5 motivi per leggere “L’uomo alla finestra” di Mattotti e Ambrosi

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Nella rubrica ‘BBB Consiglia’, ogni mese, il festival bolognese BilBOlbul seleziona un’opera a fumetti di particolare valore e interesse, offrendo una lista di buone ragioni per leggerlo. Questo mese parliamo de L’uomo alla finestra, un libro di Lorenzo Mattotti e Lilia Ambrosi pubblicato da Feltrinelli nel 1992 e ora riedito da Logos.

Mattotti uomo alla finestra fumetto

1| Un graphic novel ante litteram

Quando L’uomo alla finestra uscì per la prima volta, nel 1992, si presentava come uno strano, inclassificabile oggetto editoriale: un “romanzo per immagini” recita la bandella del volume, che dichiarava la sua natura letteraria già nel piccolo formato e nella collocazione all’interno di una delle collane maggiori di Feltrinelli. Ma letteraria – riferita a un romanzesco moderno, dove non è l’intreccio a condurre la partita – era soprattutto la materia intimista del racconto, e le scelte stilistiche che le davano forma.

Una storia contemporanea di sentimenti, dunque, dove il tema – percepita l’evanescenza dell’amore e dell’arte – è sostanzialmente il tentativo di dare un senso alle cose, alla propria esistenza. Eppure, per quanto comoda possa sembrare l’assimilazione ai graphic novel che di lì a vent’anni avrebbero conquistato le librerie, L’uomo alla finestra si presenta ancora oggi come un unicum sorretto da un’irriducibile originalità di approccio. Un libro che non appartiene a nessuna specifica corrente e non dovrà mai portare il peso di una moda.

2| L’avventura della vita quotidiana

Oggi è normale per il fumetto occuparsi di storie quotidiane, di vite comuni. Dalle storie di Zerocalcare al Gipi di La mia vita disegnata male; da Lo scontro quotidiano di Manu Larcenet al Jimmy Corrigan di Chris Ware, solo per citarne alcuni, i fumetti sono popolati di personaggi che, proprio come i loro lettori, vivono esistenze ordinarie. Ma nel 1992 non era questa la norma: il fumetto parlava del mondo fuori, metteva in sequenza azioni più che pensieri e sentimenti.

In questo senso, L’uomo alla finestra è una piccola anomalia per l’epoca: il suo protagonista è uno qualunque – lavora, parla con gli amici, si innamora, si annoia e soffre, come tutti. Mattotti non disegna grandi avventure né colpi scena, ma un mosaico interiore che si compone di una miriade di gesti, luoghi, parole, oggetti, ma anche sogni e deliri quotidiani, e finisce per mostrare, nella semplicità apparente di una vita come tante, la complessità del vivere.

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3| Un irripetibile equilibrio tra parole e disegni

Da una parte L’uomo alla finestra è il primo tentativo da parte di Mattotti di raccontare una storia lunga facendo a meno della carica emozionale del colore. La sua “linea fragile” appare qui un campo di forze in perpetua mutazione, una tesa variazione sul tema della cicatrice. È un segno scarno ma non sintetico, carico di emozioni, invece, e capace di raccontare sentimenti e pulsioni con il semplice muoversi nella pagina. Dall’altra c’è una lingua che è tutto un fiorire di accenti lirici, sinestesie, metafore, aforismi nascosti e suggestioni visive. Quello di Lilia Ambrosi è un testo evocativo che vive di un proprio respiro (provate a leggerlo coprendo le figure).

A volte si ha l’impressione che facciano a gara tra loro, ma in questo libro parole e immagini condividono lo stesso partito preso della bellezza, la stessa profonda fiducia nel disegno e nella poesia. O, ancora meglio, nelle possibilità dello sguardo, la vera forza che sostiene questo precario, irripetibile equilibrio.

4| Una continua dissolvenza incrociata

Oltre al ruolo prettamente stilistico e segnico, la linea fragile di Mattotti, le cicatrici vibratili che l’autore lascia sulla pagina, ne svolgono un secondo non meno importante. Si dice spesso della vicinanza tra fumetto e cinema, riguardo inquadrature e montaggio, ma è ovvio che se il cinema è continuo, e può mostrare il movimento, il fumetto è discreto, e deve scegliere altre vie per suggerire la transizione.

Il segno di Mattotti riesce a evocare su carta quelle che in termini cinematografici chiameremmo “dissolvenze incrociate”, spogliando progressivamente le linee e poi sovrapponendole, permettendo così un morbido passaggio da scena a scena. E non importa che a essere rappresentate siano sequenze reali, ricordi o viaggi onirici: gli uni scivolano dentro gli altri, donando alla storia un’atmosfera liquida e sognante.

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5| La linea fragile di Mattotti

Esiste un punto di convergenza che Mattotti disegnatore conosce da sempre e che a un certo momento decide di esplorare, assecondare, giocare. Il punto di contatto del pennino con la superficie della carta concentra in sé il potenziale unico di ogni artista, e la traccia vibra di quell’unicità. Azione e reazione convivono in quel punto che ne è l’espressione: un sismografo emotivo. La modulazione minima creata dagli attriti è sia progetto che intuito, e la sofisticata essenzialità dello strumento ne costituisce l’onestà, la sincerità. Così lasciando spazio alla linea, creando aria attorno per lasciarla vivere, seguendone le inclinazioni, spingendola e invitandola, Mattotti trova una soglia e impara a varcarla.