Masters of the Universe: Revelation
Non era facile, il compito di Kevin Smith: prendere un universo di culto che ha segnato gli anni Ottanta, rielabolarlo, aggiornarlo e sintetizzarlo in qualcosa che potesse far incontrare fan di vecchia data e nuovi spettatori incuriositi. Il risultato è Masters of the Universe: Revelation, serie Netflix di dieci episodi, di cui sono stati messi a disposizione i primi cinque episodi a luglio e gli altri cinque a novembre (la scelta è stata forzata dalle difficoltà produttive dovute alla pandemia).
Skeletor riesce nel suo intento di sconfiggere He-Man, ma nel farlo distrugge Eternia per come la conosciamo. La magia scompare e un manipolo di eroi guidato da Teela cerca di far tornare tutto come prima. Ma dovrà scontrarsi con Evyl-Lyn e la sua sete di vendetta. Smith accentra il nucleo narrativo attorno alle figure femminili e, in generale, ai perdenti, a coloro che nella serie Filmation erano personaggi minori, di secondo piano, a tratti ridicoli.
Restituisce loro la dignità grazie a scelte narrative azzeccate (splendido il lavoro su Orko) e a una modernizzazione tematica e di approccio sicuramente efficace. Lavora con precisione nel mantenere l’equilibrio fra la dimensione citazionista e quella che destruttura la mitologia dei Masters of the Universe, spingendo anche su quegli elementi fantasy che in altri contesti mediatici (serie animata, fumetti) erano solo accennati.
Il risultato, con il suo crescendo epico, è ottimo. Non perfetto, certo, soprattutto per limiti tecnici che depauperano la bellezza di questa serie, ma è evidente che, tra le opere d’animazione di questo 2021, Masters of the Universe: Revelation è quella più forte nel proporre un’idea postmoderna di rivisitazione di un mito generazionale come quello di He-Man. E proprio per questa sua idea di fondo è anche quella più incompresa o detestata.
(Andrea Fontana)
