Per la nostra rubrica Lo scaffale di…, abbiamo chiesto a Maicol & Mirco (Gli Arcanoidi, Il papà di Dio, Palla rossa e pallablu) di scegliere e commentare 5 fumetti dalle sue letture più recenti.
Lassù no, di Filippo Scòzzari

Si smette di essere bimbi quando si scopre la morte. Si smette di essere fumettisti-bimbi quando si scopre Filippo Scòzzari. La merda piange, i ricchi si ammalano, le stelle son bulloni, si scoprono novantasette diversi modo di tradire, nessun modo di amare, le macchine corrono o esplodono, le donne son uomini e gli uomini donnacce. Tutto questo è il profumo dei fumetti di Filippo.
Ho sempre apprezzato il suo rifiuto di morir giovane. Ma se avesse almeno inscenato la sua morte, oggi avremmo il Centro Fumetto Filippo Scòzzari, piazzale F. Scòzzari, Fango e Ossigeno allegato a La Repubblica e Primo Carnera al cinema. Con Primo carnera interpretato da Vittorio Gassman. Ma Filippo è vivo. E vi tocca comprarvi questa nuova bella edizione.
Le grandi cronache di B.C., di Johnny Hart

Quattro cavernicoli, un paio di cavernicole, un serpente, una tartaruga, un dinosauro spelacchiato e qualche formica. Dentro B.C. trovate disegnato solo questo, ma raccontato tutto: tutta l’avventura umana, la fantascienza, la tecnologia, la psicoanalisi, le guerre mondiali. Tutto. Per un’epica vera basta davvero un guscio di noce e un temporale.
Hart ci ha insegnato non a togliere, ma semplicemente a suggerire. Non è un fumetto minimale: l’universo di B.C. sembra piccolo solo perché gigante è l’occhio dell’autore. L’occhio di un dio.
La saga dei Moomin, di Tove Jansson

I Moomin dovrebbero essere lo standard di qualunque opera a fumetti. Personaggi assurdi, che vivono esperienze normali, in modo assurdo, ma per loro normale. Il fantastico è servito da bere in una teiera sghemba. La lingua è uno slang, quello familiare, quello di una famiglia, simile al nostro ma con parole tutte sue.
Voi in famiglia quanti nomignoli avete dato al vostro modo di vivere? Alle vostre cose preziose? Il vostro cane ha un nome, ma quanti soprannomi? Vostro figlio ha un nome di battesimo, uno da coccole e uno da marmellata rubata. No? I Moomin parlano stranissimo (la traduzione in un bislacco toscano è la ciliegia su una torta di ciliegie). Come tutti i personaggi dei fumetti oziano, non lavorano.
Il lavoro viene trovato solo per gioco, al fine di un’avventura. Si diventa marinai non per lo stipendio o per il pesce, ma solo per affrontare tempeste e naufragi. Si diventa pittori non per dipingere, ma per aggirarsi in giardino con cavalletto e tavolozza alla ricerca di un’ispirazione. Si è soldati solo tra colazione e pranzo. Astronauti solo dopocena. I fumetti non hanno bisogno della realtà. Figuriamoci i fumetti dei Moomin.
Storie di un tempo lontano, di Leiji Matsumoto

Il nero più scuro è quello di Matsumoto. Il nero del suo spazio è mille volte più nero del nero di Sin City. Matsumoto però non usa colori diversi da quelli di Frank Miller, tipografie differenti da quelle di Mike Mignola, carte diverse da quelle Alberto Breccia.
Matsumoto usa un’astronave diversa. Che va dove nessuno di questi autori, o noi lettori, è stato mai. Salite a bordo dei suoi libri, non servono Maicol & Mirco per spiegarvi quei cieli. Maicol & Mirco vi aspettano sulla terra, solo per chiedervi: «Avete visto che nero?».
Bug Boy, di Hideshi Hino

Hino è il giocattolo di un mostro.
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- Il papà di Dio, o lo gnosticismo rovesciato di Maicol e Mirco
- Sunday Page: Maicol & Mirco su Daffy Duck
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