La serie di libri illustrati dello svedese Simon Stalenhag nasce sull’onda del successo riscosso in rete dai suoi disegni che, dopo aver spopolato già nell’epoca di Tumblr, continuano a essere apprezzati su Instagram permettendogli di realizzare dei volumi grazie a Kickstarter.
Il suo immaginario fantascientifico si nutre di estetica cyberpunk, architettura modernista e brutalista, gusto per gli spazi aperti e desolati e un pizzico di sensibilità rétro. Stalenhag usa colori vivaci e chiari, che danno l’impressione calda dell’acquerello e della tempera, ma sono in realtà stesi con tecniche digitali. Disegna paesaggi talvolta inquietanti, ricchi di rovine di un passato prossimo e interrotti da grossi apparecchi meccanici futuristici o cavi e rottami di macchinari misteriosi.
Il volume Tales from the Loop (in Italia semplicemente Loop, per Mondadori Oscar Ink), affianca suggestive immagini di grande respiro a frammenti di vita in una Svezia di un ipotetico futuro in cui i resti tecnologici del recente passato fanno da sfondo al quotidiano. Non si riceve particolare introduzione al mondo inquietante e misterioso in cui si è catapultati. Si ha la chiara impressione che quel mondo celi molto di più di quel che si vede, a partire dai disegni accompagnati da brevi racconti e memorie.

Il Loop del titolo è una presenza tanto ingombrante quanto inafferrabile e difficile da definire: una struttura tecnologica e scientifica nella quale si indagano ed esplorano i misteri dell’universo, e dove probabilmente le regole stesse della fisica vengono piegate.
Il libro dunque ha fornito solo lo spunto iniziale per la serie Tales from the Loop prodotta da Amazon e ispirata più all’estetica dei disegni di Stalenhag che agli elementi narrativi dei suoi libri. Cambia anche l’ambientazione: siamo negli Stati Uniti, in Ohio, anziché in Svezia. La serie è fedele in molti altri aspetti al lavoro dell’illustratore e rende il Loop ancora più protagonista dello scenario e del racconto.
Gli otto episodi sono tutti corali e autoconclusivi – come in altre serie di Amazon Prime, per esempio Romanoff o Modern Love – e ruotano attorno a paio di famiglie e pochi altri individui che vivono nell’area nei pressi del Loop. Vanno visti però nel loro ordine, poiché compongono un quadro complesso a cui si aggiungono di volta in volta elementi. Tutto questo appare chiaro soprattutto quando si arriva in fondo, con gli ultimi due episodi.

Il concetto di “loop” (la circolarità, la ripetizione) è centrale nelle singole storie. Ci muoviamo in un mondo interconnesso e regolato da un ordine che la presenza del Loop sembra dominare, ma che forse potrebbe aver anche compromesso. Tutto può ritornare, tutto può ripetersi, in un cerchio di vita che si autoalimenta e talvolta può tristemente sovrapporsi (come quando una figlia cerca la madre ma finisce per trovare la se stessa del futuro o un uomo si perde, entra in una casa e ci trova un altro se stesso con il suo fidanzato morto da tempo).
Le scene – con colori che riprendono i toni dei dipinti di Stalenhag – spesso indugiano a lungo su paesaggi o composizioni simmetriche. Il racconto è pacato ed emotivo, dominato da una persistente sensazione di nostalgia, da un’aspirazione a ritrovare qualcosa di perduto che però né i personaggi né gli spettatori sembrano riuscire a comprendere o ad afferrare del tutto. Complici le musiche delicate di Philip Glass e Paul Leonard-Morgan, le atmosfere sono sempre profondamente sospese e tese.

Rispetto al lavoro di Stalenhag, la serie aggiunge profondità e un buon equilibrio tra sentimento e riflessione. È praticamente impossibile limitare la serie all’interno di un cappello di genere. Buona parte degli episodi travalica le definizioni, sottraendo un po’ di elementi da fantascienza più dura – come quei grovigli di cavi o alcuni macchinari imponenti e minacciosi che all’illustratore piace tanto disegnare – e lasciando invece intatto il design degli apparecchi più funzionali, come i demolitori o le sfere meccaniche abbandonate in giro.
Visto che gli autori della serie sono stati in grado di ampliare così profondamente gli input visivi e narrativi disseminati da Stalenhag nei suoi libri e nelle sue illustrazioni, non resta che aspettarsi che la produzione prosegua con altre stagioni, magari esplorando i contesti immaginati dagli altri volumi dell’autore, come Electric State, uscito in Italia più di recente.
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