
Nel corso degli anni tanti autori, da Frank Miller in poi, si sono divertiti a privare Matt Murdock/Daredevil di qualcosa (qualsiasi cosa, purché rilevante nella sua vita), per poi metterlo sotto pressione e lavorare sulla sua reazione al nuovo status quo. Si pensi a Rinascita, in cui lo stesso Miller e David Mazzucchelli lo privano della sua casa, del lavoro e delle amicizie, o a Diavolo custode di Kevin Smith e Joe Quesada, nella quale a essere posta sotto stress era la fede del personaggio.
Chip Zdarksy, il nuovo sceneggiatore delle storie di Daredevil da aprile 2019, ha invece deciso di mettere alla prova l’eroe sul piano morale, scegliendo un argomento potenzialmente interessante e affrontandolo in un modo inedito. Il problema è che poi l’ha gestito in modo piuttosto grossolano.
Lo sceneggiatore ha ereditato il personaggio dopo il noioso e sconclusionato ciclo di Charles Soule, che lo aveva lasciato in punto di morte. Chip Zdarsky riparte da poco dopo, con un Matt Murdock che si è appena ripreso e, nonostante faccia ancora fatica, vuole ancora combattere il crimine nei panni di Daredevil. Questa superficialità lo porta però a uccidere involontariamente un piccolo criminale, provocando in lui molti dubbi sul suo ruolo di eroe e spingendolo ad abbandonare l’attività di vigilante.
Intorno al personaggio, Zdarsky ha cercato di dare inoltre un nuovo ruolo a Kingpin – ora più interessato alla politica che alla malavita, ma che ovviamente non riesce a mettere del tutto da parte – e ha messo in scena una guerra tra bande vecchie (il Gufo, Testa di Martello) e nuove (i Libris). Lo sceneggiatore ha così costruito un thriller d’azione con un gusto fortemente contemporaneo. Una sorta di concentrato di HBO – da The Wire ai Soprano – in cui fin da subito il disegnatore italiano Marco Checchetto si è trovato a suo agio, con il suo tratto allo stesso tempo realistico e dinamico.

Sullo sfondo di tutto questo, Matt Murdock – afflitto dai sensi di colpa per il proprio errore – compie un percorso interiore che lo porta a capire di non poter fare a meno di essere Daredevil e di combattere il crimine, anche se solo con un panno (nero, bianco o rosso a seconda dell’occasione) a coprirgli il volto. Perché Matt Murdock non interpreta Daredevil: Matt Murdock è Daredevil. Un fatto da sempre evidente, che in questo caso ha reso prevedibile non solo il traguardo, ma anche il percorso.
Un percorso oltretutto che viene trascinato fin troppo, con lunghe sequenze che scadono nel didascalico (in dialoghi e didascalie che non servono a portare avanti la storia ma che ripetono cose che il lettore – per non parlare del personaggio – dovrebbe aver già capito di suo) e retorico. Per esempio nel dialogo fra Daredevil e Spider-Man, in cui quest’ultimo fa leva sui sensi di colpa di Matt per convincerlo a non fare più l’eroe, o nelle discussioni sulla religione di Matt con preti e suore.
A questo si aggiunge ulteriore caos quando si entra nel merito del problema di Matt Murdock con la propria identità segreta. Il personaggio l’aveva rivelata pubblicamente nel ciclo di Mark Waid, mentre Soule aveva successivamente realizzato un brutto pasticcio, quando l’eroe aveva fatto in modo che tutto il mondo se ne dimenticasse. Compresi i suoi vecchi amici e le sue ex amanti.
Se Soule però non si era minimamente preoccupato di rivelare gli effetti pratici di questa nuova situazione, Chip Zdarsky si è tuffato di testa nella questione – e del resto qualcuno prima o poi avrebbe dovuto farlo. Lo sceneggiatore però l’ha fatto con passaggi incerti ed esiti poco convincenti – eufemisticamente parlando –, creando confusione in particolare nei rapporti di Matt Murdock/Daredevil con Kingpin o Elektra, che ora fanno acqua da più parti.

A salvare la situazione resta quindi il solo Checchetto. Peccato che, per garantire uno standard qualitativo alto, sia stato finora costretto a saltare numerosi albi, lasciando spazio a un disegnatore dignitoso ma dall’approccio al disegno completamente diverso come Jorge Fornés e all’impreparato Lalit Kumar Sharma.
L’unica – piacevole – costante dal punto di vista visivo resta così il copertinista Juan Totino Tedesco, con le sue splendide illustrazioni pastellate che spesso lavorano per sottrazione, lasciando spazio a poche linee e a grosse campiture di nero o di rosso, per rendere immediatamente iconici i personaggi raffigurati.
Finora questo nuovo ciclo di storie di Daredevil risulta insomma un grosso “vorrei ma non posso”, con tante buone intenzioni, qualche buona idea e un disegnatore principale da far brillare gli occhi, ma allo stesso tempo con una gestione pratica che finisce per rovinare quasi tutto.
Daredevil 1-20
di Chip Zdarsky, Marco Checchetto e altri
traduzione di Luigi Mutti
Panini Comics, luglio 2019-febbraio 2021
spillati, 24 pp., colore
3,00 € cad. (acquista online)
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