Il suo film è, secondo IMDB, il più cliccato e atteso del 2019, così Capitan Marvel non poteva non avere il suo progetto di peso a fumetti: la miniserie The Life of Captain Marvel appena conclusasi con il quinto numero, cui seguirà dal prossimo mese la ripartenza della testata (affidata a Kelly Thompson per i disegni di Carmen Carnero).

Il personaggio di Carol Danvers ha compiuto cinquant’anni nel 2018, ma nonostante la ricorrenza e il film in arrivo sono fin qui mancati per lei momenti di alto profilo, a parte il suo ruolo negli Avengers e negli Ultimates o qualche tempo fa nella fallimentare Civil War II. Spazi di peso in termini diegetici per chi già segua l’universo Marvel, ma davvero poca cosa in termini autoriali, per far avvicinare i lettori al personaggio e alla sua complessa storia.
The Life of Captain Marvel è in questo senso una via di mezzo, perché conclude il corso di storie della scrittrice Margaret Stohl (nota per la saga Young Adult su una giovane strega Beautiful Creatures, arrivata anche al cinema con scarso successo), ma si presenta come una miniserie autonoma che oltretutto vuole ridefinire la genesi del personaggio.

La vicenda prende spunto da un attacco di panico di Capitan Marvel, che sempre più iraconda nelle varie battaglia finisce per avere un crollo, le cui ragioni sono psicosomatiche. Tony Stark, infatti appura che Carol non ha fisicamente nulla che non va, quindi lei decide di prendersi una pausa e torna a casa, in un paesino costiero del Maine, dove vivono sua madre e suo fratello. Qui scopre alcune lettere del padre a un’altra donna, che oltretutto non è di questa Terra ed è invece una guerriera Kree. Nel mentre suo fratello ha un incidente e finisce in coma, così Carol decide di restare al suo capezzale.
Passano mesi e finalmente Carol trova la forza di affrontare l’argomento delle lettere con la madre, che rivela di essere a conoscenza di quelle missive. Del resto il padre di Carol non era mai stato un modello: si era dato all’alcol e non aveva voluto che la figlia si iscrivesse al college, tanto che lei se ne andò di casa e poi entrò nell’esercito. Le cose però non sono come sembrano e si complicano ulteriormente quando arriva sulla Terra, attirata da un apparecchio che Carol ha inavvertitamente acceso, una cacciatrice Kree.
A questo punto entriamo in pieno territorio SPOILER, quindi consideratevi allertati.

La cacciatrice non è sulla Terra in cerca di Carol, bensì di sua madre, che scopriamo essere in realtà una Kree, la guerriera Mari-Ell. Carol, o Car-Ell come viene chiamata dalla madre, è a questo punto una ibrida umana-kree e i suoi poteri non sono il frutto di un esperimento come è sempre stato raccontato, bensì suoi per diritto di nascita. L’esperimento li aveva semplicemente attivati e la sua origine in parte kree spiegherebbe anche l’ossessione di Carol per il volo e le stelle. Nello scontro con la cacciatrice di taglie Kree, la madre perderà però la vita e non rivelerà a Carol quale fosse la missione per cui era in incognito sulla Terra, limitandosi a dire alla figlia – in un momento di rara stucchevolezza – che la missione era lei.
Tutto questo offre una vagonata di nuovo materiale per le prossime storie di Carol, che potrebbe e dovrebbe ripartire per lo spazio Kree in cerca di risposte dal comandante di sua madre, tale P’Ama, oltre che di vendetta contro la cacciatrice (una generica “kleaner” per usare il ben poco inventivo nome che le viene dato).
Dalle anticipazioni che sono state pubblicate, sembra invece che la protagonista andrà a New York, dove si batterà contro un nemico dei Fantastici Quattro e dovrà guidare una team per lo più femminile. Tra l’altro va aperta una parentesi su come l’assenza di Carol di diversi mesi dai Vendicatori non sia stata minimamente riflettuta negli altri albi Marvel, dove invece è stata molto presente, sia negli Avengers sia pure in The Immortal Hulk: un chiaro caso di importanza del personaggio che si mangia la sua continuity (e però sminuisce il peso di questa miniserie in teoria rivoluzionaria).

The Life of Captain Marvel è disegnata a quattro mani da Carlos Pacheco (con chine di Rafael Fonterix e colori di Marcio Menyz) per le scene nel presente e Marguerite Sauvage (che si china e colora da sola) per quelle nel passato (il flashback del penultimo numero è disegnato da Erica D’Urso). Entrambi sono disegnatori dallo stile luminoso, che ben si amalgamano e garantiscono un livello produttivo alto e piuttosto spettacolare, ma nessuno dei due ha oggigiorno una personalità forte e alla fine la miniserie è visivamente poco memorabile, anche se i due disegnatori lavorano con buon affiatamento pure in montaggi alternati all’interno della stessa tavola.
Margaret Stohl si conferma sceneggiatrice piuttosto prolissa e con idee poco entusiasmanti: il dramma qui è tutto al femminile, nel rapporto tra Carol e sua madre, tanto che la condizione comatosa del fratello sembra più che altro un espediente per tenere Carol a casa. Allo stesso modo il suo ritrovare un amico di gioventù, che è sempre stato cotto di lei, non è uno sviluppo romantico narrato con particolare convinzione e pare voler soprattutto mostrare come Carol fosse sempre stata fantastica e irresistibile.
La vicenda della madre e del padre (che scriveva lettere alla guerriera Kree di cui si era innamorato perché non la riconosceva più nella donna che aveva sposato), risulta piuttosto involuta, psicologicamente poco convincente e pure reticente in modo illogico sui segreti della donna, che rivela di essere una Kree ma non spiega perché fosse sulla Terra. Del resto Carol glielo chiede, come in un telefilm di terza fascia, solo quando lei è in punto di morte.

Pure nelle scene d’azione gli eventi sono orchestrati piuttosto male, con alcuni passaggi poco chiari come se nemmeno Pacheco avesse ben capito in che modo madre e figlia finiscano divise in battaglia o quali siano esattamente i poteri dell’assassina Kree. Lo scontro infatti più che disperato come dovrebbe essere, visto il suo esito, risulta confuso e le cose sembrano succedere in modo abbastanza forzato (non aiuta il continuo ripetere che Carol sia il più forte eroe della Terra, se poi un’avversaria così generica da non avere nemmeno un nome e da avvalersi per lo più di piccole sfere metalliche volanti, risulta inarrestabile alle forze congiunte di lei e sua madre).
Così ci ritroviamo con una Capitan Marvel che in linea con il #timesup non è più un’eroina che ha avuto i propri poteri perché li ha “copiati” dal suo uomo a causa di un incidente, bensì una donna che li ha ereditati da un’altra donna e ora può rivendicare questo retaggio tutto femminile. E tutto questo va anche bene (anche se il nome Mari-Ell a noi italiani fa un po’ sorridere), abbiamo visto storie segrete dei personaggi anche più pasticciate di così – basti pensare a quella di Tony Stark e suo fratello di qualche anno fa a firma del pur solitamente bravo Kieron Gillen. Peccato che la retro continuity si accompagni a un fumetto medio nei disegni e mediocre nei testi, che oltretutto fallisce ancora una volta nel dare una personalità interessante alla sua protagonista.
Per quanto Marvel la spinga, Carol Danvers continua a sembrare o una militare un po’ esaltata come in Civil War II e Ultimates o una vittima come ai tempi della saga di Korvac e poi nelle storie degli X-Men di Claremont e ora pure del difficile matrimonio tra sua madre e suo padre. Toccherà a Kelly Thompson nella nuova serie cercare di renderla finalmente un po’ più simpatica ed eroica.