Nella rubrica ‘BBB Consiglia’, ogni mese, il festival bolognese BilBOlbul seleziona un’opera a fumetti di particolare valore e interesse, offrendo una lista di buone ragioni per leggerlo. Questo mese parliamo di Umwelt, un’antologia di storie brevi di Daisuke Igarashi pubblicata da Dynit.
1| La dimensione racconto breve
Nell’epoca del graphic novel, della ricerca spasmodica (e talvolta disastrosa) dell’ampio respiro, è rinfrescante leggere le storie di un autore così a suo agio con il formato del racconto breve. Non che Daisuke Igarashi non abbia mai scritto cose più lunghe, e sarebbe una forzatura affermare che queste siano meno belle. Ma è lì, nel racconto breve, che trova la sua dimensione e colpisce con tutta la sua forza.
Ogni manciata di pagine si propone al lettore partendo da un’idea di base apparentemente semplice, riassumibile in poco più di qualche parola. E su quell’idea, nonostante o forse proprio grazie allo spazio limitato, Igarashi costruisce un piccolo mondo, uno spaccato che non ha bisogno di campi lunghissimi e spiegazioni dettagliate per esser vivo, ma che è capace di trovare nell’attenzione al dettaglio e nello sguardo puntato sul giusto elemento la sua anima.
Ma forse ancor più sorprendente della “mera” abilità di Igarashi nel condensare tutta l’emozione e il messaggio in pochissimo spazio è il suo talento nel comporre poco alla volta un mosaico che risulta coerente, anche trasversalmente alle varie raccolte e a distanza di anni. Tutto si lega alla stessa poetica, alla stessa visione spiritica e forse un po’ spiritata del mondo, allo stesso tratto fragile e magnetico.
Così i racconti brevi di Daisuke Igarashi non sono un divertissement, un piano b nel quale sfogare idee non consone alla forma lunga e strutturata del romanzo, ma vanno consapevolmente nella stessa direzione a costruire un affresco ampissimo, come pezzi di un puzzle apparentemente diversi ma che, una volta accostati, assieme stanno benissimo.
2| Ogni cosa è viva
Le radici dell’immaginario di Igarashi, così come il suo orizzonte filosofico-religioso, affondano in profondità nel folklore giapponese e in un senso panico della natura che può far pensare a Hayao Miyazaki, dichiarata influenza dell’autore, o a Shigeru Mizuki, cantore degli spiriti come presenza quotidiana e garanzia di un legame autentico tra gli esseri umani e le cose.
Tuttavia, la voce di Igarashi si distingue per una sua potente e moderna originalità. Ogni cosa è viva, se la si guarda, la si ascolta o la si tocca con attenzione, e la ricchezza sensoriale del segno dell’autore sembra studiata per acuire questo tipo di attenzione. Lo spirito è impastato con la materia, e se lo sguardo di Mizuki è volto al passato, si raccoglie attorno a una tradizione, le creature di Igarashi – gli animali come gli spiriti come le mutazioni tecnologiche nel racconto che dà il titolo alla raccolta – pongono anche un interrogativo riguardo cosa siamo e cosa potremmo diventare.
La sua poetica nasce da una visione dell’esistenza che non si limita a sfumare i confini tra civiltà e natura, tra realtà materiale e percezione animistica, tra vita e morte, ma presuppone anche una ridefinizione dell’umano. E questo può assumere, nei diversi racconti, la forma dell’inquietudine spiritistica, di un erotismo ironico e incantato o del libero gioco delle metafore, ma sempre in una prospettiva fluida, intimamente postumanista, di confronto, e di possibile comunione, con l’alterità.
3| Un manga di confine
Mentre sembra ancora persistere una certa indifferenza da parte di molti lettori di manga verso le altre scuole del fumetto, alla quale corrisponde una sorta di diffidenza tra tanti lettori del fumetto occidentale verso il manga, questo libro di Daisuke Igarashi potrebbe svolgere la funzione di un ponte. E non perché il suo stile e la sua poetica siano particolarmente ibridate con quello delle scuole europee, come può essere invece il caso di Jiro Taniguchi, per quanto la cultura visiva che traspare da Umwelt sia ampia e diversificata.
Il punto è che Igarashi ha un uso estremamente libero degli stilemi canonici del manga, e che il suo approccio visivo e narrativo si trova naturalmente al confine tra diverse sensibilità estetiche. A un primo impatto è il partito preso del tratteggio, il cui uso insolito e sistematico costituisce la base dell’arte di Igarashi, che può spiazzare chi ha un’idea stereotipata dei manga. Ma, al momento della lettura, sono i tagli delle inquadrature e la messa in pagina a sostenere un originale equilibrio tra percezione lievemente allucinata e sicura facilità di lettura, senza far ricorso all’elevata “specializzazione” che a volte richiede la fruizione del fumetto orientale. E se, in forza del suo linguaggio e dei sui temi, Umwelt si offre fiducioso ai non lettori di manga, chissà se il suo peculiare approccio al linguaggio non possa far spiccare ai mangofili più tradizionalisti un salto verso diverse letture.
4| Un tratto personalissimo
La particolarità del segno di Igarashi è che riesce a essere preciso e dettagliato pur utilizzando una linea spesso frammentaria, fragile, costruita su una somma di numerosi tratti e tratteggi irregolari. Evidente è l’amore dell’autore per la rappresentazione di ambienti (meglio se naturali) e animali, resi con un realismo caldo e vibrante, che richiama, anche se in chiave del tutto diversa, Gon, opera cardine del maestro Masashi Tanaka.
Invece i protagonisti delle storie si staccano dall’ambiente in virtù dei pochi segni che li definiscono, quasi fossero un negative space animato, che compensa e contrasta la ricchezza degli elementi nella vignetta. Così, come narrativamente i personaggi sono quasi sempre in secondo piano, rilevanti per lo scorrere degli eventi e dell’azione ma sovrastati dall’attenzione per una natura magica e più che mai viva, anche visivamente si ribadisce la centralità di un mondo in cui il dettaglio è sempre al di fuori dell’elemento umano.
Ma ciò che, ancora di più, fa di Igarashi un grande mangaka è la sua capacità di dominare il proprio stile, evitando il virtuosismo e anzi quasi sparendo, facendosi da parte per lasciare spazio al bianco della tavola o al nero del tratteggio quando lo storytelling lo richiede, lasciando che ogni segno parli per la storia e più che per affermare la capacità dell’autore.
5| Mondi grandi e piccoli
Se una visione animistica, a tratti anche mistica del mondo e della natura è di certo un tema, o per meglio dire un sentimento, ricorrente della poetica di Igarashi, uno dei punti focali di Umwelt è l’interpretazione che l’autore dà della morte e del tempo legando così la sua visione del mondo a questioni molto “terrene”.
In più di un racconto di questa raccolta la riflessione volge sulla comunicabilità (impossibile?) tra mondi che viaggiano a velocità diverse. Mondi grandi, tipicamente quello umano, che vanno lenti e mondi minuti, di solito quello degli spiriti e delle leggende, che corrono rapidi. Le velocità sono così diverse che quelle che per i primi sono poche ore per i secondi sono giorni, mesi, anni: come possono queste due realtà interagire, toccarsi?
Nel racconto poi Masayoshi e la nonna la riflessione fa un ulteriore passo in avanti. La nonna di Masayoshi non invecchia come siamo abituati, ma poco alla volta si rimpicciolisce. E rimpicciolendosi accelera la sua percezione del tempo fino ad essere semplicemente troppo piccola e a vivere ad una frequenza troppo alta per essere ancora considerata “di questo mondo”. Allora Masayoshi si chiede: “Forse morire significa questo… più che svanire… forse è quando smetti di poter comunicare”.
Igarashi pone la questione con estrema dolcezza, quasi con leggerezza. Non è un manifesto programmatico, una dichiarazione filosofica strutturata, eppure, quasi senza che ce ne accorgiamo, è una domanda che rimane lì e aleggia, come il ricordo di un sentimento lontano. Che poi è una cosa che si potrebbe dire di tutta la poetica igarashiana.