Quando incontriamo per la prima volta Marco, il giovane musicista protagonista de Il futuro nei denti, lo troviamo in ospedale, in compagnia di due poliziotti, subito dopo un tentativo di suicidio fallito. A partire da qui, l’opera prima di Giangioff segue i ricordi del personaggio, nel tentativo di ricostruire la vicenda che lo ha spinto a cadere così in basso.

Una ricostruzione a cui è interessato lo stesso Marco, visto che al momento in cui la storia comincia i suoi ricordi, e in particolare quelli relativi al suo gesto disperato, sono pochi e confusi. Si capisce subito, del resto, che ciò che è davvero in gioco in questa indagine non è la banale concatenazione di fatti non ancora ricostruiti, quanto la scoperta di un insegnamento, di un senso per una storia dall’epilogo tanto traumatico.
Nello sfogliare questo volume, pubblicato nell’ottobre scorso dalla neonata etichetta Fumetti di Cane, la prima reazione è di scetticismo: Giangioff non sembra proporre nulla di troppo originale, né sul piano dei contenuti né su quello della forma. La vicenda di Marco si muove in effetti nel solco tematico e contenutistico tracciato da artisti come Gipi o Vasco Brondi, nei confronti dei quali lo stesso autore riconosce di essere profondamente in debito.
La mancanza di direzione, l’assenza di prospettive, il rapporto problematico con le generazioni precedenti… Il futuro nei denti è l’ennesima storia di un disagio generazionale che trova appiglio in due sole ancore di salvezza, che sono da sempre le stesse: l’amore e l’arte. Seguiamo allora questo giovane sbandato nella consueta odissea di speranze, entusiasmi, delusioni, frustrazioni, epifanie che costituisce il cammino obbligato di ogni iniziazione all’amore o all’arte. Per Marco i due percorsi sembrano tra l’altro avanzare in parallelo, con una sincronia tanto rara quanto felice, e a passo spedito.

La mancanza di originalità di quest’opera non è di per sé problematica (è un vecchio pregiudizio avanguardistico che l’originalità sia il metro dell’arte), anche perché è controbilanciata da uno storytelling che riesce a evitare ogni forma di presunzione o pedanteria, consegnando al lettore una vicenda squisitamente umana, la cui disarmante irrilevanza finisce col tradursi in tenerezza.
La narrazione è condotta in prima persona, ma non diventa mai la scusa per impartire lezioni di vita o parlare dal pulpito di un’oracolare onniscienza. Al contrario, essa si salda perfettamente con lo stile spontaneo di Giangioff e conferisce a questa storia inventata quel sapore autobiografico che rende ancora più facile volere bene al personaggio di Marco. Il protagonista, però, risulta essere il passeggero sostanzialmente passivo su di un treno che in fin dei conti è guidato da altri.
Stupisce in effetti che Marco, di cui si racconta qui l’ascesa e la caduta, sia quasi sempre (talvolta letteralmente) preso per mano nell’attraversare le tappe di questo viaggio. Ora la felicità e la fortuna gli si offrono con inaspettata generosità, ora si sottraggono con crudele ironia, ma sempre senza che al nostro eroe sia richiesta alcuna azione, alcun mutamento, alcun merito o colpa come costo da pagare per il trionfo o per la disperazione.

Senza un vero e proprio percorso di formazione del protagonista, senza alcun vero approfondimento del contesto socio-politico che produce una parte importante dei suoi problemi e delle sue aspirazioni (come si trova per esempio spesso in un autore come Zerocalcare), senza una caratterizzazione accurata dei personaggi secondari e delle loro motivazioni, Il futuro nei denti finisce con l’assumere i tratti di un naufragio in cui il protagonista può solo raccogliere quello che porta la corrente, farsi forza e sperare per il meglio.
Si tratta di una presa di posizione dell’autore, e poco importa che essa sia consapevole o involontaria, figlia di una precisa visione socio-politica o piuttosto di un sentimento. In questo modo, Giangioff ci offre un’immagine profondamente fatalista e deterministica della vita e dell’infelicità.
A Giangioff va sicuramente riconosciuto il merito di aver voluto e saputo dare forma a quest’immagine del mondo con consapevolezza d’autore e con una storia esemplare nella sua apparente banalità, prestando i disegni e la voce a una generazione che nel suo malessere finisce (probabilmente sbagliando) col rappresentarsi il futuro come qualcosa che, lungi dal poter controllare, puoi al massimo sperare di prenderti nei denti.
Il futuro nei denti
di Giangioff
Fumetti di Cane, ottobre 2019
Brossurato, 112 pp., b/n
10,00 €
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