La globalizzazione dei prodotti culturali, con tutto ciò che porta di positivo, ovvero una feconda ibridazione, e di negativo, ovvero una standardizzazione di storie e stili visivi, «genera mostri», per dirla con le parole della famosa incisione di Francisco Goya. In questo caso i mostri sono quelli di un manga atipico, più affine del solito ai toni e agli immaginari del fumetto occidentale.

Scritto e disegnato in modo molto interessante in un bianco e nero espressivamente netto, Girl from the Other Side, ha un sottotitolo altrettanto significante: Siùil-a-Run (“Torna da me”) è infatti il titolo evocativo di una canzone irlandese di fine Seicento, un’invocazione di una ragazza disperata all’amato, andato in guerra in Francia, per farlo tornare da lei. Bastano titolo e sottotitolo a dichiarare la vocazione di questo manga a vivere in equilibrio tra mondi diversi, oscillando tra atmosfere e riferimenti culturali sia di matrice orientale che occidentale.
Yoshida Ayumu in arte Nagabe, l’autore dell’opera arrivata in Italia al quarto volume pubblicato da J-Pop Manga, mette in scena un drammatico dark fantasy. Il cuore della narrazione percorre la strada tradizionale della distinzione manichea fra il Bene e il Male, della luce e dell’oscurità, del bianco e del nero destinati perennemente allo scontro e alla separazione. Ma, probabilmente, anche al ritorno all’equilibrio e all’armonia, che testimonia dell’interdipendenza di queste figure retoriche.
Con questa premessa logica-narrativa, in un mondo diviso tra esseri umani bianchi salvati e i neri sommersi, maledetti e untori, questi ultimi visivamente trasformati da una maledizione che li ha mutati in grottesche figure ancestrali, agiscono i due personaggi, per ora, principali. Shiva è una bambina perduta e dolcissima alla ricerca della propria nonna, con echi che ricordano Peter Pan e Cappuccetto Rosso, physique du rôle da predestinata, emanatrice di luce nella parte sbagliata di quel mondo. Il Maestro è un mostro che incarna la maledizione e ne è portatore tanto che non può nemmeno sfiorare la piccola, di cui però ha cura e ne è l’affettuoso, paziente e indomito difensore.

Va da sé che il tutto non è mai sempre così chiaro o sempre così scuro come potrebbe apparire, e che le strade che si percorrono debbono essere tortuose, ingannevoli e ricche di imprevisti e colpi di scena.
Il primo volume e parte del secondo, con le loro atmosfere rarefatte, incentrate sul rapporto di queste due figure simbiotiche, e la descrizione di Shiva che non percepisce il mostro come tale ma si fida del Maestro, ci fanno pensare ad una forma di variazione della fiaba La bella e la bestia.
In quella storia senza tempo, il rapporto innaturale tra i due è proficuo per entrambi perché, proprio come suggerisce il racconto di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, dove la figura femminile scopre che la bestia non è tale anzi risulterà amabile, e dove la Bestia forzerà la sua natura per compiacere la Bella, la diversità non possiede valori negativi ed è destinata al superamento di qualsiasi barriera che si frappone nella ricerca dell’amore universale e ai suoi bisogni.
La metamorfosi reale o percettiva dell’alieno mostruoso corrisponde all’accettazione femminile del diverso, innanzitutto diverso dal padre e dal clan di appartenenza, e corrisponde all’abbandono della figura maschile delle sue caratteristiche più bestiali.

Lungi da me attribuire ascendenze non provabili, ma fa una certa impressione constatare che il Maestro di Nagabe assomiglia moltissimo alla Bestia dai tratti lucifero-caprini disegnata dal francese Beauge Bertall per l’edizione illustrata con xilografie de I racconti delle fate, edita da Hachette nel 1860, dove è inclusa la fiaba La bella e la bestia e dove il nero fitto del Mostro-Bestia si incontra e scontra con il bianco luminoso della giovanissima Bella.
Se Nagabe non l’ha visto, tocca allora parlare dell’emergere di un archetipo sia in senso simbolico-visivo sia in quello metaforico-narrativo, lontano iconograficamente ma allo stesso tempo vicino concettualmente alle mutazioni mostruose di un mangaka come Junji Ito.
L’evoluzione della storia di Girl from the Other Side invece mette in scena, proprio per contrasto rispetto al concetto di accoglienza e accettazione della diversità dei due protagonisti, un vero e proprio apologo sulla difficile convivenza tra diversi, con tutto il cotè simbolico del diverso come mostruoso e di muri reali e psicologici eretti per difesa dall’altro da sé.

Si tratta dunque di temi universali e senza tempo, forse un po’ scontati ma le cui infinite variazioni non possono non attirare il lettore anche più avveduto, in una logica fantasy riconoscibile sia in Oriente che in Occidente, che pongono la ricerca dell’armonia tra gli esseri umani e tra le grandi visioni filosofiche come base per una narrazione che si dispiega con tempi lunghi, con un progressivo sopravvento dell’azione sulla fascinosa inazione degli inizi.
In questo l’autore dimostra, ancora una volta, di essere atipico rispetto ai modelli narrativi usuali per un mangaka. Nagabe si dimostra un eccellente illustratore ed esprime il meglio nelle tavole intere dove può dosare sapientemente destrezza grafica e costruzione scenica. Il suo segno tratteggiato risulta molto particolareggiato ed elegante, ma questa raffinatezza grafica sembra perdersi un po’ nelle tavole costruite a vignette, dove il ritmo narrativo deve crescere e avere continuità. Tanta eleganza, che sembra ricordare gli splendidi disegni in bianco e nero di Hayao Miyazaki per il manga di Nausicaä della Valle del vento, non esclude l’esplosione controllata in un parossismo dark, quasi espressionista e grottesco quando la grammatica del racconto lo permette.

In conclusione Girl from the Other Side si presenta come un interessante, per ora riuscito, esperimento di trasversalità culturale. Vale sia per i contenuti sia per lo stile grafico, con un inizio narrativo promettente e ammaliante grazie alla forza seduttiva dei due character principali, e un crescendo che, pur rimanendo nell’alveo del fantasy filosofico-religioso a carattere universalista, riesce a portare con sé, tra le righe e i tratteggi, una discreta dose di attualità. Nagabe non fa sfoggio solo di eleganti idee visive, ma mostra una non banale consapevolezza sociologica sulla complessità dell’idea di “diversità” oggi.
Girl from the Other Side voll. 1-4 (in corso)
di Nagabe
traduzione di Christine Minutoli
J-Pop, gennaio – luglio 2019
brossurati, 180 pp. a vol., bianco e nero
6,50 € a vol.
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