Il rapitore della città delle ombre cinesi

di Maria Sara Mignolli

casa delle stelle oji suzuki manga

Ci sono libri che sfuggono alle riduzioni a un genere o a una categoria, nei contenuti come nel registro linguistico. Anzi, ci sono libri che non si leggono, bensì “si lasciano leggere”. A un patto: rinunciare alle nostre strutture e mentali, alla logica della causalità, per accettare invece la logica del sognatore, o del bambino. La casa delle stelle (001 Edizioni / Hikari), il primo manga di Ōji Suzuki a essere pubblicato in Italia, è uno di questi libri. Un libro che contiene “racconti notturni che potrebbero essere ricordi, poesie, sogni o visioni”, come riporta giustamente la quarta di copertina, ovvero frammenti di vita vissuta o immaginata, posti al confine tra l’esperienza reale e quella onirica.   

Le “immagini dell’io” nel manga underground di Suzuki 

Ōji Suzuki è uno dei principali esponenti del gekiga, termine utilizzato alla fine degli anni ’50 da Yoshihiro Tatsumi per distinguere – all’interno del manga seinen (fumetto per un pubblico adulto) – il genere delle “immagini drammatiche” da quello delle “immagini divertenti”. Questo nuovo modo più realistico di fare fumetto, che trova la sua massima espressione tra gli anni ‘60 e’80, riflette l’esigenza di un cambiamento culturale, di una nuova elaborazione stilistica e di contenuti più veri, più vicini alla vita concreta e intima degli uomini, soprattutto degli “ultimi”, e del loro contesto sociale.

Suzuki esordisce nella Tokyo dei primi anni ’70 sulla rivista di fumetto underground Garo, nella quale pubblicavano, oltre a Tatsumi e ad altri autori come i fratelli Tsuge, Yoshiharu e Tadao. In questo contesto e sotto l’influenza di maestri come Shigeru Mizuki, l’autore del celebre Kitaro, di cui Suzuki è stato assistente, Ōji inizia a raccontare le sue storie, che sono apparizioni, visioni, sogni o ricordi dell’infanzia, di un mondo lontano ma non del tutto perduto. La casa delle stelle contiene dieci di questi racconti, che seguono il percorso del watakushi manga tracciato da Yoshiharu Tsuge, maestro e precursore del “manga dell’io”, dove i contenuti – profondamente umani ed esistenziali – appartengono sia all’esperienza biografica, sia all’immaginazione. Dobbiamo uscire dallo schema dicotomico vero/falso, realtà/immaginazione per comprendere come i due piani possano mescolarsi e fondersi, rivelando la profondità del Sé attraverso le immagini. 

Rapitore. Che nome solitario

I dieci racconti che compongono il manga si svolgono in scenari notturni e intricati, tipici del sogno, e hanno la struttura narrativa del ricordo. Un bambino si perde in un quartiere misterioso e desolato, prima di ritrovare la via di casa e di scoprire il cielo nella sua biglia; un altro accompagna uno strano personaggio in un viaggio attraverso il paese solitario su un motorino volante; una donna reietta, emarginata dal villaggio, è colei che porta la luce di notte accendendo i lampioni, mentre in un circo si possono scoprire dei segreti dolorosi che nessuno vorrebbe custodire. Ogni storia possiede un suo mistero, come nei ricordi c’è sempre qualcosa di non detto, ed è avvolta da un senso di frammentarietà, come quello che si vive nei sogni. 

In Suzuki il linguaggio si fa poetico, metafisico. Nei dialoghi e nelle didascalie le parole diventano a volte flussi di coscienza, a volte frammenti di poesie, a volte frasi spezzate dentro un discorso che è già iniziato, chissà quando e chissà dove. È il linguaggio curioso e spontaneo dell’infanzia, ma anche il discorso nostalgico e malinconico del vecchio, oppure quello visionario e sconnesso del sognatore.     

«Prima ho incontrato mio fratello maggiore. 
Fratello? Ma che dici. Non hai un fratello maggiore.»

Viene da chiedersi se il bambino che, inseguendo una biglia, finisce in uno strano negozio di giocattoli; oppure il bambino che suona così bene l’armonica; o il ragazzino con il berretto con la visiera, e quello con la divisa della scuola, o quello sdraiato sul prato con una sigaretta tra le dita, siano tutti lo stesso personaggio. Si cerca di scoprire quale sia il rapporto tra i personaggi e le loro vicende, il significato della loro presenza/assenza. Viene da chiedersi se queste storie non siano in realtà la metafora del passaggio dall’infanzia all’età adulta, che implica degli abbandoni, delle perdite e delle rinunce. Merleau-Ponty, nelle sue lezioni di psicologia dell’infanzia diceva che la percezione e la coscienza del mondo da parte del bambino non sono quelli di un adulto mancato, ma sono completamente diversi. L’infanzia è il tempo del sincretismo: tutto è, e insieme potrebbe essere diverso, nello stesso momento. Non sono più ciò che ero un attimo prima, quello di prima non sono più io. Io sono qui, ma posso essere anche laggiù, nel mio riflesso. 

Merleau-Ponty parla di un polimorfismo dei bambini”, perché durante l’infanzia ci sono una pluralità di formazioni possibili, tutto è ancora in divenire, nulla è definito e ogni realtà è aperta. I bambini vivono in un indistinto mondo emotivo-sensoriale. Non sono ancora integrati nel nostro sistema culturale, e tutto il loro sviluppo e la loro crescita consistono nel cercare di mettere in forma la loro esperienza di sé e degli altri. Nei bambini la conoscenza cognitiva del mondo non è distinta dall’esperienza affettiva.

Non importa che il villaggio dei lampioni, la torretta di legno, il circo o il sentiero tra i prati in collina e il cielo, tanto cielo, siano realmente esistenti. Ciò che emerge è la relazione affettiva che il bambino ha con quei luoghi, con quei personaggi e con quegli ambienti che sono familiari e allo stesso tempo sconosciuti. 

Le maschere della tradizione giapponese, il mantello, le biglie e le stelle, sono oggetti e figure ricorrenti come nei sogni o nel pensiero immaginario. C’è come un filo, ma sottile come quello di una ragnatela, che collega i diversi racconti. Sta al lettore tentare di seguirlo, senza perdersi nella rete di possibilità e senza spezzarlo, perché nel gekiga di Suzuki niente di ciò che accade sembra accadere realmente, nulla è prevedibile, come il finale di Viaggio di una notte.

Uno struggente neorealismo, tra dramma e cartoon

C’è un polimorfismo anche nello stile di Suzuki. In una tavola immaginiamo i disegni che avrebbero potuto essere e che potrebbero ancora diventare. La ricerca del realismo nelle ambientazioni e negli oggetti, e l’attenzione per le espressioni del volto in alcune drammatiche scene; le inquadrature che ricordano il neorealismo del cinema francese; il disegno dei personaggi, che spazia dal realistico al comico, tutte queste forme coesistono fuse insieme in un dialogo tra immagini della tradizione e visioni sperimentali.

Nello stile grafico dei personaggi ritroviamo l’influenza di Mizuki, soprattutto nella caratterizzazione dei bambini. Ma la maschera indossata dal fratello maggiore nello struggente racconto La casa delle stelle, che dà il titolo alla raccolta, e ne Il colore della pioggia, che sembra esserne la prosecuzione, ricorda i volti con gli occhioni di Osamu Tezuka e al contempo i personaggi di Max Fleischer, pioniere del cinema di animazione degli anni ’30 e fondatore dei Fleischer Studios (Betty Boop). 

In questi racconti, la figura del fratello maggiore guida il bambino attraverso una delle esperienze umane più dolorose e incomprensibili: la morte, affrontata dall’autore in chiave onirica e simbolica. La partenza della nonna, divenuta neonata, verso la sua nuova casa tra le stelle, è accompagnata dalla preoccupazione del bambino: «Si abituerà?» e dalla rassicurante risposta del fratello: «Andrà tutto bene». È proprio questa rassicurazione che ci sostiene durante il percorso di crescita, è quello che ci ripetiamo, da adulti, di fronte alle prove difficili della vita. Abbiamo bisogno di credere che “andrà tutto bene” quando, durante il viaggio, capiterà di incontrare personaggi grotteschi, enigmatici, archetipi della perdita dell’innocenza.

«Ti ho raccontato le mie memorie. Questa notte tranquilla, questo momento/spero che in qualche modo/diventi un frammento dei tuoi ricordi.»  I libri “allungano la vita”, come diceva Umberto Eco. Diventano parte dei nostri ricordi, frammenti nella nostra esperienza del mondo.

La casa delle stelle
di Oji Suzuki
traduzione di Juan Scassa
001 Edizioni / Hikari, febbraio 2021
brossura, 192 pp., b/n
18,00 € (acquista online)

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