
Nato in Manciuria da emigrati giapponesi, Hideshi Hino esordì come autore nel lontano 1967 sulla rivista sperimentale COM, curata da Osamu Tezuka, e pubblicò diversi lavori su Garo. Influenzata da Yoshiharu Tsuge, la sua poetica divergeva da quella del maestro. Pur inserendo nei propri lavori elementi autobiografici, Hino si dedicava maggiormente al fumetto orrorifico e splatter.
L’opera di Hino segnò un’intera generazione di lettori, infestando i sogni dei più piccoli con creature fantastiche rubate ai racconti del folclore giapponese, gli yokai, e implementando il pantheon del miti con interpretazioni personali e creative. E su uno yokai è incentrato proprio Oninbo, manga pubblicato da In Your Face Comix in due volumi che vanno ad arricchire il catalogo italiano del mangaka, dopo il fondamentale Visione d’inferno, Hell Baby e Bug Boy – tutti pubblicati da Dynit nella collana Showcase.
Onimbo è un yokai che si presenta nelle fattezze di un bimbo paffutello e inquietante. Perennemente con il moccio al naso, si aggira per le strade del Giappone dividendosi tra raccapriccianti scherzi e la caccia degli insetti infernali che allignano nel cuore degli individui, soprattutto dei ragazzi. Mosso da una fame atavica e da un’altrettanto famelica golosità, Onimbo individua facilmente i soggetti parassitati dagli insetti infernali e, con molta pazienza, attende che questi bozzoli si rompano, portando alla pazzia gli ospiti umani.

Il folletto è però sempre in grado di cogliere il momento giusto per intervenire, osservando il cuore degli uomini e individuando per curiosità o inconsapevole altruismo la causa dell’infezione. Infatti, spesso l’insetto non è altro che il correlato oggettivo di un trauma profondo: una violenza, un’ossessione, un disagio interiore che si incancreniscono nell’animo degli uomini corrompendo lo spirito e la mente. In questo, Hino è sottile, pur perseguendo effetti scioccanti, grazie a stati di allucinazione mentale che sfociano nel gore e si muovono in un contesto più che fantastico. Sembra evidente un’esigenza morale e psicologica: l’orrore non è che una piega della mente o della società.
Lo svolgimento per episodi autoconclusivi – legati fra loro da una continuità interna – ricalca la forma di manga di genere come Kitaro dei cimiteri di Shigaro Mizuki o di Cat Eyed Boy di Kazuo Umezz, sebbene condivida con il secondo uno sguardo più disincantato e freddo, nonché un approccio grandguignolesco, assente nelle opere di Mizuki.
La recente pubblicazione italiana delle opere di Hino colma un vuoto, iscrivendosi a un movimento di scavo archeologico che negli ultimi anni ci sta consegnando autori e opere di fondamentale importanza nella storia del manga. Onimbo, in particolare, sembra essere un passaggio importante per capire la sensibilità che ha forgiato autori horror successivi a Hino, come Junji Ito o Suehiro Maruo.
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