La filosofia naturalista di “Mushishi”, sospesa tra modernità e tradizione

mushishi anime recensione

Approcciarsi a un anime come Mushishi per la prima volta può essere considerato l’equivalente televisivo dell’ammirare il religioso silenzio della natura incontaminata dopo una vita trascorsa nella frenesia della metropoli.

Avventura paranormale, Mushishi racconta – con episodi autoconclusivi dai tempi narrativi molto rilassati – gli incontri con persone che hanno avuto contatti con i mushi. Come ci spiega la narratrice all’inizio del primo episodio, i mushi sono la forma più elementare di vita, né spiriti né demoni, entità dalla natura neutrale e invisibili alle persone comuni a metà tra il mondo animale e quello vegetale con sembianze che variano da plancton a forme agglomerate senzienti più complesse come il Signore della Montagna (episodio 10).

Purtroppo in Italia è arrivata solo la prima stagione: su VVVVID sono presenti i 26 episodi, che ripropongono i primi cinque volumi del manga di Yuki Urushibara (in Italia pubblicato da Star Comics). La trasposizione realizzata dallo studio Artland però ha preservato ed esposto al meglio l’opera originale, tanto da aver vinto nel 2006 il prestigioso Tokyo Anime Award grazie anche alla colonna sonora di Toshio Masuda (Naruto ed Excel Saga) e alla sigla di apertura (The Sore Feet Song di Ally Kerr) capace di trasportare nel giusto mood anche lo spettatore meno predisposto.

A fare da collante tra le varie avventure c’è Ginko, un mushishi (maestro di mushi), una specie di medico errante che deve trovare equilibrio e armonia tra i mushi e il mondo umano “guarendo” coloro che entrano in contatto con queste misteriose creature. Un uomo dai tratti albini e dall’abbigliamento moderno (impermeabile e mocassini) che stona con gli abiti tradizionali dei personaggi, che però non sembrano notare tali discrepanze. Egli non è però il vero protagonista, ruolo che spetta invece alle singole avventure, attraverso le quali sono presentati e raccontati i diversi stati d’animo dei personaggi che incontriamo. Più che un eroe, Ginko è infatti un ponte tra due mondi.

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Benché di rado il nostro misterioso guaritore torni sui suoi passi, durante l’avventura vi sono altre due personaggi che tornano più volte. Uno è Adashino, medico e collezionista di reliquie mushi, e l’altra è Nui, narratrice esterna di tutta la serie nonché balia e mentore di Ginko, con cui condivide il bizzarro aspetto a seguito dell’esposizione al medesimo mushi (di cui non riveleremo l’identità per non rovinare la sorpresa).

Tanto quanto il manga da cui è tratto, Mushishi è un anime introspettivo che trasporta lo spettatore in uno stato Zen. Calmo, contemplativo e riflessivo, insegna ad affrontare un problema – o nel suo caso, un mushi – alla volta. Ambientato in un un’epoca immaginaria persa nel tempo tra il periodo Edo e Meiji, in un Giappone “chiuso” in cui le creature mitologiche del folclore nipponico si fondono con paesaggi tradizionali che ci vengono proposti in quadri onirici all’acquerello dai toni tenui e dalle sagome confuse, l’opera potrebbe sembrare un’antologia di tristi disavventure.

Spesso infatti Ginko si troverà impotente ad assistere alle sventure che colpiranno i personaggi entrati in contatto con i mushi. Tuttavia, seguendo i più tradizionali schemi che regolano la narrativa fiabesca, ogni episodio racchiude in sé una morale, un messaggio delicatamente avvolto in eventi che guidano lo spettatore attraverso paure e speranze.

Vista la forza con cui emerge la tematica naturalistica, gli argomenti affrontati sono quindi altrettanto elementari nel senso etimologico del termine: amore, amicizia, speranza e lotta dell’uomo contro la natura avversa. Mushishi esplora l’oscurità fisica e intima che noi tutti incontriamo nel nostro cammino, ed è un anime perfetto da gustarsi prima di andare a dormire.

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