Scene da un futuro imminente: “Press Enter to Continue” di Ana Galvañ

press enter ana galvan

Come ogni dettaglio che lo compone, anche il titolo del nuovo fumetto di Ana Galvañ non è casuale: Press Enter to Continue, più che un imperativo, ha tutta l’aria di essere un monito, un’analisi lucida e spietata del nostro presente, fatto di Internet, mediazioni ridotte all’osso e realtà a portata di click. Al momento di sceglierlo l’autrice spagnola si è ispirata allo scrittore di fantascienza John Varley, che nel 1984 pubblicò un breve racconto distopico sulla società del futuro, Press Enter, dove il responsabile di un delitto si credeva potesse essere un computer di ultima generazione. 

Pur non risultando così esplicita nelle trame che intesse, la stessa Ana Galvañ parla di morte e regressione omicida indotta dalla tecnologia, in un’opera che punta molto sulle immagini, facendo ricorso a brevi scambi di battute e lasciando libero il lettore di esercitare il suo potere più grande: l’interpretazione.

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Press Enter to Continue è una miscela di cinque racconti brevi molto diversi e apparentemente slegati tra loro. Ogni storia racconta di “situazioni” ancor prima che di “personaggi” e ad accomunarle è il sottile cammino di una figura stilizzata che si muove, anonima, nelle pagine di raccordo tra le singole vicende e che al termine di ciascuna riappare con le fattezze del protagonista di turno. La vediamo camminare, quasi fosse lei il vero perno di tutto: l’uno, nessuno e centomila della società, che per poter andare avanti ha bisogno di ricoprire quanti più ruoli gli è consentito.

La stessa Galvañ del resto ha ribadito l’importanza di queste pagine: prese singolarmente esse significano poco, ma la loro somma costituisce quasi un racconto bonus. Al contrario, nei singoli racconti l’autrice ostenta un approccio molto più esplicito, subdolamente ironico ma molto poco fantascientifico. La sci-fi di Press Enter to Continue ricorda un po’ Black Mirror, ma in un’ottica che rinuncia alla satira schietta a favore del dubbio esistenziale: dove ci sta conducendo il progresso? 

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Non più “cosa potremmo diventare”, bensì “come fare per prepararsi al peggio”. Alla lunga, questo spirito avrebbe potuto sfociare nella filosofia spicciola, ma il fumetto offre invece tutti gli indizi necessari affinché sia il lettore a darsi una risposta – o a sprofondare ancor più nel dubbio.

La chiave è un linguaggio che di rado aderisce al vero dei personaggi – i pochi con i quali abbiamo a che fare sono sempre in bilico tra la maschera e la proiezione di noi stessi – e che invece punta molto sulla credibilità del contesto, simbolo più veritiero delle intenzioni metaforiche di Galvañ. Un tavolo non è semplicemente un tavolo nella scena in cui una giovane disoccupata sta sostenendo un test per ottenere un lavoro: le sue dimensioni, lo stile grafico, il punto di vista dell’illustrazione lasciano intendere che tra la donna e un’occupazione si stagli un abisso a prima vista incolmabile.

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A suggerirlo è anche la struttura delle tavole, che nel giro di due pagine passa da inserti ampi, immersivi e compassati a una rigida frammentazione in vignette che richiama Here di Richard McGuire e che per questo non può essere collocata con precisione nel tempo se non dopo aver letto il racconto per intero.

Un ulteriore indizio dell’influenza di McGuire è lo stile di disegno: i movimenti dei personaggi appaiono soltanto accennati, richiamati da minime inflessioni del volto o cenni dello sguardo, mentre la gamma dei colori spazia dalle tonalità chiare del giallo e del marrone alle sfumature più algide del celeste. Il tratto è pulito e le illustrazioni sono perfette per raccontare uno stato d’ansia costante nei personaggi e nella società. Lo stesso non si può dire dei testi, che non sempre riescono a mettere in scena in modo adeguato le loro sofferenze, causa forse una scrittura troppo sintetica e non sempre in grado di tenere uniti i pezzi della narrazione.

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Narrazione che è cadenzata dalla drammaticità delle situazioni: al centro dell’attenzione Galvañ pone le peripezie di individui comuni e senza nome, insospettabili odissee domestiche, scappatelle amorose finite male e autobiografie di sopravvissuti sul punto di provare rimpianto per il loro passato. E come spesso accade nei racconti di fantascienza, anche qui il vero nemico dell’uomo non si scopre essere la tecnologia, bensì l’uomo stesso, prigioniero di un ecosistema da lui creato dove il digitale non è più un’alternativa.

È la potenza espressiva ciò che più colpisce di Press Enter to Continue, e questo induce ad assolvergli anche i difetti più grossolani, le derive troppo temerarie, le tesi più scontate o i dialoghi meno opportuni. L’importante è che tutto questo non sia lì per caso.

Press Enter to Continue
di Ana Galvañ
Fantagraphics Books, maggio 2019
cartonato, 96 pp., colore
21,49 €

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