Il “Viaggio alla fine del mondo” dei fratelli Nishioka

Una delle sensazioni più immediate che potreste avere leggendo Viaggio alla fine del mondo, un seinen in un volume unico del duo Nishioka Kyodai (i fratelli Satoshi e Chiaki Nishioka, rispettivamente sceneggiatore e disegnatrice), è di avere davanti non un manga, ma un romanzo di Kafka adattato – e disegnato – in salsa giapponese. Non è un caso che a pubblicarlo sia Dynit, editore che a inizio 2019 aveva riportato nelle librerie italiane Bug Boy di Hideshi Hino, ispirato proprio alla Metamorfosi di Kafka.

viaggio fine mondo kyodai manga dynit

La storia segue un giovane uomo che, uscendo di casa per andare al lavoro, finisce per compiere un lungo viaggio che lo porterà a incontrare pirati, tribù cannibali, nomadi del deserto, in un’atmosfera onirica e surreale.

La chiave che incornicia l’inizio e la fine dell’opera è la ripetizione. Inizialmente il protagonista vede la propria vita come un’eterna routine, che inizia quando si alza la mattina per uscire di casa e andare al lavoro: atmosfere kafkiane, appunto, a sottolineare da subito la monotonia e il conformismo nello stile di vita dei paesi sviluppati.

Viaggiando verso il mare, il protagonista cerca di spezzare questa monotonia, ma alla fine del viaggio [SPOILER] si ritroverà nello stesso punto dal quale è partito. 

Nel volume – realizzato prima de Il bambino di Dio, ma tradotto in Italia successivamente – si affastellano diversi temi cari ai fratelli Nishioka, che si distinguono da molti mangaka non solo per lo stile cupo ma anche per i toni apocalittici, che sembrano attingere più alla letteratura occidentale che a quella nipponica. In particolare è in scena il cannibalismo, presente in numerose sequenze e praticato dallo stesso protagonista.

La loro interpretazione narrativa di questo soggetto è insolita: il cannibalismo fantastico di Viaggio alla fine del mondo non è frutto di pulsioni malvagie, né è inteso come una dannazione mostruosa e ‘magica’ alla Tokyo Ghoul, bensì è – oltre che un mezzo per sopravvivere – una pulsione freudiana, un atto d’amore e rispetto per colui che si cerca di mangiare.

Squarciare il ventre di una donna per nascondersi al suo interno rappresenta, nel grottesco romanticismo dei Nishioka Kyodai, un ritorno nel grembo materno, ovvero una paradossale ricerca dello stato di innocenza tipico dell’infanzia, come sottolinea nella postfazione al volume Shōhei Chūjō, studiosa di letteratura francese della Gakushūin University. 

Un elemento grafico caratteristico dello stile del duo, presente anche in altre opere, risiede nell’assenza dei balloons. Il racconto procede in prima persona, attraverso il flusso di coscienza del protagonista collocato sempre in didascalia, avvicinando l’esperienza di lettura a quella di un romanzo illustrato.

L’effetto di questa composizione sul disegno, naturalmente, è quello di rendere le vignette – e quindi le tavole – più “vuote”, e di mettere in risalto il loro aspetto di illustrazioni. La figurazione assume così un ruolo di primo piano, e nello stile degli autori emerge la curiosa – e senza dubbio inquietante – scelta di non disegnare mai gli occhi.

La sola eccezione tra questi volti bianchi e fantasmatici (à la Modigliani, ha scritto Juan Scassa), privati di tratti somatici importanti, è il protagonista, i cui occhi sono interamente neri: piccoli abissi che mettono bene in scena lo smarrimento in cui si muove.

Insomma, Viaggio alla fine del mondo di Nishioka Kyodai è quella di un duo artistico che sembra offrire quanto di più inquietante si possa leggere oggi, nel manga, al confine tra esistenzialismo, Kafka e De Sade. In uno stile grafico che piacerà agli amanti del fumetto grottesco e underground europeo, scontenterà i puristi del fumetto-con-balloons e offrirà, senza dubbio, la sgradevole – ma interessante – sensazione di avere compiuto un viaggio nella psiche più che in territori esotici.

Viaggio alla fine del mondo
di Nishioka Kyodai
traduzione di Juan Scassa
Dynit, gennaio 2019
brossura, 208 pp., bianco e nero
16,90 €

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