
Dopo il Texone del 2016 Capitan Jack scritto da Tito Faraci, il grande Enrique Breccia torna a lavorare sul personaggio più iconico del fumetto italiano. Questa volta lo fa all’interno della collana Romanzi a fumetti, le cui tavole di grande formato e a colori rappresentano senza dubbio una magnifica opportunità per il maestro argentino di realizzare immagini dal forte impatto visivo e dall’esemplare equilibrio compositivo.
Figlio d’arte (il padre Alberto è semplicemente, indiscutibilmente uno dei più grandi fumettisti di tutti i tempi), Enrique Breccia è a sua volta fautore di un segno unico e dalla forte personalità, in grado di caratterizzare ogni fumetto su cui ha lavorato, dai titoli argentini degli anni Settanta e Ottanta come Alvar Mayor e Robin delle stelle (su testi di Carlos Trillo) ai lavori più mainstream come quelli realizzati a partire dal 2000 per Marvel e DC Comics e la stessa Sergio Bonelli Bonelli.
L’intuizione di Mauro Boselli, sceneggiatore della storia e curatore del ranger bonelliano, sta proprio nel cogliere la peculiarità del segno brecciano, il suo carattere visionario e magico, per proporre una vicenda apparentemente lontana dal canone texiano, per ritmo, stile e ambientazione, ma che, proprio per questa apparente distonia, riesce a farsi memorabile, aggiungendo qualcosa di nuovo alla mitologia del personaggio.

Mai come in questo caso, il formato è il messaggio. Il “romanzo a fumetti” a colori fornisce un ottimo banco di prova per Breccia, che produce tavole ispirate e potenti. Lo script di Boselli si risolve in una trama volutamente essenziale, nella quale il protagonista si mette da parte per lunghi tratti del racconto, destinandosi solo pochi (ma essenziali) momenti topici, e lasciando così respirare gli ambienti dipinti da Breccia.
Un ovest immaginifico, visivamente sontuoso, mai così onirico in una storia del ranger: un pianeta senza Tex (come lascia intuire la copertina), magico e misterioso, quasi jodorowskiano, in cui fanciulle innocenti sono rapite per essere sacrificate a un malvagio dio serpente, e i morti tornano dall’aldilà per salvare i vivi e rimettere le cose in ordine.
Per efficacia espressiva, potenza grafica e sintesi narrativa, Snakeman rappresenta probabilmente uno degli episodi più riusciti di questa collana di Tex “alla francese”. Non soltanto per la bellezza del disegno e per l’ambientazione non canonica, ma anche per il modo con cui abilmente si iscrive nella più ampia vicenda dell’eroe. In una caverna misteriosa, dove Tex si ritira per meditare, fa capolino lo spirito di Lilyth, la sua moglie defunta.

Come l’omonimo personaggio biblico che, secondo la tradizione, fu ripudiata dal marito Adamo perché rifiutava di obbedirgli, diventando nel tempo una figura demoniaca protettrice dell’emancipazione femminile, così lo spirito della moglie accompagna Tex nel suo percorso agli inferi, e lo riporta letteralmente in vita. Solo attraverso questo percorso di morte e di rinascita Tex può sconfiggere il malvagio uomo dei Serpenti.
Recuperando la figura dell’Uomo della Morte, inventata da Gianluigi Bonelli nella storia Oro (su Tex Gigante 41 del luglio 1967), Boselli aggiunge un altro tassello alla leggenda dell’eroe che non può morire. Qui la “morte” non è che un travestimento, una maschera, un formato: l’abito nuovo per vestire lo stesso, immortale racconto.
Tex Romanzi a fumetti 13: Snakeman
di Mauro Boselli ed Enrique Breccia
Sergio Bonelli Editore, settembre 2021
cartonato, 52 pp., colore
€ 9,90 (acquista online)
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