“Axis mundi”, le possibilità del cosmo a fumetti

L’universo del racconto è un aleph al cui interno sbirciare l’infinito delle sue possibilità. Non ha fondamenta in un terreno stabile e solido, bensì nell’accumulo dei continuum paralleli, morbidi e gommosi, argilla da indurire nell’altoforno della creatività. A fronte di potenzialità illimitate, sulla carta, sullo schermo e nella vostra testa finiscono tuttavia solo un numero concreto e palpabile di righe, bit, immagini e parole. Altrimenti la mente crollerebbe davanti al caos vorticante dei multiversi della narrazione.

Nel fumetto questo significa in soldoni che le storie devono forzatamente concretizzarsi in un numero di pagine prestabilito. E ambientarsi nell’attimo, persino quando questo viene trasceso grazie alle potenzialità del mezzo stesso. In questo modo la singola pagina (o vignetta, o balloon, spazio bianco e transizioni) può trasformarsi per pura magia psichica in spazio-tempo cristallizzato su carta: l’incarnazione del racconto.

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Axis Mundi fumetto

Noialtri siamo costretti a subire, qui sulla Terra fangosa e materiale, un destino simile e ancora più misero: una gamma molto più limitata d’impressioni e anni di vita caduca e in deperimento. Allegria.

Nell’intrico dello scorrere delle storie, però, si annida il potere risolutorio che Simone Pace e Kevin Scauri hanno cercato e sperimentato con successo. Quell’ascensione sublime che capita in dono a chi scappa dalle gabbie della convenzione, dell’abitudine e della fisica classica (a voler essere impietosi: il fumetto becero e lineare). Qui vivono gravitoni e la teoria del tutto è stata finalmente scavata dalla materia nera del cosmo.

I due, rispettivamente ai disegni e alla scrittura, fanno parte del collettivo e marchio d’autoproduzione Sciame Press, già dietro alle orde a fumetti di Armata Spaghetto (un consiglio: recuperate i tre numeri ad ora usciti). In Axis Mundi però si confrontano con tutt’altra magnitudo di grandezza: un cosmo a colori e fluorescenze acide. Il tipo di opera che tende a incanalare la forza anarcoide di diversi decenni di fumetti più o meno sotterranei con una visione totalmente pop dell’immaginario contemporaneo.

Nello specifico, però, l’idea del lavoro nasce «da Pace, che voleva semplicemente disegnare una storia veloce, senza preoccuparsi della scrittura», ci racconta Scauri. «Mi aveva chiesto di scriverla, lavorando entrambi nello stesso collettivo e conoscendoci bene. Stava anche prendendo in considerazione il genere sci-fi, perché nell’ultimo anno gli avevo prestato dei volumi di Leiji Matsumoto da leggere e si era davvero appassionato a quella particolare visione fantascientifica, arrivando a leggersi quasi l’opera omnia dell’autore. Voleva anche misurarsi con un genere che aveva sempre seguito, ma che aveva portato pochissimo su carta. Inutile dire che mi invitava a nozze, essendo la fantascienza uno dei miei generi prediletti. Inoltre, pure io avevo voglia e bisogno di scrivere per qualcuno, mettendo anche in pratica quanto avevo appreso in un recente tirocinio presso la Sergio Bonelli Editore e presso Roberto Recchioni. Volevamo entrambi un prodotto veloce, divertente ma comunque ben ragionato. Da qui ho iniziato a pensare alla storia e alla sua particolare struttura, confrontandomi e consultandomi con Simone».

Axis Mundi fumetto

Curiosamente, in Axis Mundi, questo discorso di velocità si esplicita in maniera del tutto particolare. Ovvero richiamando la gamma cromatica e il fare scanzonato di un Mike Allred che dialoghi ubriachissimo con Jacovitti, dopo che entrambi si sono guardati per diversi giorni l’insieme dei prodotti Cartoon Network. La forma si accompagna alla sostanza del titanismo galattico di Jack Kirby, a sua volta ibridato a dovere con influenze esplicitamente sci-fi (dalla fantascienza classica e canonica ai più recenti Steven Universe e Rick & Morty).

Tutto questo però non basterebbe, se non fosse che i due intavolano un discorso che, dietro alla patina di classico intrattenimento, riesce a sintetizzare una storia che guarda all’essenza stessa del racconto di cui dicevamo all’inizio. Lascia cioè al lettore la libertà totale di scardinare da sé i limiti di quanto narrato. Chi legge può immaginare – ed anzi è proprio invitato a farlo – quanto avviene fuori scena, tra un pianeta e l’altro, nello spazio siderale e al di fuori di ogni linearità della storia.

«Avevamo intrapreso entrambi questo progetto col cuore gonfio d’amore per l’opera di Leiji Matsumoto», continua Scauri. Inoltre volevo provare a fare narrativamente qualcosa di diverso, di particolare, e il contesto sci-fi era un giocattolo dalle infinite possibilità, coi suoi viaggi temporali, le sue ispirazioni inesauribili e le sue regole completamente malleabili. Per cui tutto è partito fondamentalmente da Galaxy Express 999: ogni pianeta su cui capitavano i protagonisti durante il loro lungo viaggio era un racconto a sé stante, un mondo con proprie regole, una propria storia diversa da tutte le altre e con una sua morale di fondo. Ogni corpo celeste era una saga magnifica e autoconclusiva della durata di una dozzina di pagine. Da qui ho voluto estremizzare l’espediente e rendere ogni singola pagina un pianeta a sé, tassello però di una storia e un’ambientazione più ampie. Da qui i riferimenti visivi e immaginifici di entrambi noi autori sono stati innumerevoli e ogni volta diversi a seconda del nuovo mondo che si andava a descrivere con le sue particolari unicità, nuovamente sia visive che concettuali».

Axis Mundi fumetto

È così che, mentre l’universo collassa, il lettore segue le vicende di esseri fatti di cristallo, assassini intergalattici, distruttori di mondi, nuclei famigliari sui generis, amicizia trascendentale, entità robotiche, suicidi, genocidi, amore: pochi scampoli, lampi di vita raccontati in sintesi di vignetta e ventiquattro rapide tavole come rapida è la vita dell’universo. E l’eroe, il protagonista, diventa un’entità metafisica, quasi sempre fuori scena, più pensato che esperito.

«La composizione dell’opera, la sua struttura quasi a puzzle, era stata una delle prime idee messe sul tavolo, diventando un po’ il perno intorno al quale abbiamo costruito il resto, ovviamente affinandolo e contestualizzandolo meglio», ci spiega Scauri. «La lavorazione pratica è durata sorprendentemente poco, tralasciando brainstorming iniziali e tutta la parte preparatoria. In meno di un mese, contando da quando ho iniziato a scrivere il primo vero soggetto di una pagina, abbiamo realizzato il volume. Avevo davanti diversi canovacci e mappe concettuali che riassumevano la trama generale mentre scrivevo le sceneggiature delle singole pagine. Utilizzavo il metodo italiano/bonelliano, impostavo quindi tutto io (gabbie, inquadrature, soggetti e testi) e le inviavo a Simone subito dopo i vari controlli e proofreading, insieme a degli storyboard molto rudimentali. Simone però è una delle mani più veloci dell’italico far-west fumettistico. Infatti, nonostante cercassi di mandargli circa due pagine sceneggiate al giorno (alle volte riuscendo ad arrivare anche a quattro) lui riusciva sempre a starmi calle calcagna, facendo altrettante tavole al giorno, e non lasciandomi quindi guadagnare alcun vantaggio. Si può dire che siamo arrivati alla finish line quasi in contemporanea. C’era ovviamente confronto durante la lavorazione, sia sulle immagini (Simone ha dovuto ridisegnare qualche vignetta) che sui testi (anche io ho dovuto riscrivere qualcosa), ma tutto sommato siamo rimasti entrambi concentrati ognuno sui propri ruoli, riuscendo, almeno per noi, a portare a casa il risultato. Nella fase finale ci ha dato una mano il terzo membro fondatore di Sciame: Maurizio Lacavalla. Ci ha aiuto nell’editing, nelle correzioni, nel lettering e nell’impaginazione».

Un lavoro, quindi, che porta su carta la stessa urgenza d’idee e realizzazione che ha contraddistinto la pratica dei due autori. Una prassi che ha dato vita a un universo speciale, visualizzato a tinte piatte e colorato in digitale, con una palette tra il rosa spento e la controparte violetta e violenta, tinte celesti e verdemare metalizzate, striature di legno, grigi e crema a sovrintendere l’occhio: una combinazione indimenticabile. Peraltro realizzata «totalmente a istinto», dice Simone Pace. «Leggevo le sceneggiature e mi figuravo in testa i colori che meglio avrebbero reso l’atmosfera della tavola».

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Sulle influenze, invece, Scauri spiega: «Sono un grande fan della fantascienza in generale. Sono cresciuto con storie dai toni più vicini all’hard sci-fi (alcuni racconti di Isaac Asimov, ad esempio, e la serie manga 2001 Nights), con una messa in scena tecnologica e scientifica più realistica, ma contemporaneamente sono un grande appassionato di science fantasy (Star Wars) o comunque dei rami meno “integralisti” della fantascienza, meno accurati scientificamente ma più sentimentali, più lirici, e con idee estremamente aliene e improbabili, proprio per queste così interessanti. Ho voluto inserire entrambi questi aspetti nell’opera, attingendo per dei concept da diversi studi e speculazioni con reali basi scientifiche, ma evitando che questi elementi prevalessero su quanto volevo trasmettere e raccontare tramite una narrazione, dei testi e un focus più umano, più concentrato sul particolare e sui sentimenti e utilizzando un’immaginazione selvaggia, non vincolata ad alcuna legge».

Un lavoro che ha portato l’autore a documentarsi sempre di più: «Per iniziare ho svolto diverse ricerche e letture di fisica e cosmologia, ho trovato interessante il concetto di Big Crunch (l’ipotetica implosione dell’universo) e le sue possibili conseguenze, scegliendo infine uno scenario che ignorasse moltissime simulazioni e leggi della fisica ma di grande impatto e giocabilità narrativa: cosa succederebbe se i margini dell’universo si restringessero, trascinando quindi i vari corpi celesti sempre più verso il centro e ammassandoli gli uni sugli altri, annullando di fatto la concezione di spazio in quanto immensa vastità siderale, ricca di enormi e oscuri vuoti? Il tutto è poi stato cucito sulla struttura narrativa scelta, sfruttando anche i vari tropi della fantascienza. Il resto del mondo, per la brevità della storia, è stato descritto in maniera semplice attraverso le varie tavole dell’opera, come finestre aperte sui mondi più disparati. Infatti ho cercato, tramite un’umanizzazione interna dei personaggi, di rendere questi contesti apparentemente alieni al lettore, come un qualcosa di comunque familiare, per fargli quindi accettare le varie e possibili follie marziane come culture lontane e diverse ma facente parti dello stesso mondo-universo. Un eschimese parla una lingua differente, ha sistemi economici e sociali incomprensibili per noi (l’alieno magari sanguina o respira anche diversamente), ma ognuno è conscio dell’esistenza delle altre razze e culture, unificate in Axis Mundi dall’abitare un universo che di fatto si sta facendo sempre più piccolo e umano».

Che è il motivo per cui, al di là di ogni unità di tempo e di luogo, Axis Mundi è qui per farvi crollare la terra sotto ai piedi e farvi volare con l’immaginazione.

Axis Mundi
di Kevin Scauri e Simone Pace
Sciame Press, gennaio 2018
spillato, 24 pp., colore
4,00 €