
Se c’è una storia che ha rappresentato un vero e proprio punto di svolta per il fumetto supereroistico americano, quella è Flash dei due mondi di Gardner Fox e Carmine Infantino, pubblicata originariamente 60 anni fa, nel settembre del 1961 su The Flash 123 di DC Comics. Prendendo spunto da un’idea pseudoscientifica da fantascienza anni Cinquanta – quella degli universi paralleli – la storia infatti cambiò per sempre l’universo DC e aprì scenari nuovi per tutto il settore, con echi che oggi risuonano anche al cinema e in tv.
I nuovi supereroi creati da Stan Lee e Jack Kirby per Marvel Comics avrebbero esordito di lì a poco, ma DC aveva già rinverdito il genere con tutta una nuova generazione di personaggi, alcuni basati su quelli del passato (come Flash e Lanterna Verde), altri del tutto nuovi (Martian Manhunter), che andarono ad affiancare i pochi sopravvissuti alla fine della Seconda guerra mondiale e alla crociata anti-fumetti degli anni Cinquanta: Superman, Batman e Wonder Woman.
In un’avventura costruita su tre atti come consuetudine dell’epoca, il Flash della Silver Age, Barry Allen, viaggiò così in un’altra dimensione – che sarebbe subito divenuta nota come Terra-2 – dove incontrò il suo predecessore della Golden Age, Jay Garrick, che aveva esordito nei fumetti nel 1940. I due velocisti insieme sventarono un piano congiunto del Violinista, dell’Ombra e del Pensatore, alcuni tra i loro più grandi avversari. E dire che invece fino a poco prima Garrick era stato per Allen solo un eroe dei fumetti al quale si era ispirato una volta ottenuta la sua super-velocità.
«Due oggetti possono occupare lo stesso spazio e tempo, se vibrano a velocità differenti! La mia teoria è che entrambe le Terre sono state create nello stesso momento in due universi piuttosto simili tra loro!», spiegava Barry Allen. «Vibrano in modo differente, ed è questo a tenerle separate! Vite, abitudini… persino le lingue… si sono evoluti sulla vostra Terra in modo quasi uguale alla mia!»

Creando Terra-2, gli autori diedero inconsapevolmente vita anche al Multiverso DC, una serie di universi alternativi con versioni degli eroi sempre differenti. Un concetto che con il passare degli anni sarebbe stato sfruttato sempre di più da DC Comics, fino ad arrivare a centinaia di “Terre” (tutte con una loro denominazione e caratteristiche specifiche). Almeno fino a Crisi sulle Terre Infinite di Marv Wolfman e George Pérez, che nel 1985 le spazzò tutte via per fare un po’ di ordine (salvo poi tornare più volte sui propri passi negli anni successivi).
Flash dei due mondi! servì inoltre come viatico per ripescare tutti gli eroi della Golden Age che in quei primi anni Sessanta erano stati accantonati, a partire dallo stesso Flash per continuare con i suoi compagni della Justice Society of America, che avrebbero inaugurato una serie di incontri a cadenza annuale con la Justice League of America.
E dire che l’idea per questa storia era nata per gioco. In quel periodo, infatti, il disegnatore e copertinista della serie, Carmine Infantino, era solito disegnare dei bozzetti di copertine con situazioni improbabili per sfidare gli sceneggiatori a tirarne fuori una storia. Fu così che nacque l’iconica copertina con i due Flash che corrono parallelamente verso il lettore in soccorso di un uomo mentre un muro li divide.
Accettata la sfida, l’idea di utilizzare le dimensioni parallele venne probabilmente a Julius Schwartz, uno degli editor più influenti di tutti tempi, nonché grande esperto di fantascienza (per un breve periodo fu anche agente di numerosi romanzieri, tra cui Ray Bradbury). «Team-up e crossover erano un ottimo gancio, e li usavo di frequente nelle testate su cui lavoravo, giocando con diverse accoppiate. Una delle migliori storie che ho ideato sfruttando questo tema fu Flash dei due mondi» ha raccontato lo stesso Schwartz nella sua autobiografia, intitolata oltretutto Man of Two Worlds, “l’uomo dei due mondi”, anche se in riferimento al fumetto e alla fantascienza.
Lo sceneggiatore Gardner Fox – appassionato invece di scienze – ne ha in realtà messo in dubbio più volta la genesi nel corso degli anni, accreditandola a se stesso. La parola definitiva ha provato a porla in modo molto diplomatico – e anche un po’ paraculo, oseremmo dire – nel 1976 in un’intervista apparsa sul numero 113 di Amazing Heroes: «Non voglio entrare in discussioni sull’argomento. Se Julie dice che [l’idea] è sua, bene. Che differenza fa? Probabilmente è venuta fuori durante una di quelle riunioni nelle quali ci rimpallavamo le idee. Non ne sono certo, e credo che neanche Julie lo sia».

In ogni caso, gli autori furono di certo suggestionati dalla teoria dei “Molti mondi” del fisico Hugh Everett, che aveva iniziato a lavorarci solo pochi anni prima, nel 1957. Secondo tale teoria, ogni volta che il mondo deve affrontare una scelta a livello quantistico, l’universo si divide in due, in modo che tutte le possibilità vengano realizzate. Ovvero, nello stesso istante e nella stessa posizione, esistono varie possibilità alternative.
Al di là di ciò che ha generato, Flash dei due mondi (così come è stata tradotta in italiano) era nata con l’idea di intrattenere semplicemente i lettori, cosa che riesce a fare ancora oggi con una trama piuttosto canonica per le storie di Flash dell’epoca, con gli eroi che dapprima soccombono ai nemici per poi riuscire a sconfiggerli con l’uso dell’ingegno, secondo le direttive di Schwartz, che spingeva per una trama brillante nel nocciolo ma semplice nello sviluppo.
La storia fu però realizzata da due degli autori più rappresentativi della DC Comics dell’epoca, Gardner Fox e Carmine Infantino, appunto. Il primo era stato tra i più importanti sceneggiatori della Golden Age, nonché creatore del primo Flash. A lui sono state accreditate – sotto vari pseudonimi – circa 4.000 storie a fumetti, delle quali più o meno 1.500 per la sola DC, oltre a vari romanzi fantascientifici.
Con il suo tratto dinamico ed essenziale in grado di far sembrare realistica qualsiasi cosa, anche la più fantascientifica, Infantino era invece per la DC dell’epoca l’equivalente di ciò che era Jack Kirby per la Marvel Comics: un punto di riferimento per tutti gli altri disegnatori, in grado di sfornare centinaia di pagine all’anno.
Lo stesso Infantino aveva creato graficamente il Flash della Silver Age e aveva inventato il distintivo modo di caratterizzare la super-velocità del personaggio con delle linee cinetiche accompagnate da macchie di colore sfocate. Uno stile che in questa storia trovò la sua esaltazione grazie alla presenza contemporanea di ben due super-velocisti.
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