La grande stagione di “Mondo Naif”

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Il primo numero di “Mondo Naif” edito da Star Comics

Fa un certo effetto riprendere in mano, a quindici anni dall’uscita dell’ultimo numero, il blocco dei fascicoli della rivista Mondo Naif. Maneggiandoli uno a uno, osservandone le copertine, si rimane investiti dalla stessa sensazione di freschezza estetica provata allora. Era merito della brossura elegante e resistente, ma anche degli strilli in copertina come “Vivere nei sotterranei di Bologna” o “A Dublino sotto la pioggia”. Luoghi già di per sé romantici e leggendari, venivano arricchiti da termini che ne esaltavano possibili – chissà – esperienze e vissuti.

Nelle copertine ritrovo anche i frequenti primi piani, di fronte o di profilo, proposti con colori mai primari, che volevano consapevolmente invitare il lettore a cogliere le mille sfumature del presente. Che contrasto con gli interni, rigorosamente in bianco e nero! Ma leggendo e guardando quelle pagine, così ricche e ragionate, ci si accorge che quei colori fornivano qualcosa di più di un “assaggio”: i codici per entrare nelle mille storie dei ragazzi e delle ragazze di Mondo Naif.

Mi chiedo allora come percepirebbe un giovane lettore di oggi i fumetti e gli articoli realizzati e assemblati da quei giovani dell’altro ieri. In effetti Mondo Naif, tra le altre cose, ha messo su carta quegli affetti e quei divertimenti oggi propri delle ultime generazioni. Una socialità moderna, appena prima dei social. Un modo di stare insieme e vedere le cose, frutto di percorsi iniziati da lontano, che sulle pagine di Mondo Naif trovavano già una netta legittimazione.

La stagione delle riviste

Eppure Mondo Naif non ha mai sfondato. Non è diventata la popolare bandiera di una generazione. E probabilmente non poteva esserlo per com’era costruito il contenitore, troppo elegante. Per comprendere bene il ruolo che ha comunque avuto in un periodo cruciale come quello doppiamente a cavallo tra due secoli e due millenni, occorre ricordare brevemente l’importanza di questo genere di pubblicazioni, cioè delle riviste, le cui funzioni sono in buona parte esercitate dall’informazione via web e dai social.

La “rivista” rappresenta la forma più elevata che la comunicazione a mezzo stampa abbia finora raggiunto. Non è solo un contenitore di materiali di vario genere, assemblato per intrattenere il lettore, ma è anche l’espressione di una linea editoriale e, più in grande, di una visione del mondo e della vita. A partire dalla denominazione della testata, che si tratti di Famiglia cristiana, piuttosto che di Playboy, ogni rivista si propone e si impone per presidiare e/o incontrare una specifica area di lettori, che si presume interessata a un argomento o a un tema particolare. Una rivista non può tendere all’universalità, come può capitare a un libro. Anche la rivista più venduta, alla fine, racconta un preciso e limitato spicchio di mondo. 

Quando i fumetti sono diventati adulti si sono proposti proprio attraverso la formula contagiosa della rivista, compiendo un primo salto di qualità verso il riconoscimento della loro importanza. Prima Linus e, a seguire, tutte le altre che hanno fatto la storia del fumetto italiano (e non solo), le riviste di fumetti hanno ricoperto molteplici ruoli, da quello di navi ammiraglie delle rispettive case editrici, a quello di portavoce di generazioni di lettori.

Alcune si sono affermate come piacevoli contenitori legati al loro tempo. Altre però sono assurte a vere e proprie bandiere. In particolare Mondo Naif e la precedente Nova Express hanno rappresentato le ambizioni più alte di Kappa Edizioni e Granata Press, due case editrici, entrambe bolognesi e caratterizzate da linee editoriali innovative e seminali.

Mondo Naif ha vissuto in realtà due stagioni tra loro temporalmente distanziate. I primi tre numeri furono pubblicati nel 1996 sotto il marchio editoriale di Star Comics, circostanza che ci permette di celebrarne il venticinquesimo. Gli ideatori erano Massimiliano De Giovanni, Barbara Rossi e Andrea Baricordi, cioè i tre quarti dei Kappa Boys, che nel 1996 lavoravano per l’editore umbro, curandone le testate manga. In questa prima versione, Mondo Naif si presentava in formato bonelliano, con le classiche 96 pagine in bianco e nero, e la copertina a colori (in quegli anni Star Comics provava con risultati dignitosi a fare concorrenza al colosso di via Buonarroti, con diverse testate in formato quaderno, come Hammer e Lazarus Ledd).

Una tavola di “Lambrusco e cappuccino” di Baricordi e Liani

Una veste un po’ dimessa, a dire il vero, anche per la carta grigiolina, di scarsa qualità. Una veste anche un po’ rischiosa, dato che ogni albo conteneva episodi di più miniserie, ognuna disegnata con uno stile diverso. Eppure, a quanto pare, l’iniziativa si rivelò un piccolo trionfo, con circa ventimila copie vendute dichiarate. Niente male, considerando che ci trovavamo di fronte a numeri antologici contenenti storie a puntate realizzate da autori ancora poco noti al grande pubblico.

E il merito andò proprio ai fumetti, consistenti nelle miniserie Fregoli di Davide Toffolo, I camminatori di Otto Gabos, Guarda che luna di Giovanni Mattioli e Vanna Vinci, Gente di notte di Massimiliano De Giovanni e Andrea Accardi, Lambrusco & Capuccino di Andrea Baricordi e Gianmaria Liani. Comparvero anche alcune storie singole, tra cui Mondo Naif, racconto cornice in cui Massimo Semerano riunì le varie sottotrame comuni.

In effetti si coglieva molto bene l’idea di un percorso, che non era solo narrativo. Parallelamente all’uscita degli albi, si svolgevano i concerti live del gruppo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, la band di cui fa parte ancora oggi anche il fumettista Davide Toffolo, con le date comunicate dalla rivista e un annunciato concerto finale presso Il Covo di Bologna, gratis per chi avesse mostrato il biglietto pubblicato sul terzo numero. A sancire questa collaborazione tra fumetto e musica, anche il CD dei Tre Allegri Ragazzi Morti, allegato alla versione speciale del primo numero con copertina variant. 

Nonostante i lusinghieri risultati, il progetto si concluse come previsto, senza ulteriori sviluppi. È lecito pensare che i numeri conseguiti non rispondessero pienamente alle aspettative dell’editore umbro, che magari vide in Mondo Naif anche la possibilità di premiare le capacità professionali del suo quartetto d’oro di curatori manga.

Mondo Naif, l’ammiraglia di Kappa Edizioni

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Il primo numero della nuova serie di “Mondo Naif” pubblicata da Kappa Edizioni

Ma qualcosa rimase, anche perché in realtà le radici estetiche ed esistenziali di Mondo Naif erano più lontane e le ritroviamo nel progetto Dinamite, una delle tante sfide editoriali di Granata Press non andate a buon fine, nonostante la qualità delle opere. Erano usciti solo due numeri nel 1995, disegnati e realizzati anche da autori che avremmo ritrovato in Mondo Naif, come Giovanni Mattioli, Andrea Accardi e Davide Toffolo. E ricordiamo che in quella redazione si muovevano anche gli stessi Kappa Boys.

Dunque, era lecito aspettarsi un seguito, che arrivò. Nell’autunno del 1996 fu creata l’etichetta Kappa Edizioni, che esordì con una delle opere più significative degli ultimi 30 anni, Piera degli Spiriti, la cui serializzazione era iniziata proprio su Dinamite e i cui autori sono i già citati Toffolo e Mattioli. Pubblicato in un elegante volume, ma dal prezzo abbordabile, Piera ottiene un successo consistente e duraturo, ampiamente confermato dalle successive riedizioni. Questo libro può essere considerato uno dei primi importanti segnali dell’imminente successo dei graphic novel. E soprattutto dimostrò che c’era un pubblico assai disponibile alle proposte di Kappa Edizioni.

Così Mondo Naif ritornò nell’ottobre del 1998 in una nuova veste. Eccetto che per il numero di pagine (aumentate successivamente), tutto il resto era diverso: trimestrale con rilegatura in brossura, carta uso mano di qualità, stampa accurata, grafica accattivante e formato 16,5 per 23,5, cioè quasi il canonico 17 per 24 dei graphic novel standard. Anche il prezzo ne risentì, 10.000 delle vecchie lire (che sarebbero diventati alla fine 8,50 euro), ma la distribuzione era completamente diversa, dato che il prodotto era reperibile solo in fumetteria e libreria.

Ritrovammo in parte gli stessi autori: Vinci, De Giovanni, Accardi, Otto Gabos, Toffolo. E anche new entry di sicuro avvenire, come Francesco Satta e Sara Colaone. Ma soprattutto trovammo, anzi ritrovammo, con piacere Luigi Bernardi, non più nella veste di editore ma di autore di una rubrica intitolata “Parole al vaglio”. La presenza di Bernardi (l’editore di Granata Press) sembrava chiudere idealmente quel cerchio iniziato con Dinamite, rimettendo in campo tutta una serie di relazioni trasversali tra fumetto, letteratura, musica e arte, naturalmente con Bologna sullo sfondo.

La rivista trovò così un suo spazio e durò 28 numeri pubblicati in otto anni, sino al 2006. Il progetto si espresse finalmente in tutte le sue potenzialità. L’idea di uno stile di vita naïf rappresentabile attraverso il fumetto e incarnata dall’efficace titolo si declinò in una rivista studiata in tutti i dettagli, dove ogni contenuto testuale o grafico aveva una precisa funzione, dalle storie alle vignette, dai testi alle pubblicità. In copertina un ragazzo o un giovane adulto in posa, (talvolta anche a gruppetti) attorno al quale si disponevano i richiami ai contenuti, organizzati in modo da richiedere una certa attenzione al lettore. 

Oltre al titolo dell’opera e i nomi degli autori comparivano infatti anche micro descrizioni dei contenuti o delle specificazioni, come dicevo all’inizio. Mondo Naif si presentava nel modo più accogliente possibile, invitando il lettore a esplorarne le pagine. L’interno si apriva con una pubblicità in seconda di copertina e con l’editoriale, seguito da un indice ragionato dei contenuti, un breve racconto e la posta. Per concedere il massimo spazio possibile ai fumetti, i testi erano proposti in un corpo piuttosto piccolo, ma erano comunque leggibili grazie alla scelta di font senza grazie e a una grafica organizzata in colonne funzionali e tra loro equilibrate, lasciando a eventuali riquadri eventuali approfondimenti.

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La copertina di “Mondo Naif” 5, dedicata a “Loving the Alien” di Otto Gabos

Poi cominciavano i fumetti, che meritano davvero lo spazio loro riservato. Se Toffolo, Gabos e Vinci erano già realtà affermate, apparvero sorprendenti i progressi di Andrea Accardi. Bene l’esordio sul primo numero di Sara Colaone. Ancora meglio, in generale, tutti i testi dei fumetti. I Kappa Baricordi e De Giovanni si confermarono sceneggiatori brillanti e pieni di idee.

Si coglieva molto bene il clima della rivista, al quale contribuivano anche gli interventi scritti e le rubriche: un racconto illustrato (si iniziò con Daniele Brolli), la vetrina delle recensioni, il dossier work in progress sulle novità in preparazione, il già citato salotto virtuale dedicato alle parole orchestrato da Bernardi. Appare evidente che Mondo Naif non volesse essere l’ennesima rivista autoreferenziale specializzata in fumetti, ma un contenitore di esperienze e quindi di vite, quelle immaginarie dei suoi personaggi e quelle reali di chi ci collaborava e dei lettori. Gli interessi si allargavano in visioni più ampie, consolidate da reti di relazioni che apparivano evidenti scorrendo gli indici della rivista. 

L’unica eccezione era costituita dagli editoriali, che si rivolgevano più agli addetti ai lavori che ai lettori. Ma d’altronde entrambi erano frequentatori delle manifestazioni di settore. Una scelta logica, perché Mondo Naif era anche la voce pubblica di Kappa Edizioni e veicolo di comunicazione per le tante proposte presentate sulla rivista. Una scelta che però poteva non entrare in sintonia con i lettori occasionali.

Dunque, una vera rivista, brillante, ben fatta, equilibrata, che non solo partì con il piede giusto ma soprattutto ebbe la possibilità di smentire la convinzione secondo cui le riviste non potevano più funzionare. Ricordiamo infatti la chiusura a catena di quasi tutte le riviste degli anni Novanta, tenendo comunque presente la scelta dei Kappa di non andare in edicola (scelta compiuta anche da altri progetti analoghi di quel periodo, come Mano). 

Ogni numero declinava lo schema progettuale prestabilito con atteggiamento metodico e piglio professionale. Le prime due annate complete, dal 1999 al 2000, videro chiudersi e aprirsi gli archi narrativi più identitari della rivista, come il già citato Gente di notte, Loving the Alien, Lilian Brown, Quelli con le ali e l’autentico manga Peach della giapponese Keiko Ichiguchi (che si sarebbe stabilita in Italia e avrebbe sposato Andrea Venturi, disegnatore prima di Dylan Dog e poi di Tex).

Tante anche le incursioni, più o meno sporadiche, di autori sia navigati che esordienti, tutti in linea con le atmosfere sentimentali e giovanili della rivista, tra i quali Leila Marzocchi e Michela De Domenico. Sul quarto numero arrivò anche il primo fumetto non prodotto in casa, ma pubblicato su licenza: Ancient Joe di Scott Morse, autore molto apprezzato in quegli anni dagli editori italiani, e che avremmo ritrovato anche successivamente. La stessa vitalità si ritrovava anche nelle rubriche. Puntuali si susseguivano i racconti illustrati, gli interventi di Luigi Bernardi e le anticipazioni dei progetti in cantiere. Ma colpiscono soprattutto, riletti oggi, le recensioni e gli editoriali, perché danno la misura dei limiti e dei punti di forza del progetto.

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La copertina del primo numero dell’edizione originale di “Ancient Joe” di Scott Morse

Gli editoriali hanno diverse funzioni. Alcuni sono inerenti alla rivista, per presentare i contenuti di ogni numero, annunciare possibili novità future, fare il punto sui riscontri ottenuti. Ma ci sono anche altri obiettivi, il primo dei quali è stimolare il settore a evolversi e cogliere le tendenze in corso. Lo staff di Kappa Edizioni credeva nel fumetto autoriale, credeva negli autori italiani e in particolare in quelli più giovani. E credeva che esistesse anche un pubblico giovane di lettori manga che potesse guardare proprio a quegli autori. Ma queste potenzialità apparivano sminuite dallo scarso coraggio degli editori (e talvolta anche degli autori) e dall’impostazione delle manifestazioni fumettistiche, troppo commerciali e poco coraggiose.

Occorreva cambiare direzione e lavorare con la distribuzione, le fumetterie da una parte ed evidenziare le qualità più elevate del fumetto, come linguaggio capace di raccontare il proprio tempo. In questi interventi di apertura si coglievano echi di polemiche precedenti, in genere avviate dalle fanzine di critica e informazione, ma anche espresse a suo tempo con durezza e rigore intellettuale da figure di rilievo come appunto quella di Luigi Bernardi, che non a caso ritrovavamo coinvolto su queste pagine con una propria rubrica. Eravamo anche in un periodo dove le discussioni avvenivano in rete, all’interno di forum specializzati o anche solo via mail, con i primi blog alle porte. Dunque il dibattito “scritto” e permanente, che avveniva in ambito digitale, cominciava a condizionare anche quello tradizionale su carta, condannato a perderne il monopolio.

Le recensioni erano strettamente intrecciate con queste prese di posizione. E riguardavano anche la narrativa, perché non si può vivere di soli fumetti. Quando si parlava di loro, ecco che venivano valorizzate le realtà più in sintonia con le convinzioni dei curatori di Mondo Naif, etichette come Phoenix, Rasputin!Libri, Centro Fumetto “Andrea Pazienza”, Factory, Mano, Punto Zero, Black Velvet… È interessante scorrere le recensioni di numero in numero, perché vediamo chiaramente iniziare l’epoca del graphic novel, con l’arrivo di Coconino Press, e delle autoproduzioni moderne, con l’esperienza di Canicola. Tutti passaggi diligentemente registrati dai recensori della rivista, tra cui, in alcuni casi, troviamo anche gli stessi autori, come Vanna Vinci.

Un mondo in movimento

Il mondo del fumetto era in movimento, e Mondo Naif cercava di aggiornarsi. Erano tante le piccole modifiche, culminate poi in restyling veri e propri. La prima testata era la stessa della trilogia edita da Star Comics. Dal terzo numero comparve un sottotitolo di presentazione: “Uno sguardo planetario”. Dal quarto numero, la parola “Naif” fu portata in grafica e inserita in negativo in una striscia nera o colorata. Dal numero dodici il sottotitolo fu sostituito da un elenco parziale degli autori, per alleggerire il resto della copertina dai testi. 

Sul numero diciassette troviamo una testata completamente nuova, con più pagine. Le lettere disegnate all’insegna della fantasia più istintiva, furono sostituite da un font bastone, dal corpo molto grosso, tagliato longitudinalmente da una linea curva. Come per dire che il mondo è grande e rilevante, ma rimane comunque attraversato dall’imprevedibilità, dalla diversità, rappresentata da quella linea sinuosa che quasi ci indica la parolina “naif” che sta lì sotto, piccolina, in caratteri minuscoli, giustapposta al grande MONDO maiuscolo. A ribadire questi concetti, ritroviamo la stessa linea lungo tutto il dorso del fascicolo. Rilevante anche il claim scelto per il numero diciassette e collocato sotto la nuova testata: “Tutto nuovo tutto europeo”, a significare l’aspirazione a una dimensione più internazionale

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La copertina di “Mondo Naif” 17 disegnata da Davide Toffolo

Si diceva delle modifiche, che erano continue anche nelle pagine interne, nella grafica delle rubriche, nel posizionamento dei testi, nelle pubblicità delle proprie collane. All’interno di questo abito esteticamente programmatico, la sfida decisiva era quella di rappresentare il nuovo racconto a fumetti in tutte le sue pieghe e sfumature, per contaminare l’ambito italiano e sprovincializzarlo definitivamente.

I buoni propositi trovarono conferma nella qualità degli autori pubblicati: Frederik Peeters, Edmond Baudoin, Cristophe Chabouté, Baru, Blutch, Rabate e persino Will Eisner emersero con forza dalle pagine della rivista, con i loro intensi bianchi e neri. Accanto a loro, tra gli altri, Giuseppe Palumbo, Laura Scarpa, Paolo Bacilieri, Davide Toffolo, che riprese i personaggi di Piera degli Spiriti, e Vanna Vinci, vera mattatrice della rivista, con i suoi fumetti sempre diversi, le vignette della Bambina Filosofica e addirittura, come si diceva sopra, le recensioni.

Qualcosa però si inceppò. Tra il 2000 e il 2001, la rivista divenne davvero bimestrale, come annunciato negli editoriali, pur senza modificare il colophon che continuava a darla per trimestrale. Nel 2002, Mondo Naif riuscì invece a malapena a mantenere la trimestralità, diradando ancora di più le sue apparizioni negli anni successivi. Due numeri nel 2003, tre nel 2004, ancora due nel 2005 (con ulteriore incremento di pagine) e solo uno, l’ultimo, nel 2006, con cui raggiunse le 3.296 pagine (copertine comprese) complessive. È curioso notare come il primo e l’ultimo anno della rivista abbiamo registrato un’unica uscita, consentendo di rappresentare graficamente il suo andamento come una quasi porzione di parabola dal vertice alto.

L’ultimo numero fu volutamente celebrativo e meriterebbe un approfondimento a sé. Ben 192 pagine di testi e fumetti a esaltare non solo la rivista, ma anche la casa editrice. In sostanza una monografia ricchissima di contenuti, informazioni e dichiarazioni capaci non solo di rappresentare i fumetti del momento ma di anticipare quelli del futuro. Le interviste agli autori erano corredate dai loro fumetti. Ed è interessante notare le mille porte che aprono in ogni direzione, anche per la varietà degli stili. Mi limito a prendere come esempio l’intervento di Davide Toffolo, “un allegro ragazzo morto”, che nell’intervista annunciava il suo proposito di lavorare su Magnus e nella sua tavola anticipava l’approccio che avremmo visto poi nei suoi libri, in particolare quelli realizzati per Lizard Graphic Novel is Dead e Graphic Novel is Back

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La copertina del volume che raccoglie la serie “Lillian Browne” di Vanna Vinci

Cito dall’editoriale: «Le riviste vivono nel loro tempo, incarnano lo spirito del momento, se sono fortunate sono in sintonia con ciò che succede attorno a loro, se sono indovinate anticipano e guidano gusti e tendenze che ancora non hanno un corpo compiuto. Ma sono fatte per essere consumate, per mettere in circolo la loro energia, senza risparmiarsi in virtù di un calcolo editoriale o peggio mettendosi al riparo di una storia illustre e passata, e poi lasciano il passo, chiudono e liberano il campo per nuove esperienze». Mondo Naif ha davvero messo in circolo energie libere di mescolarsi e confrontarsi su più piani.

Dal punto di vista artistico abbiamo visto rivelarsi e crescere autori importanti. Voglio citare ancora Vanna Vinci che, di opera in opera, ha dialogato con i classici del fumetto d’autore italiano, come Hugo Pratt, Gianni De Luca e Dino Battaglia, senza mai perdere la sua identità, rappresentando un esempio illuminante di flussi stilistici recepiti e irradiati.

Sul piano editoriale ha anticipato gusti e tendenze che da lì a poco sarebbero diventate mainstream, almeno nelle librerie. Basti pensare a Bao Publishing, il cui catalogo in parte incarna davvero molto bene i valori di cui si è parlato, con diversi punti di forza in più, sia in termini di prodotto che di produzione.

Proprio il pubblico, aperto sia ai manga che ai graphic novel, ci rivela quanto i Kappa Boys e i loro autori abbiamo saputo vedere lontano, in sintonia con il processo epocale allora già in corso: il secolo del lavoro e delle condizioni di classe si stava concludendo, con le proprie irrisolte contraddizioni, per lasciare posto a una nuova stagione dove il conflitto si stava spostando sulle identità, sui generi, sul fine vita e sul diritto ad autodeterminarsi. 

Nell’era del digitale e del lavoro precario, che sembrano rendere ancor più irrealizzabile qualunque utopia, non ci si interroga più se è meglio “avere o essere”, ma come esistere, consapevoli che avremo sempre meno. Mondo Naif è stata testimone di tutto questo, raccontandoci con stile gli amori e il vissuto di personaggi emblematici dei tempi in cui viviamo.

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