“Marginal” di Moto Hagio, la grande fantascienza in versione shojo manga

Definita la “dea dello shojo”, Moto Hagio è stata tra le fondatrici del Gruppo dell’anno 24, il collettivo di autrici che a partire dagli anni Settanta ha rivoluzionato – o forse addirittura ricreato – il manga per ragazze. Fin dagli esordi, Hagio ha ampliato i confini dello shojo, facendolo spesso sconfinare nel fantastico e nella fantascienza, e trasformandolo in territorio di tragedie, conflitti, ribellioni allo status quo. In barba al pregiudizio per il quale alle lettrici interesserebbero solo storie smielate e leggere… Un esempio perfetto di questa poetica è Marginal, pubblicato in Giappone a partire dal 1985 e tradotto ora in italiano da J-Pop.

marginal moto hagio manga jpop

Nella città di Monodole, una specie di Roma papale con intorno un deserto da Mille e una notte, folle di pellegrini convergono in Chiesa per assistere all’apparizione di Holy Mother, venerata perché è l’unica capace di fare figli. Siamo infatti in un mondo in cui le donne sono una leggenda che pochi hanno il coraggio di raccontare. Esistono solo uomini: nascono nel Medical Center, l’area sacra della Chiesa; da adolescenti sono venduti e comprati nei bordelli per soddisfare il piacere degli adulti e occuparsi delle faccende domestiche; infine, quando comincia a spuntare la barba, assumono un ruolo di responsabilità nella comunità e il diritto di prendere con sé un amante giovane. La loro aspettativa di vita non supera i 35 anni perché una sostanza tossica, il fattore D, consuma rapidamente la salute, oltre a rendere tutti sterili. Siamo infatti nel 2999, e l’umanità “che conta”, comprensiva di donne, si è trasferita su Marte e sulla Luna. Ribattezzata Marginal, la Terra è ridotta a scenario di un esperimento di ripopolazione artificiale che presto sarà terminato perché considerato fallimentare.

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Il progetto, ideato dalla potente e avveniristica Compagnia e portato avanti da uno spregiudicato e ambiguo amministratore, il Markgraf Meyard, è però messo in crisi da una serie di circostanze legate alla comparsa di Kira, un adolescente androgino, remissivo e fragile, dotato di tutte quelle caratteristiche, fisiche e mentali che la Compagnia aveva tentato invano di debellare. Per quanto appaia in balia degli eventi e alla mercé di persone che vogliono proteggerlo o possederlo, Kira è di fatto l’unica persona in grado di cambiare il destino della Terra e di chi la abita.

«La nostra generazione ha dovuto abbattere il muro della società patriarcale. Marginal è stato un esperimento», ha dichiarato Hagio. Ed essendo un’appassionata di fantascienza, non esitò a cimentarsi su uno dei temi cardine del femminismo e della sci-fi femminista, proprio nello stesso periodo in cui Margaret Atwood scriveva Il racconto dell’ancella (pubblicato sempre nel 1985).

È intorno alla procreazione che sono nati i pregiudizi atavici che per secoli hanno condizionato la libertà e l’autodeterminazione delle donne: si tratta di una questione sociale, che però la società affronta rendendola un dovere di chi porta i cromosomi XX, decidendo che questioni come individualità e aspirazioni personali sono al confronto sacrificabili. In Marginal i progressi della scienza non risolvono questo problema ma anzi lo amplificano: la fecondazione artificiale porta da una parte alla creazione di Holy Mather e di un sistema di pensiero in cui il femminile ha senso solo in quanto associato all’idea sacrale di maternità, dall’altra arriva al concepimento dei “dream children”, considerati essenzialmente degli uteri pensanti ed empatici, il cui unico scopo è realizzare il sogno di felicità di qualcun altro.

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Su questo impianto, filosofico come solo le grandi storie di fantascienza sanno essere, attraverso un intreccio di grande complessità, Hagio racconta i vari modi per niente indolori in cui chi porta i cromosomi XX riesce ad affrancarsi dal proprio destino di procreazione, scegliendo sempre a proprie spese la liberazione o la prospettiva, decisamente più gloriosa, della creazione in senso astratto.

La decisione di creare protagonisti maschili per storie destinate a un pubblico di lettrici fa parte del linguaggio condiviso dalle autrici del Gruppo dell’anno 24, ormai associato al genere yaoi o Boy’s love. In un’intervista Hagio l’ha motivata dicendo che «i personaggi maschili possono dire quello che voglio più facilmente». Più facilmente perché non sono vincolati ai pregiudizi e alle sovrastrutture che si applicano, quasi inconsciamente, ai personaggi femminili. Le conseguenze di questa scelta sono particolarmente significative in un manga di fantascienza, dove (come si legge in Japanese Woman’s Science Fiction di Harada) personaggi «socialmente maschi, fisicamente androgini e psicologicamente femminili» consentono di raccontare un mondo non contaminato da alcuna logica di genere, o meglio in cui la logica di genere non è un dato di fatto, ma oggetto di contestazione e confutazione.

Se è vero che il Boy’s love si rivolge per definizione alle lettrici, quel linguaggio si fonde talmente bene con l’ispirazione fantascientifica da sembrare non solo una scelta di campo, ma una necessità dettata dalla storia, ed è per questo che Marginal può essere apprezzato anche dai lettori (maschi) meno abituati a questo genere.

Marginal non è privo di difetti e soprattutto di qualche lungaggine, ma per la forza della storia e la fluidità dei disegni, che, secondo la cifra caratteristica dell’autrice, ridefiniscono di volta in volta la struttura della tavola per fare esondare l’interiorità dei personaggi, è una lettura di quelle cui ripensi anche molto tempo dopo, scoprendo che ti hanno dato più di quello che immaginavi. Hagio dice di amare «lo shojo manga perché c’è così tanto dentro, così tante possibilità», e Marginal è l’esempio lampante di come una storia a fumetti possa arrivare dove non ci si aspetta e sovvertire quanto dato per scontato, il tutto a beneficio di chi la legge. 

Marginal 1-3
di Moto Hagio
traduzione di Valentina Vignola
J-Pop, marzo-giugno 2020
brossurati, 340 pp., b/n
12,50 € cad.

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