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Sunday Page: Claudio Calia su “Sappo” di Segar

Ogni settimana su Sunday Page un autore o un critico ci spiega una tavola a cui è particolarmente legato o che lo ha colpito per motivi tecnici, artistici o emotivi. Le conversazioni possono divagare nelle acque aperte del fumetto, ma parte tutto dalla stessa domanda: «Se ora ti chiedessi di indicare una pagina che ami di un fumetto, quale sceglieresti e perché?».

Questa domenica ospitiamo Claudio Calia, fumettista autore di opere dalla forte carica sociale e politica, da Porto Marghera. La legge non è uguale per tutti a Dossier TAV, passando per Piccolo atlante storico geografico dei centri sociali italiani o È primavera. Intervista a Antonio Negri. La sua ultima fatica è Kurdistan. Dispacci dal fronte iracheno, un diario di viaggio nato da un soggiorno di due settimane in Iraq, a fianco degli operatori dell’Organizzazione Non Governativa “Un ponte per…” (ce ne ha parlato qui).

claudio calia sappo segar

Uno dei miei fratelli più grandi mi regalò, in occasione di un mio compleanno quando frequentavo la terza media, il libro I primi 50 anni di Braccio di Ferro, di Bud Sagendorf. Sagendorf racconta la sua esperienza di assistente e la biografia di Elzie C. Segar, contrappuntato da un sacco di illustrazioni, fotografie d’epoca e tavole a fumetti. Lo conservo ancora come un dono prezioso.

Con quel libro, ho avuto la rivelazione che dietro ai fumetti c’erano persone di carne e ossa. Per la prima volta ho percepito un autore come una persona “vera”, con piena consapevolezza. In quel momento ho capito che quello che sognavo di fare dai banchi delle elementari in poi era, con una quantità incredibile di impegno e sacrificio, possibile.

Inutile dire che Segar da allora è uno dei miei preferiti di sempre, e consiglio a tutti la collana Popeye curata da Luca Boschi, perché presenta del materiale semplicemente incredibile.

Dovendo selezionare una tavola che mi ha particolarmente colpito, non posso che ricorrere a lui, anche se non per una tavola di Braccio di Ferro bensì una di Sappo, serie in cui il gioco del disegno a fumetti è stato applicato più spesso in modo sperimentale. Io, quando vedo il disegno relazionarsi con la quarta dimensione, in media mi ritrovo a fare un sospiro profondo e meravigliarmi sempre.

Cosa ti piace tanto di questa pagina da averla scelta?

Penso che un tempo si osasse molti di più! E non solo Segar, il cui Sappo è una miniera di questo tipo di interazioni. Guarda McCay, Herriman, e pensiamo alle tavole domenicali di Frank King, l’autore di Gasoline Alley! Entro i primi anni Trenta cose che oggi consideriamo avanzatissime… C’erano già tutte!

Penso che questo utilizzo del fumetto sia la particolarità stessa di questo linguaggio, e che troppo spesso ci adagiamo a leggere e, peggio, a fare i fumetti pensando solo al cinema o, oggi, a una serie TV. Tranne pochissimi autori, tra cui senz’altro Gianni De Luca, non mi vengono in mente tantissimi che abbiano usato certe soluzioni per una continuità narrativa che non fosse una boutade occasionale.

Non che ci sia niente di male ma mi sembra che a poco più di un secolo dalla diffusione industriale di questo linguaggio che ci ossessiona ci si stia, per motivi a volte anche comprensibilissimi, limitando a sondarne una piccola percentuale delle potenzialità. Per cui quando vedo certe cose… Mi emoziono.

Ti senti influenzato come autore da Segar?

Guarda, come detto l’ho conosciuto attraverso la lettura della sua biografia. Per cui direi che la lezione più grande è stata riguardo all’ostinazione, la concretezza, la comprensione che il fumetto potesse essere un mestiere. Tra i miei libri credo che, inconsapevolmente, il mio Atlante dei Centri Sociali sia il più influenzato a livello di scansione dell’azione, il libro è sostanzialmente una passeggiata tra le vignette, con salti di qua e di là, in un viaggio lineare da sinistra verso destra fino alla fine, concepito come un’unica lunga striscia consequenziale.

In Kurdistan. Dispacci dal fronte iracheno ho voluto invece consapevolmente cercare di farmi influenzare per quanto riguarda il segno, la sua totale dedizione al racconto senza orpelli e stratificazioni grafiche inutili alla narrazione, per andare “dritti al punto” mettendo a proprio agio il non-lettore di fumetti.

In generale quale pensi che sia la sua eredità oggi?

Penso che molto fumetto alternativo americano sia ancora molto influenzato da lui. Penso a Joe Matt, Seth e Chester Brown che sono tre autori che per me sono stati molto significativi (tutti e tre tra l’altro con una vera ossessione per Gasoline Alley di Frank King), ma anche la sua influenza su autori più giovani come Sammy Arkham e Kevin Huizenga mi sembra innegabile.

In Italia c’è un po’ di confusione perché spesso si mischia Braccio di Ferro a un’alone di nostalgia per cui da Segar, fino a oggi tradotto poco e male, si passa immediatamente ai ricordi di gioventù del giornale Braccio di Ferro con le storie prodotte in Italia, mischiando un po’ tutto in un polpettone della memoria. Poi non scherziamo, parliamo di uno degli autori che ha creato in senso letterale il fumetto: tutti, in coscienza o meno, devono qualcosa a Segar!

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