“Tunnel” di Rutu Modan, tra commedia degli equivoci e thriller politico

tunnel rutu modan lizard

È difficile trovare qualcosa che non vada nello stile di Rutu Modan, se non adducendo le solite motivazioni che tirano in ballo l’influsso ingombrante della ligne claire franco-belga, certo evidentissima, ma interpretata con piglio e personalità. Tunnel, il suo nuovo graphic novel, edito da Rizzoli Lizard, è l’ennesimo saggio di tecnica e storytelling.

Il titolo va declinato al plurale, quindi non “Il Tunnel”, ma “i Tunnel”: una precisazione importante che permette di comprendere il messaggio pluralista e la visione antropologica con cui Modan mette in scena una vicenda corale e colma di equivoci all’ombra della Barriera che divide i territori di Israele e della Striscia di Gaza.

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I personaggi di Modan sono vivi, ognuno di loro ha – pur interpretando una funzione specifica nell’economia generale della storia – un vissuto che affiora, speso non evidente, che viene svelato progressivamente: dalla protagonista Nili Broshi, una mamma single e appassionata di archeologia, al fratello Nimrod, accademico non ancora affermato e succube dell’influenza del direttore del dipartimento Rafi Sarid, ex collaboratore del padre dei due e segnato da un infantile complesso di inferiorità, passando per l’ambiguo collezionista d’arte Abuloff e l’ebreo ortodosso Shmuel Gedanken. Tutti questi personaggi cercano la stessa cosa: l’Arca dell’alleanza

Come racconta il secondo libro dei Maccabeo, il profeta Geremia sottrasse l’Arca alla distruzione nascondendola sul Monte Nebo. Lo stesso brano – e in particolare il riferimento all’Arca – ci dice che il luogo in cui è nascosta rimarrà segreto finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e il momento non sarà propizio, legando così il destino dell’Arca alla promessa escatologica del popolo ebraico. E nonostante le leggende sull’Arca perduta abbiano sollecitato l’immaginazione di molti, Modan riesce a rileggere il tema – insieme alla chiave messianica – legandola al destino della terra d’Israele. Una prospettiva ironica, in cui la commedia degli equivoci dialoga con un thriller politico (e un po’ soporifero). 

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L’autrice fa recitare i personaggi grazie a una preparazione certosina e a veri attori che le hanno permesso di infondere un’estrema naturalezza nei movimenti e nelle espressioni senza dimenticare la lezione di cartooning di Hergé e Jacobs. Nonostante una buona regia, Rutu Modan getta troppa carne al fuoco e la vicenda sembra in più punti rallentare, per poi riprendere la sua corsa verso un finale che lascia l’amaro in bocca. 

La lettura politica è troppo confortante: i tunnel polverosi che attraversano il confine israeliano-palestinese attirano interessi diversi, spesso fini a se stessi, e si diramano come dedali senza condurre a una vera risoluzione. Tutto conduce ad un climax esplosivo, ma che rapidamente evapora in una specie di redenzione forzata. La risoluzione è troppo semplice, e quello che resta in filigrana è una specie di critica a un ebraismo ormai interessato più al possesso della terra santa che alla sua salvezza messianica.

Tunnel
di Rutu Modan
traduzione di Leonardo Rizzi
Rizzoli Lizard, maggio 2021
brossurato, 288 pp., colori
19,00 € (acquista online)

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