Nel febbraio del 2017, insieme al disegnatore Jon Davis-Hunt e al colorista Steve Buccellato, lo sceneggiatore britannico Warren Ellis si è lanciato in un’operazione di reboot dei personaggi dell’universo Wildstorm creati da Jim Lee con una testata di DC Comics (ma ambientata in un universo a parte) intitolata appropriatamente The Wild Storm.

Questa maxiserie di 24 numeri si è ora conclusa e, come già si era capito da diversi mesi, è solo il prologo del rilancio. Infatti ad agosto seguirà una miniserie dedicata ai WildC.A.T.s scritta sempre da Warren Ellis (e disegnata da Ramon Villalobos) e sembra abbastanza scontato che rivedremo Authority e forse pure Stormwatch, visto che almeno King (alias Battalion, ma non in questa versione) ha un ruolo importante. E chissà che un giorno non arrivi il momento di Planetary.
Era un lavoro improbo ricreare tutti questi personaggi e tutta la loro mitologia, con razze aliene in guerre millenarie e agenzie paramilitari deviate in contrasto tra loro, cui si aggiungono eccentricità come il Doctor, ossia il “medico” del pianeta, e Jenny Mei Sparks, una techne, una “speculazione vivente sulle tecnologie del suo tempo”.

L’aggiornamento passa per una maggiore varietà etnica e di genere sessuale, ma a lasciare il segno è soprattutto la coesione del progetto complessivo, che cerca di tenere insieme una vasta quantità di frammenti in un’unica storia. La protagonista principale è Angela (al tempo nota come Engineer), che sviluppa una tuta con tecnologia segreta e, scoperto un attentato contro Jacob Marlowe, interviene per impedirlo e finisce per incontrare l’equivalente dei vecchi WildC.A.T.s.
La battaglia portata avanti da questi ultimi ha origini antichissime che obbligano il gruppo alla clandestinità per proteggere Marlowe e la sua corporazione dalle organizzazioni nemiche – ossia I.O. e Skywatch, che sono anche reciproci contrappesi. Angela e i WildC.A.Ts si scambiano favori, ma la loro storia si intreccia solo fino a un certo punto.
Angela, una volta contatta dal Doctor, passa così al team che corrisponde quasi del tutto alla vecchia Authority, ossia il progetto più personale di Ellis, con personaggi creati da lui e che chiaramente sente essere invecchiati di meno, tanto da limitare le novità. Skywatch è poi dominata dal folle Henry Bendix, disposto a tutto pur liberarsi del controllo di I.O. Questa agenzia gestisce le operazioni segrete sulla Terra, mentre Skywatch si occupa di quelle spaziali, che includono colonie clandestine su altri pianeti e non escludono comunque agenti e basi sulla Terra.

Le due agenzie iniziano, anche per colpa di Angela, una escalation militare che potrebbe uccidere milioni di persone. Vari eroi e antieroi tentano di fermarla, e tra di loro c’è anche il precedente direttore di I.O., John Lynch, che cerca di eliminare i più pericolosi tra gli agenti mutanti riattivati dal conflitto.
Se dal punto di vista del worldbuilding tutto funziona alla perfezione, la trama è un po’ farraginosa nello spostare Angela di qua e di là e nel dare spazio a sottotrame che sembrano avere l’unico scopo di mostrarci le nuove versioni di vecchi personaggi senza però farci un granché. È andata un po’ diversamente a Michael Cray, che ha avuto una sua miniserie personale dove ha più o meno eliminato l’equivalente dei membri della Justice League – qui tutt’altro che eroici – di questo universo.

Molti altri personaggi però sono stati abbandonati strada facendo. I WildC.A.T.s, che inizialmente sono tra i protagonisti, escono di scena intorno al numero 18 (Voodoo si vede ancora meno), in attesa di essere ripresi nella prossima miniserie. L’equivalente di Authority arriva del resto malapena a formarsi alla fine dell’intera The Wild Storm , e l’arco narrativo di Angela, che scopre un po’ tutti i segreti di questo mondo e alla fine prende posizione, non è un’epica travolgente.
Questo anche perché il disegnatore Jon Davis-Hunt ha forti limiti, sia nelle sequenze più supereroiche dove sembra palesemente a disagio e l’implicito confronto con la grandeur di Hitch o Quitely è perso in partenza, sia in quelle parlate, dove i suoi volti hanno una recitazione poco vitale e un disegno piatto. Un limite quest’ultimo davvero enorme in The Wild Storm, che è in larghissima parte costituita di dialoghi in cui i personaggi si spiegano cose a vicenda, il tutto con la verve e le idee di un Ellis che però non basta a superare l’inerzia di un disegno così statico.

Hunt in compenso regala alcune sequenze di combattimento acrobatico, a mani nude o all’arma bianca, davvero notevoli, in particolare nel flashback ambientato nel Giappone antico in cui John (l’equivalente di Spartan) stermina altri samurai. Ellis è sempre stato molto bravo a guidare i disegnatori nel realizzare ottime coreografie di lotta corpo a corpo, ma la serie via via abbandona questo tipo di scontri in favore di battaglie su ben altra scala, e negli ultimi numeri Davis-Hunt risulta davvero inadeguato.
Con tutta la carne messa al fuoco, Ellis dà l’idea di poter continuare a scrivere di questi personaggi e di reinventarne molti altri ancora per anni, quindi non mancherà occasione perché lavori – si spera – con artisti più versatili. Se da una parte la meticolosità di questo rilancio, e il suo disegnatore, hanno fatto mancare i fuochi d’artificio, dall’altra The Wild Storm ha ricreato un universo rendendolo più organico che mai, una base dalla radici solidissime e dalla quale potranno germogliare nuove storie, più spettacolari e – speriamo – anche più originali. The Wild Storm è finita, lunga vita alla Wildstorm!
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