Disegnare copertine con protagonista Spider-Man è difficile. Bisogna inventarsi una sola immagine, un solo atto, una sola posa che condensi una sensazione e non sia la replica di quello che hanno fatto altri in passato. Non è una sequenza in cui il peccato di un salto già visto si emenda inserendosi in un flusso più grande. Qui è tutto o niente, qui è all in.

E Spider-Man in questo è unico. Chiede tantissimo (attenzione, originalità, pensiero) ma in cambio offre altrettanto, ovvero la possibilità di realizzare immagini iconiche. Perché Wolverine può finire in qualsiasi contesto, Superman può fare di tutto e stare ovunque, ha il fisico, ha la faccia pulita. Iron Man spara fuochi d’artificio dalle mani. Spider-Man no.

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La copertina di The Amazing Spider-Man #70, disegnata da John Romita Sr.

«Spider-Man è fatto di forme elementari, è un corpo umano, non ha peculiarità, è una forma così semplice» dichiara Travis Charest a Fumettologica. «A parte le ragnatele con cui puoi fare di tutto, a livello di composizione, non emette raggi spaziali, non ha dei poteri visivi.» La difficoltà sta quindi nella concentrazione che il lettore pone sul corpo del personaggio.

Giuseppe Camuncoli, che ha fatto parte del team creativo di Amazing Spider-Man e Superior Spider-Man dal 2011 al 2017, spiega che «si tratta di un personaggio talmente connotato dalle sue acrobazie e dalla sua natura al tempo stesso drammatica e guascona che questi elementi vengono spesso automaticamente enfatizzati».

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La copertina di The Amazing Spider-Man #675, disegnata da Giuseppe Camuncoli

Ho fatto un’analisi molto poco scientifica ma abbastanza rappresentativa della situazione. Sono andato a guardare tutte le 800 e rotte copertine regolari di Amazing Spider-Man, la testata ammiraglia del personaggio (quindi quella più emblematica) e ho capito che a grandi linee esistono una decina di situazioni possibili entro cui ritrarre l’Uomo Ragno, seguendo infinite variazioni.

Che siano copertine slegate dalla storia dell’albo e buone come immagini promozionali o momenti salienti della trama, le possibilità si riducono a: fermo (in piedi, accrocchiato), in primo piano, intento ad arrampicarsi, mentre salta, lanciato su una ragnatela, ripreso in qualche posa a mezz’aria, in caduta libera, imprigionato, in combattimento, mentre spara la ragnatela. Tutte queste soluzioni – e le loro varianti minime – possono combinarsi tra di loro dando come risultato un’immagine nuova.

In termini di pose, serie tv, videogiochi e film hanno potuto rivaleggiare con i fumetti solo in anni (relativamente) recenti, perché tutti e tre i mezzi vivevano di limitazioni. Di budget nel caso dei cartoni, che magari non permettevano animazioni granché scoppiettanti; tecnologiche, nel caso di film e videogiochi.

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La copertina di Amazing Fantasy #15, disegnata da Jack Kirby

La trilogia di film di Sam Raimi, per esempio, ha osato con le pose solo in momenti molto specifici, per sottolineare l’eccezionalità del momento (il finale del primo Spider-Man, le scene d’azioni topiche di Spider-Man 2), mentre il reboot Amazing Spider-Man e il suo seguito hanno spinto tantissimo in quella direzione e ogni movimento dell’Uomo Ragno interpretato da Andrew Garfield era una posa molto estrema, spesso pescata dall’iconografica del Mark Bagley di Ultimate Spider-Man. La terza versione del supereroe, incarnata da Tom Holland, complice il costume costruito da Iron Man, guarda a modelli più recenti e meno sclerotizzati, eliminando quasi del tutto il sense of wonder e la gioia che Spider-Man comunica quando volteggia per aria.

Ci sono due categorie che svettano per presenza e indicano gli elementi più rappresentativi del personaggio: la raffigurazione alla Tarzan in cui Spider-Man si lancia con la ragnatela e quella a mezz’aria, in una qualche posa ragnesca da contorsionista. La prima è alla base del personaggio, è quella scelta da Jack Kirby per la copertina di Amazing Fantasy #12 ed è, numericamente, quella più utilizzata. Subito dopo arriva l’innovazione di Todd McFarlane, che spinse per pose estreme, a mezz’aria, a partire dagli anni Ottanta: è la scelta per i numeri anniversario (#300, #400) insieme a quella alla Tarzan (#200, #500).

Tra le scelte più difficili da mettere su carta ce n’è una apparentemente elementare: l’hero shot, la posa plastica – solitamente in piedi – che raramente riesce a comunicare qualcosa oltre a una vaga sensazione di presenza. Quando un disegnatore la sceglie, di solito, c’è un contorno narrativo che aumenta l’interesse per l’immagine, come afferma Arthur Adams a Fumettologica: «Mi piace disegnare i personaggi in un modo che abbia a che fare con il loro carattere. Spider-Man non è un personaggio normale, quindi non lo voglio disegnare mentre sta in piedi, sarebbe sciocco. Voglio sempre che stia facendo qualcosa, che sia arrampicarsi su un muro o mentre cerca di fare qualcosa di agile ed energico».

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La copertina di Arthur Adams per Marvel Comics Presents

Ad Adams, che invece si rifà all’Uomo Ragno di Gil Kane («il migliore secondo me, il più atletico e agile»), piace fare qualche disegno di prova, dai tre ai sei, che poi sottopone all’editor. Per una recente copertina per Marvel Comics Presents #3 ha realizzato tre proposte e alla fine è stata scelta quella in cui Spider-Man è in una posa «che non erano abituati a vedere. Non è che sia granché interessante, è solo diverso, ha uno stile diverso. È un po’ inusuale».

Nel processo creativo, gli editor hanno un grande input, perché, spiega Adams, «ci sono così tante serie e devono fare attenzioni che le copertine non si ripetano o sembrino fatte con lo stampino». La specificità dello spunto di base che il disegnatore va a elaborare il disegnatore può variare. A volte la richiesta è molto precisa, altre, commenta Camuncoli, «il concetto è molto più vago ed è tipo “Spider-Man vs. Lizard” e quindi ecco che nasce una cover, tra le prime che abbia fatto, come quella di Amazing Spider-Man #691, in cui Spidey si riflette nell’occhio del mostro mentre sta per tirargli un pugno».

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La copertina di The Amazing Spider-Man #486, disegnata da John Romita Jr.

L’idea per una copertina può partire dallo sceneggiatore della testata ma è poi l’editor a tirare le fila del discorso e ad approvare le varie bozze che il copertinista propone. A volte, racconta Camuncoli, è sufficiente un solo disegno: «Se penso di avere subito l’idea buona in canna, gliene mando una sola specificando che per me è la proposta migliore, e se l’editor è d’accordo in genere basta anche solo quella».

L’ultimo OK prima di avere l’approvazione definitiva, comunque, arriva dopo che l’editor ha sottoposto le bozze del copertinista al comitato Marvel che si occupa di tutte le copertine e che comprende l’editor-in-chief Tom Breevort, «l’editor con più esperienza e autorevolezza tra quelli tuttora in attività presso la Casa delle Idee».

Giuseppe Camuncoli cita John Romita padre – e poi anche figlio – come rimando principale per il proprio Spider-Man, che nelle pagine di Amazing Spider-Man e Superior Spider-Man è stato disegnato dall’italiano come una figura elegante ma al tempo stesso con una fisicità evidente, né troppo esile e segaligna ma nemmeno troppo massiccia. «Credo che il mio Spider-Man abbia una corporatura decisamente supereroica e adulta, non certo da adolescente, ma mai eccessivamente ipertrofica, perché si tratta sempre e comunque di uno che vola e come tale una certa leggerezza, una certa facilità all’acrobazia dettata soprattutto dalle pose e dalla agilità, devono a mio parere essere sempre presenti in ogni momento. Anche quando sta fermo.»

Charest invece preferisce uno Spider-Man più magro: «Tutti lo fanno muscoloso e ben piazzato, ma nella mia testa è più asciutto, i suoi poteri gli danno la superforza ma è un ragazzo di diciotto anni, non un atleta».

«Una cosa davvero complicata di Spider-Man è la maschera» dice Michael Cho a Fumettologica. «La fantasia della ragnatela viene bene solo da certe angolazioni e devi essere creativo nel rappresentare emozioni ed espressioni facciali su un personaggio che indossa una maschera che gli copre tutto il viso e di cui puoi sfruttare solo gli occhi.» Cho, autore di Piccoli furti, per Marvel ha illustrato una serie di copertine variant che giocano sulla silhouette dei supereroi.

Camuncoli appare più pragmatico nel raccontare il suo rapporto con il motivo a ragnatela: essendo fumetti non devono funzionare in un ambiente tridimensionale e «ci si può prendere una certa libertà (sfruttando le pieghe o le ombre nelle parti più delicate), pur mantenendo la coerenza. Mi è bastato essere analitico per ottenere una resa buona e credibile, facile da memorizzare e da replicare. Se ci si fissa sui dettagli di realismo eccessivo si diventa matti, e non se ne esce».

«La maschera di Spider-Man, come ritratta da John Romita, è il miglior design della storia del fumetto» scrive Alex Ross in Marvelocity. «La posizione delle linee, la forma degli occhi. C’è una perfezione geometrica nella sua interpretazione che ho sempre bisogno di emulare.»

Per tre anni, Alex Ross è stato il principale autore di cover ragnesche. Ha dipinto le copertine per tutti i numeri usciti tra il dicembre 2015 e il luglio 2018. Rispetto agli altri, Ross ha disegnato Spider-Man inserendolo in un momento della storia raccontata nell’albo e allontanandosi dall’idea di immagine pin-up o da poster.

La copertina di The Amazing Spider-Man vol.4 #2, disegnata da Alex Ross

Ross si appoggia a foto e scatti per catturare una determinata posa, una prassi che non tutti seguono: Cho preferisce affidarsi a immagini mentali, per esempio. «Spider-Man è un personaggio flessibile e concede un ampio margine di manovra per giocare con le pose. Qualsiasi limite espressivo abbia nella maschera si compensa con il resto del corpo. Dato che è così flessibile, usare foto limiterebbe la mia fantasia e diminuirebbe la sua credibilità.»

A imprimere un segno deciso verso rappresentazioni estreme fu il canadese Todd McFarlane, a partire dagli anni Ottanta. «Non ero così stupido da voler tentare di emulare John Romita perché sarebbe stato come se mi fossi messo a fare il pittore e avessi iniziato a copiare Michelangelo o Norman Rockwell» raccontava McFarlane nel 1992, in un’intervista apparsa su The Comics Journal #152. «Mi dissi “No, Todd, se vuoi fare carriera, devi farcela per conto tuo”. Non volevo essere un imitatore, perché nella migliore delle ipotesi sarei stato ricordato come quello che copiava meglio John Romita.»

McFarlane fece di testa sua e ritrasse un Uomo Ragno più aracnide che umano. Lo tolse dal flusso narrativo dell’albo, cercando di realizzare copertine che fossero belle immagini e nient’altro, di modo che tutte le energie fossero spese per la ricerca di una posa invece che nell’affannarsi a comunicare con efficacia un momento della storia. Si sbarazzò degli sfondi e mise l’eroe in pose anatomicamente impossibili, creando disegni viscerali e d’impatto. In una manciata di numeri McFarlane, forse anche per una certa inesperienza compositiva, inventò immagini bizzarre, dove Spider-Man è di schiena, con un’anatomia erronea, troppo ingarbugliato, in pratica fuori dai canoni ma proprio per questo capace di intercettare nuovi lettori.

A cambiare l’iconografia del personaggio fu anche il nuovo modo in cui l’autore disegnò la ragnatela. Prima di lui, i disegnatori pensavano alla ragnatela come a una rete, delle linee unite nel mezzo da fili a raggiera o incidentali, ottime per le vedute laterali, un macello se le volevi direzionare verso lo spettatore e creare visuali con del mordente. McFarlane s’inventò una corda sfilacciata e appiccicosa (la descrisse come «quattro fili di pongo tenuti insieme da un quinto filo che li avvolge»), la disegnò a metri in tutte le vignette e la fece diventare un elemento decorativo.

La copertina di The Amazing Spider-Man #300, disegnata da Todd McFarlane

La copertina di Amazing Spider-Man #300 è rappresentativa di questo approccio – non a caso è quella che altri autori (ma anche lo stesso McFarlane) hanno citato più volte. Spider-Man è a mezz’aria, contorto in una posa ragnesca e disegnato su uno spazio bidimensionale dove una decorazione circolare alla Rockwell lascia intravedere solo una porzione dello sfondo urbano.

È sulla questione del realismo della posa che si gioca la partita più importante. Con il suo tratto molto quieto, Charest cerca di svincolarsi dal modello di McFarlane, troppo dinamico per i suoi gusti. «C’è un numero finito di modi in cui puoi contorcere il corpo. Vuoi che tutto sia il più fresco possibile. Voglio sempre rendere il suo corpo contorto, ma in maniera realistica. Non voglio che sia rigido.»

«Cerco sempre di accentuare le pose in modo da far capire sin dal primo impatto che si tratta di gesti sovrumani e che nessuno di noi “comuni mortali” potrebbe fare altrettanto, ma al tempo stesso di non esagerare troppo perché poi si rischia di scadere nel ridicolo e di ottenere l’effetto inverso» dice Camuncoli. «Ho sempre cercato di disegnare seguendo una mia idea del segno e del personaggio. Ho sempre prediletto una verosimiglianza di massima che però sia spettacolare e funzionale alla storia, rispetto alla correttezza e all’ortodossia anatomica.»

La copertina di Spider-Man: Miles Morales, disegnata da Sara Pichelli

«La sfida più difficile è gestire il linguaggio del corpo di Spider-Man» ha detto Sara Pichelli, co-creatrice di Miles Morales, la versione afroispanica del personaggio, divenuta popolare negli ultimi anni fino a diventare protagonista del lungometraggio Spider-Man – Un nuovo universo. «È difficile rendere convincente la flessibilità del corpo e il dinamismo senza correre il rischio di farlo sembrare un pupazzo di gomma. Devi essere bravo a controllare l’anatomia umana ed esagerarla quel tanto che basta.»

Quello tra credibilità e piacevolezza visiva è un equilibrio delicato da mantenere. «I disegni di Spider-Man vengono bene quando puoi spingere la sua posa» spiega Michael Cho. «Confinarlo ai limiti del corpo umano è un’opzione molto limitante e toglie il divertimento e la personalità dal personaggio.»

Lo Spider-Man di Charest

Per una copertina variant di Spider-Men, Charest ha optato per una posa molto particolare che, come dice lui, se ne infischia delle regole fisiche. «La prima cosa a cui penso è cercare di togliere di mezzo la gravità, di fare in modo che la gravità non influenzi il personaggio. E utilizzare lo sfondo cittadino, i grattacieli, come uno sfondo astratto.»

C’è invece chi, quello sfondo, lo fa diventare un personaggio a sé: negli ultimi anni si sono viste soluzioni alternative che utilizzano i riflessi sui vetri (John Romita Jr., in due occasioni, una delle quali ripresa da Terry Dodson e Tony Harris) o spostano lo sguardo distante su un personaggio ancora più grande, la metropoli. L’hanno fatto negli ultimi anni Aaron Kuder, Oliver Coipel e Marcos Martin, le cui idee di design rimandano a tempi più quieti e danno molto peso al rapporto spaziale del corpo con lo sfondo. Ne sono un esempio Amazing Spider-Man #578, Amazing Spider-Man #655 o le copertine variant realizzate per Amazing Spider-Man #700.

Un altro fattore che influenza la scelta di come disegnare il personaggio è il mercato collaterale dei collezionisti di tavole originali. Arthur Adams, che realizza tutti i suoi lavori su carta, afferma che la destinazione finale dell’opera non è tanto la pubblicazione ma la parete di qualche compratore: «C’è anche questo aspetto da tenere in conto quando disegni. Ai collezionisti interessa più l’immagine in cui il personaggio è fico, e non necessariamente un’immagine legata a un momento della storia». Una scelta compositiva raffinata potrebbe fruttare meno di una posa baldanzosa ma facile.

La copertina di The Amazing Spider-Man #578, disegnata da Marcos Martin

Forse anche per questo motivo l’illustrazione evocativa in copertina ha iniziato a prevalere su quella narrativa, che raccontava un momento forte della storia all’interno per invogliare all’acquisto. «Il protagonista in posa estrema, il corpo teso, l’espressione drammatica, un urlo, alle sue spalle un’enorme esplosione» ha scritto Davide De Cubellis. «Altre volte una posa solenne e la città sullo sfondo, un tramonto… Oppure un classico scontro col villain di turno, intorno panico e distruzione. Muscoli e Potenza sono le parole d’ordine. Quello che ci viene raccontato è soprattutto il nostro (super)eroe e l’immagine ci lascia “sospesi”.»

Il fatto, poi, che le copertine vengano realizzate con largo anticipo, per poter essere inserite nei cataloghi dei rivenditori, portò a una proliferazione, nei primi anni Duemila, di copertine pin-up che non raccontano la storia e che sono quindi intercambiabili da titolo a titolo o riutilizzabili come generiche immagini promozionali. Di conseguenza aumentarono drasticamente le pose a mezz’aria e la scelta del personaggio di rivolgersi direttamente all’osservatore (accadde soprattutto su Ultimate Spider-Man).

Prove per una copertina di “Amazing Spider-Man”, per gentile concessione di Michael Cho

Uno dei principali copertinisti del periodo fu J. Scott Campbell, disegnatore che aveva iniziato a lavorare nella scuderia di Jim Lee, dal quale aveva imparato l’esagerazione e la confidenza in se stessi (era stato guardando Lee firmare con un grosso pennarello argenteo su tutta la copertina di un albo che aveva compreso il concetto di estroversione). Il suo retroterra nell’animazione lo portò a fare due cose precise: scegliere la posa più sgargiante ed esagerare il movimento. Fu lui a disegnare la copertina di Amazing Spider-Man #500 e a spingere l’estetica ragnesca dalle parti dei canoni Wildstorm.

«Io preferisco sempre che nella copertina ci sia un rimando a quello che succede all’interno, anche solamente a livello di tematica» dice Camuncoli. «Mi piace che funzioni e incuriosisca il fan in maniera autonoma, e poi fornisca, a chi legge, un secondo livello di narrazione, arricchendo l’esperienza. A disegnarla ci metto sicuramente più tempo ma alla fine sono molto più soddisfatto del risultato.»

La copertina di The Amazing Spider-Man #500, disegnata da J. Scott Campbell

Come fa notare Cho, è dura inventarsi delle belle pose da copertina per un personaggio con oltre cinquant’anni di storia, ma la sfida per creare nuovi momenti iconici è sempre aperta. «Potrà sembrarvi complesso come sistema» chiosa Camuncoli, «ma in realtà è piuttosto rapido e funzionale. E divertente: fare copertine è sempre figo».

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