
Punisher, il personaggio di Marvel Comics creato da Gerry Conway, John Romita Sr. e Ross Andru nel 1974, è più popolare che mai tra le forze armate, grazie alla filosofia intransigente e alla capacità di ottenere giustizia con qualsiasi mezzo. Poliziotti e soldati provano un amore particolare per il personaggio. L’appropriazione del personaggio da parte loro è un problema con cui Marvel Entertainment si confronta ciclicamente, e la questione si è ripresentata in questi giorni, quando il teschio bianco è apparso sulle uniformi di alcuni agenti di polizia a Detroit, in un momento di grande crisi sociale dovuta alla morte di George Floyd per mano di un agente di Minneapolis e alle conseguenti proteste del movimento Black Lives Matter.
Un portavoce di Marvel Entertainment ha confermato a io9 la presa di posizione dell’azienda contro il razzismo, tanto a parole quanto a fatti (Walt Disney Company si è impegnata a donare 5 milioni di dollari a varie organizzazioni non profit per i diritti civili), limitandosi a garantire che «l’editore prende seriamente qualsiasi uso non autorizzato delle immagini Marvel». L’ufficio stampa dell’azienda ha poi indicato come esemplare The Punisher 13 di Matthew Rosenberg e Szymon Kudranskiun, albo del luglio 2019 in cui il Punisher affrontava il problema della deificazione da parte della polizia di Frank Castle.
La storia raccontava dell’incontro tra Castle e due agenti di polizia di New York, suoi fan sfegatati al punto da attaccare adesivi raffiguranti il teschio sulle loro auto. «Lo dirò una volta sola» dice Castle, strappando il suo logo dalla macchina, «Non siamo uguali. Voi avete fatto un giuramento per proteggere la legge. Voi aiutate le persone. Io ci ho rinunciato tanto tempo fa. Voi non fate quello che faccio io. Nessuno lo fa. Voi ragazzi volete un modello di ruolo? Si chiama Capitan America e sarebbe felice di esserlo per voi».
«Certo, è un messaggio chiaro», ha commentato io9, «ma c’è una bella differenza tra rivendicare una scena in un fumetto di un anno fa che ha venduto meno di 22.000 copie al suo debutto, e diffondere una dichiarazione chiara sull’uso dell’immagine del Punisher da parte della polizia in questo momento storico».
Sull’argomento è intervenuto lo stesso dipartimento di polizia di Detroit che, tramite un portavoce, ha affermato che «il personaggio non riflette i valori della polizia di Detroit e il suo uso non verrà tollerato. Prendiamo questa questione molto sul serio e prenderemo misure immediate per risolvere il problema».
L’iconografia e l’immaginario del Punisher ha assunto valenze totemiche per molti poliziotti e soldati nell’ultimo decennio, «un periodo che ha visto sorgere la militarizzazione post-11 settembre e la visibilità del personaggio in nuovi fumetti e due film», ha scritto Vulture. «È una sorta di anti-cattivo, invece che di anti-eroe», ha spiegato Conway al TIME, descrivendo i metodi non ortodossi (rapimento, tortura, omicidio) per ristabilire giustizia nella società.

Se ne era già discusso all’indomani dell’uscita di American Sniper, film in cui comparivano diversi riferimenti al personaggio. Riferimenti che, però, derivavano direttamente dall’autobiografia del soldato americano Chris Kyle, alla cui vita reale è ispirato il film di Eastwood. L’unità di Chris Kyle si faceva chiamare “The Punishers” ed era talmente attaccata al personaggio da impedire che un gruppo di commilitoni adottasse lo stesso nome. Nella sua autobiografia, Kyle scriveva: «Eravamo noi i Punishers, loro dovevano trovarsi un altro simbolo».
La gran parte dei poliziotti o membri delle forze armate ammira la libertà giurisdizionale del personaggio e l’assenza di legacci nelle sue azioni: «Frank Castle fa cose che anche noi vorremmo poter fare legalmente», afferma Jesse Murrieta, lavoratore freelance per gli U.S. Marshal che ha dipinto il teschio del Punisher sulla propria uniforme. «Non vede le sfumature di grigio che, sfortunatamente, tormentano il sistema giuridico statunitense e che rallentano e a volte impediscono alle vittime di un crimine di ottenere giustizia». Il veterano dell’esercito Russell Gallaway confessa che il suo amore per il personaggio è stato un fattore che ha pesato molto nella sua scelta lavorativa. «E quando mi trovavo di fronte a un problema mi chiedevo “Cosa farebbe Frank?”. Finché la risposta non era “Ucciderebbe tutti”, sapevo che era la cosa giusta da fare».
I rappresentanti della legge sanno bene che l’attrazione verso il Punisher ha una forte componente fantastica e liberatoria, ma niente che si debba imitare nella vita vera. Il sergente Charles E. Humes Jr., sul sito Law Officer, si è scagliato contro esternazioni simili asserendo: «Non importa cosa abbia fatto un aggressore o quanto se lo “meriti” davvero, il nostro lavoro non è quello di punire».
«La figura del vigilante è fondamentalmente una critica al sistema giuridico, un esempio di fallimento sociale, così, quando i poliziotti appendono il logo del Punisher sulle loro uniformi o le loro auto, stanno dichiarando la loro solidarietà a un nemico del sistema» ha detto Conway a Syfy nel 2019. «Abbracciano una mentalità da fuorilegge. Che si ritenga il Punisher dalla parte del giusto o meno, che si ammiri o no il suo codice etico, è innegabile che sia un fuorilegge, un criminale. La polizia non dovrebbe utilizzare un criminale come suo simbolo».
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