Venerdì 26 novembre è morto Vincenzo Jannuzzi, detto Enzi, in arte Janù, tra i primi protagonisti della scena del fumetto underground italiano. Ne ha dato notizia sui social Luigi F. Bona, direttore di WOW Spazio Fumetto.
Jannuzzi era nato a Spezzano Albanese (Cosenza) il 4 gennaio 1946. Trasferitosi giovanissimo al nord Italia, arrivò a Milano nei primi anni Sessanta, dove esordì su Tiramolla dell’Editoriale Alpe. La sua condizione di emigrato calabrese in Lombardia è alla base di molte sue opere, a partire dalle strisce di Ancillotto l’emigrante, pubblicate prima sulla rivista Off-Side e in seguito in volume per l’editore Ottaviano, a fianco di opere come la versione a fumetti del Manifesto del partito comunista e a Poer nano di Dario Fo, illustrato dal figlio Jacopo.
Collaborò con diverse riviste underground, ma anche con testate da edicola, da Sorry a Il Mago, Horror, Super Vip. Con Alfredo Castelli proseguì, dopo Pichard, le avventure di Sir Aladdin Gulliver Simbad Munchausen Junior. Nel 1979 pubblicò la sua opera più impegnativa – e, all’epoca, scandalosa -, la versione a fumetti del romanzo erotico di Guillaume Apollinaire Le 11.000 verghe, 135 tavole disegnate interamente a penna bic con un tratteggio fittissimo che gli valsero una denuncia per oscenità. Per Mondadori realizzò Vita mirabile dell’arcitruffatrice e vagabonda Coraggio, dalla stessa opera di Hans Jakob Christoffel von Grimmelshausen che Bertold Brecht adattò in Madre coraggio.
Dalla metà degli anni Ottanta si allontanò gradualmente dal fumetto, lavorando come illustratore e muralista, ma mantenendosi attivo nella rete dei centri sociali. Negli anni Duemila ritornò a pubblicare, spesso autoproducendosi, come nel caso di Se la sposa è un fiore d’aprile, libro dedicato alla comunità calabrese di lingua albanese da cui proveniva, o collaborando con realtà underground come Puck e Čapek.