora ce lo presenta come una versione ultrapop e parecchio ammiccante di Grant Morrison, suo principale sponsor agli inizi della carriera e autore della Doom Patrol originale.

Le matite di Derington sono poi perfette nel tratteggiare un mondo fresco e colorato, spesso al limite del cartoon e mai privo di un certo umorismo surreale. Il design dei personaggi è strepitoso e riesce a far svettare questa bizzarra squadra di outsider come una delle più interessanti di tutto il fumetto seriale statunitense del momento. Completano l’opera una serie di variant cover, una volta tanto, davvero interessanti, da Farel Dalrymple a Brian Chippendale.

QUI la nostra recensione.

Rat-Man nn. 118-122, di Leo Ortolani (Panini Comics)

rat-man fine 122 leo ortolani panini comics

La serie di Rat-Man si è conclusa. Questa volta per davvero. Poco importa che circa un mese dopo l’ultimo numero sia uscito il volume C’è spazio per tutti con protagonista proprio il Ratto o se, in futuro, Panini e Ortolani hanno lasciato intendere che ci saranno altri appuntamenti speciali di questo tipo. La vicenda di Rat-Man è arrivata a conclusione, dopo quasi 30 anni dal debutto del personaggio e una ventina dalla serie regolare.

La saga finale ideata da Leo Ortolani ha tirato le fila di tutta la continuity del personaggio, ha risolto i misteri lasciati aperti nel corso degli anni e ha chiuso tutte le trame in modo coerente e ordinato. E nel frattempo ci ha raccontato una storia di proporzioni epiche con il confronto definitivo tra l’eroe e la sua più grande nemesi, l’Ombra, coinvolgendo tutti i personaggi visti in questi anni e regalandoci qualche momento di pura e sincera emozione.

Anche se con qualche momento di stanca al suo interno – come del resto è prevedibile, in una storia così lunga – la saga finale di Rat-Man è un mosaico complesso e articolato che appassiona ed emoziona. Soprattutto, è il tipo di finale che la serie e il personaggio meritavano.

QUI i recap di tutti gli episodi della saga conclusiva.

Black Monday vol. 1, di Jonathan Hickman e Tomm Coker (Mondadori Oscar Ink)

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E se la finanza internazionale fosse controllata da un gruppo ristretto di persone, formato da emissari del demonio? Questa la premessa di Black Monday, la nuova serie Image Comics ideata da Jonathan Hickman per i disegni di Tomm Coker. Dal crollo di Wall Street del 1929 – che portò alla Grande Depressione – e il Lunedì Nero (il “Black Monday” del titolo) che colpì i mercati finanziari nel 1987, fino alla crisi globale del 2008, il fumetto di Hickman è un viaggio nel tempo che mischia realtà e finzione, economia ed esoterismo, noir e avventura.

Le tavole di Coker, caratterizzate da un segno realistico e una colorazione molto cupa, si alternano a pagine di testi, appunti e infografiche che vanno a formare una storia complessa e stratificata. Una lettura da affrontare con calma, lasciandosi guidare dagli autori che compongono un puzzle intrigante e ambizioso. Quest’ultimo aggettivo ben si addice al lavoro di Hickman, che negli anni ha cercato di creare veri e propri mondi narrativi. Opere come The Manhattan Projects ed East of West, ma anche il suo ciclo sui Fantastici Quattro e i Vendicatori, sono lì a ricordarcelo. E Black Monday a ribadirlo.

QUI la nostra anteprima.

Lucky Luke. Jolly Jumper non parla più, di Guillaume Bouzard (Nona Arte)

lucky luke bouzard migliori serie fumetti 2017

L’ultimo volume delle Avventure di Lucky Luke dopo Morris non è disegnato dal solito Achdé, erede del creatore del cowboy, ma da Guillaume Bouzard, che propone la sua personalissima versione del personaggio. Autore anche dei testi, Bouzard si diverte a giocare e a smontare i cliché della serie, a partire da quello che dà il titolo alla storia, ovvero il rapporto tra Lucky Luke e il suo cavallo. Jolly Lumper ha infatti smesso di rispondere al suo padrone nel suo solito modo arguto e un po’ cinico e si è chiuso nel mutismo assoluto, naturalissimo per un equino ma che diventa un’ossessione per il cavaliere solitario.

La trama, esilissima, passa quindi in secondo piano rispetto alle gag intorno alle quali Bouzard imbastice il volume. Da vero conoscitore del personaggio, l’autore scrive battute che non possono lasciare indifferenti i suoi lettori più affezionati, sia che riguardino l’abbigliamento di Lucky Luke, sia il suo vizio di portare una spiga di grano in bocca, sia l’incapacità di chiunque di distinguere i due Dalton “di mezzo”. Un albo ricco di strizzate d’occhio, che smonta con amore il mito del personaggio di Morris costruito in settanta anni di storie, ma che è in grado di divertire anche un lettore occasionale. In poche parole, l’albo di Lucky Luke più divertente degli ultimi quarant’anni, e il migliore dai tempi del Maestro della Commedia, René Goscinny.

QUI la nostra recensione.

Harrow County vol. 3, di Cullen Bunn e‎ Tyler Crook (ReNoir Comics)

Harrow County migliori serie fumetti 2017

Harrow County è una serie rivelazione degli ultimi anni, un horror decisamente classico, ma in grado di nascondere qualcosa di più complesso, nel perfetto stile darkeggiante delle migliori serie Dark Horse. La storia è una sorta di romanzo di formazione di una piccola strega, mostrato in un’ottica lontana dalla dialettica tra paganesimo e cristianesimo, ma differente anche rispetto ad altre esperienze del genere, come il film The Witch. Nel terzo volume, uscito durante quest’anno, la serie prende una piega più regolare, ampliando gli scenari e le atmosfere, senza affidarsi alla sola tensione immediata dei primi episodi.

Dopo che nel primo volume era stata raccontata la storia della singolare popolazione di Harrow County e della giovane Emmy, i poteri della ragazza si manifestano aprendo prospettive agli sviluppi del racconto, sempre segnato da tinte soft horror. Scritto da Cullen Bunn (The Sixth Gun), Harrow County si avvale dei disegni pittorici di Tyler Crook (B.P.R.D.) e di altri collaboratori.

Uno dei punti di forza di Harrow County sta nella sua capacità di rivolgersi a un pubblico giovane senza deludere i lettori più maturi. Il suo “southern gothic” si inserisce nella tradizione dell’horror americano più classico senza sconvolgere, ma rivisitandone gli stilemi con esperienza e gusto.

QUI la recensione dei primi due volumi.

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