
Sono chiamati da tutti “Texoni” per il loro formato imponente rispetto alla serie mensile. Escono ogni anno a inizio estate, destano clamore e richiamano curiosità grazie alla bravura e alla fama dei disegnatori di volta in volta ingaggiati. La collana in realtà si chiama Speciale Tex, e solo dal 1995 è registrata regolarmente in tribunale come periodico annuale. I primi volumi uscirono infatti come supplementi dell’albo del mese in edicola.
Il primo Texone fu pubblicato nel giugno del 1988 e intitolato non per caso Tex il grande. L’albo costituì infatti una celebrazione in grande stile dei quarant’anni (allora) dell’inossidabile ranger, creato da Giovanni Luigi Bonelli e Aurelio Galleppini: davvero un “grande” personaggio. E poi c’era il riferimento al nuovo formato A4, decisamente “grande” anch’esso.
Alle origini dei Texoni
Toccò a Guido Buzzelli (fumettista e illustratore, autore di La trilogia e Annalisa e il Diavolo) inaugurare la nuova collana con una prestazione artistica di livello tale da favorire nuove opportunità di sviluppo editoriale del personaggio. Come spesso è accaduto in Bonelli, l’idea iniziale era ben diversa. Alcuni anni prima, Buzzelli era stato contattato per disegnare una storia per la serie regolare. In quel periodo, l’editore stava cercando di rinforzare la squadra degli autori per garantire l’oggi e il domani della serie. Ai testi si erano già aggiunti da tempo lo stesso Sergio Bonelli, con lo pseudonimo di Guido Nolitta, e Claudio Nizzi. Ai disegni, erano arrivati i giovani promettenti Claudio Villa e Fabio Civitelli e i più classici Vincenzo Monti e Jesus Blasco. Il tratto nervoso e pittorico di Buzzelli poteva rappresentare un’ulteriore variante nella continuità. Ma la sceneggiatura solida e tradizionale di Claudio Nizzi, nelle dita di Buzzelli, acquisì un piacevolissimo tono ironico, e l’avventura diventò anche un po’ commedia.
Così, le 224 tavole realizzate, invece di occupare i due programmati albi mensili, furono pagate e tenute da parte in attesa di capire come utilizzarle. Sergio Bonelli si era reso conto non solo che quelle tavole erano troppo diverse dal canone consolidato, ma anche che rimpicciolite nel formato mensile (che pure si chiama ancora oggi “gigante”, in quanto accrescitivo rispetto alle antiche strisce degli esordi) perdevano molto del loro potenziale.

Ecco allora che prese corpo il progetto di un albo speciale, più grande, dove i disegni di un fuoriclasse come Buzzelli potessero essere valorizzati a dovere. Ma c’era anche un’altra circostanza. Per un’edizione del genere, servivano l’occasione giusta e un progetto editoriale che non fosse azzardato economicamente. E il quarantennale del personaggio poteva essere l’occasione giusta, anche per promuovere in grande stile il personaggio bandiera della casa editrice.
Bonelli ebbe un’idea davvero importante: produrre una grande mostra espositiva dedicata a Tex, proprio per celebrarne l’anniversario. Nacque così il progetto de “La Ballata di Tex”, con la collaborazione dello studioso Claudio Bertieri, una delle menti di Lucca Comics, e dello scenografo Gianni Polidori, che aveva lavorato anche per Luchino Visconti. La mostra ricostruiva ambienti tipici del genere western, come l’ufficio dello sceriffo e il saloon. I visitatori potevano visitarli ammirando anche le numerose tavole originali esposte al pubblico, spesso per la prima volta. Nel giro di un paio d’anni la mostra fu allestita con risonanza in diverse città italiane, come Mantova, Milano, Lucca, Cremona e Carpi. Produrre e offrire eventi fu una mossa di marketing ante litteram che consolidò l’affermazione definitiva di personaggi come Dylan Dog e il rilancio di altri – ritenuti ormai datati – come Tex.
Dunque, il lancio del nuovo Albo Speciale avvenne in un’atmosfera di rinnovata curiosità della stampa e dell’opinione pubblica, in un contesto in cui i prodotti della casa editrice raggiunsero una definitiva legittimazione a ogni livello, dall’attenzione degli intellettuali a quella delle istituzioni pubbliche.
Una grande novità
Il successo del primo Texone superò ogni previsione e costituì un ulteriore tassello della leggenda editoriale texiana, che spingeva molti a ritenerlo ovvio, facile e scontato, quando in realtà alle spalle c’erano decisioni ponderate, talento artistico e sapienza organizzativa. Grafica e contenuti della nuova collana ne furono la conferma. La copertina si presentò con due elementi di grande impatto: un’illustrazione realizzata e colorata dal disegnatore che emergeva elegantemente dallo sfondo rigorosamente bianco, e, appena sopra, il logo di Tex che esplodeva al massimo della sua larghezza.

In testa e a piede due semplici cornici che riportavano il claim «Albo speciale per i 40 anni di» (e sotto il logo), il nome dell’editore e il prezzo di 5.000 lire (il mensile all’epoca costava 1.700). Ulteriori informazioni, visibili, ma poste in minimo rilievo erano il titolo dell’episodio accanto al logo e, per la prima volta, in basso a sinistra, la menzione del nome del disegnatore. Il giallo della camicia di Tex emergeva con chiarezza dalla copertina. E proprio questo colore facava da sfondo alla vignetta riportata in quarta di copertina e riprodotta in bianco e nero. Ancora il giallo dominava la costa della brossura, che proponeva il titolo e, nuovamente, ma in piccolo, il marchio di Tex.
La realizzazione dell’interno si giovò chiaramente dell’esperienza consolidata grazie ai volumoni cartonati a colori pubblicati a partire dal 1975 da Mondadori e Cepim, con testi divulgativi a tutta pagina, dedicati ai temi e agli autori dell’opera, accompagnati da illustrazioni e fotografie scelte con cura. L’idea del logo gigante e il tono generale dei testi furono di matrice linusiana. Il progetto grafico era stato infatti realizzato da Salvatore Gregorietti, e l’intervento di apertura fu firmato dal più noto cognato Giovanni Gandini, vale a dire i due protagonisti principali della nascita di Linus e del suo primo storico ciclo.
In particolare Gregorietti meriterebbe uno spazio di approfondimento a sé, data la straordinaria longevità dei suoi progetti di marchi e impaginazione. Ma tornando a noi, possiamo rilevare che il valore aggiunto di Bonelli Editore fu nell’aver messo a disposizione, ancora una volta, l’albo più ricco al prezzo più povero. Quelle 5.000 lire chieste per il primo Texone (poco più del triplo del costo del mensile) erano veramente un prezzo invitante. Inoltre, con tutte queste premesse, il progetto grafico complessivo si rivelò azzeccato, tanto da essere rimasto praticamente intatto fino ai giorni nostri.
C’è un’ulteriore chicca finale: la paternità di questo progetto, così semplice ed efficace, fu attribuita nei crediti a Tiziano Sclavi. Una menzione formale che ci da un’idea della ricchezza di competenze e varietà di personalità che Sergio Bonelli aveva saputo riunire attorno a sé e che negli anni Ottanta avrebbero consentito il salto di qualità della casa editrice.

Dare continuità al successo
Una volta definita la nuova collana, Bonelli lavorò subito per assicurarne la continuità, iniziando a contattare autori di prestigio, come annunciato nel redazionale a cura di Decio Canzio. Il progetto di reinterpretare Tex in un’ottica autoriale poté prendere corpo anche grazie alle consistenti esperienze conseguite con la produzione di riviste d’autore come Pilot e Orient Express e di collane monografiche, come la celebre Un uomo, un’avventura. Ma l’impegno richiesto per questa collaborazione (224 tavole come standard) fu tale da spingere molti big a rifiutare.
Nella prefazione all’ottavo volume, Bonelli elencò tra gli indisponibili Moebius, Hugo Pratt, Enki Bilal, John Romita padre e figlio, Frank Miller e Gracia Seijas (quest’ultimo sarebbe arrivato però circa vent’anni dopo). L’editore non si scoraggiò e riuscì ad ingaggiare subito autori del calibro di Zaniboni, Giolitti, De La Fuente, Ortiz e, soprattutto, Magnus (nome omen è proprio il caso di sottolineare…). Avviata la collana, si presentò però il creatore grafico di Tex, Aurelio Galleppini in arte Galep, per proporsi.
Una richiesta che nella sua ovvietà e semplicità ruppe subito lo schema ipotizzato di riservare la partecipazione ai grandi autori extra Tex, ma che, oltre a essere immediatamente accolta, avrebbe davvero contribuito a dare un futuro all’iniziativa. Il fumetto italiano di matrice bonelliana era una realtà unica nel mondo per numero di pagine in rapporto alla periodicità. Nel momento in cui si decise di lanciare un nuovo formato, ancora più consistente, trovare autori disponibili a interpretarlo, dedicando a esso due o tre anni di esclusivo lavoro, nonostante i compensi significativi, non si rivelò per niente facile.
Accogliere Galep nella collana, autore storico e svelto, voleva dire sia accentuare l’impronta celebrativa che poter attendere i big esterni con meno ansia (Magnus ci avrebbe impiegato 7 anni per realizzare il suo Texone). Con il settimo volume, il nuovo criterio fu ribadito con Giovanni Ticci. Con l’ottavo, illustrato da Aldo Capitanio, si presentò una terza variante: l’autore interno alla casa editrice, già operativo, promosso nel pantheon dei grandi per l’occasione, con esiti davvero straordinari in questo caso.

Dunque, occorsero alcuni anni affinché la collana si consolidasse e trovasse il suo assetto organizzativo e artistico, con ricadute interessanti anche sulla serie mensile e sulle collane complementari. Autori come Ortiz, Font, Filippucci, De Angelis e Brindisi proseguirono la loro collaborazione con il personaggio dopo il loro Texone. Ma anche alcuni maestri accettano i calorosi inviti di Bonelli. Pensiamo a Milazzo, Gomez, Enrique Breccia e Bernet, solo per citarne alcuni. Il valore di queste uscite è tale che ancora oggi ci sono lettori che seguono solo i Texoni ma non la serie mensile.
Le ultime uscite hanno poi suscitato un notevole clamore. Il trentaquattresimo volume è stato disegnato per la prima volta da una donna, Laura Zuccheri. Il trentacinquesimo ha avuto come interprete speciale Claudio Villa, responsabile delle copertine da più di 25 anni e per questo poco presente sulla serie regolare, anche per la sua meticolosità nel disegnare. Per questi motivi, non solo il suo Texone è uscito fuori stagione, in febbraio, ma è stato preceduto da diverse edizioni speciali e a tiratura limitata per collezionisti. L’ultimo, uscito nel giugno di quest’anno, è stato invece disegnato da Massimo Carnevale.
Un bilancio
Il bilancio complessivo, per quanto temporaneo, è imponente. 32 anni per 36 uscite (per vari motivi, nel 1996, nel 2011 e quest’anno le uscite sono state raddoppiate). Ogni volume è un blocco di 240 pagine di carta solida e frusciante. Messi tutti impilati, l’uno sopra l’altro, formano una colonna di carta base A4, cioè 21 per 29,7 cm e alto 60 cm, per un totale di 37.422 cm cubi, cioè poco più di un ventiseiesimo di metro cubo, dal peso di circa 18 kg. 8.812 pagine, copertine comprese, di cui 8.080 tavole, un terzo delle quali disegnate da autori stranieri. Esclusivamente italiane invece le sceneggiature, quasi tutte firmate da Claudio Nizzi e Mauro Boselli, eccetto quelle realizzate da Gino D’Antonio, Tito Faraci, Gianfranco Manfredi e Pasquale Ruju.
Un grande successo hanno avuto anche le ristampe e riedizioni. La collana Tex Stella d’Oro ha già ripubblicato i primi 24 Texoni, mentre la riedizione a colori di Repubblica e L’Espresso è arrivata al numero 29. Alcuni Texoni sono anche stati riproposti in versione cartonata per le librerie a cura di Lo Scarabeo (8), Rizzoli Lizard (5), NPE (2), Bao Publishing (1) e Edizioni BD (1), quando ancora le licenze non erano esclusiva di Bonelli Editore.

L’albo che vanta il maggior numero di edizioni è La valle del terrore di Nizzi e Magnus. Ben 6 edizioni, considerando anche quella per collezionisti realizzata da Alessandro Editore nel 1997 in formato 35x49cm, con le tavole riprodotte nel loro formato originale. L’editore e titolare dell’omonima grande libreria di Bologna, e in passato titolare di Alessandro Distribuzioni (poi rilevata da Pan), possiede tutte le tavole originali del capolavoro di Raviola. La loro qualità e importanza è tale che per la prima inaugurazione del Museo del Fumetto di Lucca, avvenuta nel 2002, furono scelte proprio le tavole texiane di Magnus, anche se in copia.
Nonostante questi risultati eclatanti, il proposito iniziale di Sergio Bonelli è andato in parte disatteso. In fondo non sono stati così numerosi gli artisti davvero extra bonelliani ad aver accettato questa sfida. È invece emersa nel tempo la qualità degli autori che si sono formati all’interno dell’ampio parco testate della casa editrice. Il Texone non è più solo la celebrazione di un personaggio, ma di un’intera realtà editoriale, unica a potersi permettere prodotti del genere, non solo in Italia.
Questa vicenda editoriale, proiettata idealmente verso l’infinito (e oltre) ci permette di sottolineare ulteriori aspetti. I Texoni sono l’evoluzione finale di un percorso di crescita di un prodotto che all’inizio si è presentato in forma di striscia economica e che poi si è evoluto in formati sempre più grandi, inizialmente per riciclare le storie già pubblicate e in seguito come standard di produzione artistica. La crescita dei formati è andata in parallelo con quella economica e anagrafica dei lettori, che hanno anche maturato specifiche competenze di lettura sulle storie lunghe, mantenendo vivo nei decenni il tacito patto stipulato con gli autori. Un patto che vuole Tex apparentemente sempre uguale.
Un’uniformità che troviamo e ritroviamo nei formati, negli schemi, nel caratteristico abbigliamento costituito dal suo cappello a tesa larga, jeans blu, stivali in cuoio con speroni, un fazzoletto nero al collo, il cinturone con le due letali colt e la camicia gialla, abito simbolico che contiene il vendicatore, il perseguitato ingiustamente, il giocatore di poker, il pugile, l’uomo di legge, il tiratore infallibile, il padre apprensivo. E pensare che, tanti anni prima, c’era stata una camicia gialla molto simile, che conteneva solo delle parole ed era indossata da un bambino calvo.

Anche il genere western è a propria volta un contenitore di sottogeneri: pionieri, cowboy e allevamenti bestiame, carovane e pionieri, lotta contro gli indiani, difesa degli indiani, guerra di secessione, banditi e rapinatori, killers, rangers, diritti da difendere… E gli incroci con horror, fantascienza, giallo, e folklore costituiscono ulteriori occasioni per infinite variazioni sul tema.
Le ragioni narrative di questo successo sono da tempo ampiamente note. Proprio nella prefazione al primo Texone di Buzzelli, Decio Canzio a un certo punto scrive:
«Il carattere Tex-Bonelli si basa su alcuni dei sentimenti più intensi dell’animo umano: il fuoco sacro della dignità della vita, la percezione dell’idea di giustizia, la difesa dei deboli e degli oppressi, la saldezza dell’amicizia e del cameratismo, la volontà di arrivare alla meta, l’indignazione dettata da una costante tensione morale. E, in mezzo a queste esplosioni di vitalità esistenziale, anche la delicatezza dei sentimenti, quando occorre.»
A questo punto, non resta che concludere come fece Giovanni Gandini del cartonato Mondadori sopra citato:
«Il discorso su Tex può essere lungo come la fame. Nessuno dei supereroi a fumetti è stato allo stesso tempo così invulnerabile e così simile a noi come Tex Willer. Per satanasso! Potremmo incontrarlo in Arizona come a Monticelli d’Ongina!
Vamonos!»
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