L’uomo di Tsushima, di Bonvi (Nona Arte)

Unico volume disegnato da un autore umoristico nella storica serie Bonelli Un uomo, un’avventura, che proponeva storie autoconclusive dei massimi fumettisti italiani, L’uomo di Tsushima è anche forse l’opera migliore in assoluto di Bonvi, più di Sturmtruppen o Cronache del dopobomba.
Racconta l’omonima battaglia tra la flotta giapponese e quella dello zar Nicola II, avvenuta nel 1905 a largo della Corea. Fu un momento centrale per la storia del Pacifico, e una disfatta per i russi, che videro spazzate via le loro corazzate e compromesso per sempre il loro progetto di espansione a oriente.
Nel fumetto, la storia è narrata a Jack London – che ha le fattezze dell’autore – dallo spirito di un ufficiale zarista suo amico, che gli racconta lo scontro dall’aldilà attraverso l’estasi di una santona. È un espediente molto interessante, perché permette a Bonvi di inserire diversi livelli di narratore (lo spirito di Bogdanov, la stampa internazionale, London…) tra gli avvenimenti e il lettore, e avere così la scusa per modificare i fatti storici a suo piacimento. In fondo, nessuno è convinto che quello che ci racconta un fantasma sia vero al 100%.
L’uomo di Tsushima, infatti, è un libro con una tesi, che poi è uno dei leitmotiv del fumettista modenese. Gli interessa mostrare l’assurdità della guerra, vista come noncuranza nei confronti del prossimo per bieco calcolo politico, come occasione per eliminare i problemi, come momento in cui chi dovrebbe stare dalla stessa parte perché – letteralmente – sulla stessa barca perde il controllo e si accoltella alle spalle. Nel fumetto sono più i marinai russi a morire di fuoco amico che sotto i colpi dei giapponesi. Un’altra bugia, ovviamente.
Il fumetto è stato ristampato una sola volta in edicola negli anni Novanta dopo la sua prima pubblicazione nel 1978, ed era quindi molto complicato da recuperare fino a questa nuova edizione. Qui c’è la nostra recensione.