“Days of Hate”, la distopia di Aleš Kot e Danijel Žeželj

Tutti i mercoledì negli Stati Uniti vengono pubblicate decine di albi a fumetti. Ogni Maledetta Settimana è la rubrica che tutti i venerdì, come un osservatorio permanente, racconta uno (o più) di questi comic book.

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Una donna bianca, Amanda, e un nero indagano la scena di un crimine d’odio, ossia un incendio che ha devastato una festa gay e sul quale è stata lasciata una svastica dipinta. Li ritroviamo quando la donna si infiltra in un gruppo di estremisti di destra, nazi li chiama lei, anche se loro preferiscono Alt-Right. A sua volta è motivata dall’odio, o meglio dalla vendetta, che intende mettere in pratica con un ordigno.

Contemporaneamente una donna cinese-americana, Xing, appassionata di falconeria, nei pressi di New York riceve la visita di due agenti e si ritrova interrogata da Peter Freeman, investigatore capo della polizia speciale e nazionale per le questioni di terrorismo domestico. Hanno nel mirino Amanda, con cui Xing è stata sposata e, anche se la cinese ha più di una critica sull’operato del governo, è a sua volta l’odio a motivarla. Si segue infatti l’adagio della celebre frase di William Congreve: “Hell hath no fury like a woman scorned”, ossia non c’è furia peggiore neppure all’inferno di quella di una donna tradita. Ancora peggio se si tratta di una madre come in questo caso.

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Così in un futuro dove gli Stati Uniti hanno preso una piega fascista e istituito campi di lavoro per i prigionieri “politici”, mentre i personaggi radicalizzati si lamentano per una società resa apatica dal regime, altri covano rancori personali in un crescendo letteralmente esplosivo. Basta questo primo numero di Days of Hate, maxiserie Image da dodici episodi firmata da Ales Kot e Danijel Žeželj, con i colori di Jordie Bellaire, per dire che si tratterà di uno dei fumetti americani più importanti dell’anno.   

Del resto la collaborazione tra Kot e Žeželj pare un connubio perfetto. Entrambi europei di Paesi difficili, il primo della Repubblica Ceca e il secondo croato di Zagabria, condividono una propensione filosofica per raccontare una società pronta a ridursi in macerie, un’ambiente urbano attraversato da pulsioni distruttive e da ideologie capaci di dare fuoco a tutto. Infatti Kot ha raccontato di aver contattato Žeželj già nel 2010, quando ancora non aveva pubblicato praticamente nulla, dicendogli che avrebbe voluto collaborare con lui. Il disegnatore si è interessato a Kot solo nel 2015, con la pubblicazione di Zero, e da allora hanno cercato un progetto che li unisse. Kot si dice ispirato a L’armata degli eroi di Jean-Pierre Melville, La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo e Z, l’orgia del potere di Costa-Gavras, ossia «al cinema di guerra e rivoluzionario e al thriller politico, tutti e tre insieme e in modo assolutamente disinteressato all’idea che l’arte possa esistere senza politica».

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Dal canto suo Žeželj spiega: «Le aree urbane decrepite sono da sempre il paesaggio che più mi ispira. Le trovo emotivamente cariche, vive e simboliche al tempo stesso, è come se gli edifici industriali decaduti fossero scheletri di sogni infranti. I graffiti e i segni sui pavimenti di cemento sono un nuovo alfabeto. Ci sono interi libri scritti sulle mura di ogni grande città».

E infatti la storia spazia tra Los Angeles e New York, perché racconta Kot: «Volevo iniziare con la dualità. Due protagonisti, due città. New York e Los Angeles sono due interi, ma sono anche due parti che si uniscono fluidamente in qualcosa di più grande: la perfetta rigida griglia della prima e il confuso oceano della seconda, il modo in cui una è città mentre l’altra è un luogo selvaggio che si maschera come una città, l’una soffocata dal caldo e l’altra coperta di neve e ghiaccio per metà dell’anno. Ovviamente per scrivere degli Stati Uniti oggi, restare solo in queste due città sarebbe sbagliato, per cui ci muoveremo su tutta la mappa, ma senza mai lasciare il Paese».

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E se non vi bastassero le idee di Kot, considerate come permetta all’arte di Žeželj di esprimersi al suo meglio, sugli scenari che più ama frequentare e allo stesso tempo con uno storytelling dove i cambi di scena passano per i dettagli, che siano un uccello in volo o una macchia di sangue sul muro, che si riflette nel bagliore di luce di un lampione.

Il finale dell’albo poi davvero lascia respirare Los Angeles come fossimo in Collateral di Michael Mann, o nelle inquadrature aeree e notturne degli snodi di traffico di True Detective 2. Una labirinto curvilineo di sagome e ombre che si confondo nella notte mentre il bagliore delle fiamme brucia in lontananza.

Bonus 1: James Bond – The Body

James Bond The Body

Caso vuole che questa settimana sia iniziata anche un’altra serie di Aleš Kot, che qui si cimenta con James Bond, accompagnato dalle matite – diremmo digitali – di Luca Casalanguida e dai colori di Valentina Pinto.

Diciamo subito di aver trovato Casalanguida un po’ migliorato rispetto alle storie con Andy Diggle, e qui il suo massiccio Bond sembra guardare al Punitore di Parlov, del resto si tratta di una storia che fin dal titolo vuole recuperare la dimensione fisica del personaggio. Se poi le scene all’immancabile party diplomatico di lusso per cui passa l’agente speciale sono poco riuscite è in fondo un difetto trascurabile. Certo lo sarebbe di più se non gli si fosse dedicata una splash page, ma siamo pure certi che con Kot si conosca meno di Zezelj e dunque i due debbano ancora prendere un po’ di confidenza nei mezzi l’uno dell’altro.

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Il racconto è incorniciato da un dottore che visita Bond e lo riassesta dopo il combattimento, immaginando vicende iperboliche con elicotteri e motoscafi, mentre la realtà è molto più cruda e prosaica. Il prossimo capitolo probabilmente ripeterà una struttura simile, passando a una visita di salute mentale (si intitolerà infatti The Brain), nel mentre l’agente segreto cercherà di venire a capo della cospirazione in cui era finito, suo malgrado, l’avversario di questo primo episodio. Al punto che affiora nella rocciosa spia un insolito vago senso di colpa insieme a una fredda determinazione alla vendetta. Un inizio convincente, il primo dai tempi del rilancio del personaggio firmato da Warren Ellis.

Bonus 2: Ice Cream Man #1

Ice Cream Man

Dopo The Electric Sublime, W. Maxwell Prince e Martin Morazzo tornano a collaborare su una serie Image, uno strano horror ambientato nei perfetti e inquietanti sobborghi americani dove dietro il passaggio del camioncino del gelato si nasconde un mostro dagli inquietanti poteri.

Sembra una storia da Ray Bradbury, di cui è difficile dire anche chi siano i protagonisti, se non forse per una detective in cerca di risposte e con strane allucinazioni auditive. Tra gli altri un bambino cerca di vivere come se niente fosse con il ragno velenosissimo che gli ha ucciso i genitori e, nella foresta, una donna ha visto una sorta di licantropo. Ma l’uomo del gelato è molto di più che un mutaforma e dimostra anche di poter trasformare le cose – ovviamente in gelato. Sembra una creatura uscita dalla mente di Stephen King, calata però in uno scenario più allucinato.

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Morazzo, questa volta colorato da Chris O’Halloran, mantiene un gusto da linea chiara rivolto a Frank Quitely ma, nello storytelling e a volte nei tagli delle ombre, sembra ispirarsi anche agli argentini Eduardo Risso e Leandro Fernandez.

Bonus 3: The Further Adventures of Nick Wilson #1

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Eddie Gorodetsky, sceneggiatore di comedy televisive da Willy, il principe di Bel Air fino a Due uomini e mezzo e Mom, di cui è anche ideatore, aveva esordito nel fumetto con l’albo antologico queer Love Is Love e ora torna come co-sceneggiatore della sua prima miniserie, per Image, in The Further Adventures of Nick Wilson, di cui va subito detto che non esistono avventure precedenti.

Scritta insieme a Mark Andreyko (Manhunter, Case Files: Sam & Twitch) e disegnata da Stephen Sadowski (Avengers/Invaders) con gli Hi-Fi Colour Design, racconta di un supereroe che ha perso i poteri e la fama e ora finge di essere un imitatore di se stesso per lavorare come animatore. La sua è una vita precipitata dalle stelle alle stalle, al punto che non trova sollievo nemmeno nel sesso, non potendo più ripetere le super-perfomance di una volta. Nick prova a ricontattare una sua fiamma del college, a sua volta piuttosto sfiorita, e passa con lei un piacevole pranzo, ma un incidente l’ha fatto di nuovo finire sui giornali, destando l’attenzione di un uomo misterioso e potente.

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Dove vada a parare la storia non è chiarissimo, ma come commedia funziona grazie ai dialoghi brillanti, che tutto sommato sono ben accompagnati dalla recitazione di Sadowski, disegnatore tutt’altro che fenomenale, ma piuttosto azzeccato su un progetto come questo.

Bonus 4: Damage #1

Damage dc comics

Inizia la New Age of Heroes della DC Comics e parte come peggio non si poteva. La prima testata è dedicata a Damage, misterioso personaggio simil-Hulk che ha poteri fisici spaventosi ma solo per un’ora, dopodiché gli servirà una giornata per ricaricarsi. Gli dà la caccia un’agenzia governativa, ma senza successo, così interviene Amanda Waller con una versione più potente del solito della sua Suicide Squad, che però abbiamo visto già sconfitta proprio nelle prime pagine di quest’albo, in una sorta di flash-forward.

damage dc comics

Sembra in sostanza di vedere una serie Image Extreme degli anni Novanta, tutta distruzioni, eroi armati e cazzuti, personaggi isterici e splash page come se non ci fosse un domani. Come allora infatti l’autore principale è il disegnatore, accreditato prima dello scrittore, e così Tony Daniel, che per altro ha perso da tempo la carica un po’ cartoonesca alla Capullo in favore di uno stile più piatto e patinato, ci ricorda che non basta saper disegnare per saper raccontare. L’albo è infatti una catastrofe prima di tutto come storytelling e Robert Venditti non aiuta con dialoghi che sembrano già letti migliaia di volte.