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NewsAddio Ron Goulart, grande della fantascienza passato anche per il fumetto

Addio Ron Goulart, grande della fantascienza passato anche per il fumetto

Ron Goulart
Ron Goulart nel 2009

È morto lo scorso 14 gennaio, un giorno dopo il suo ottantanovesimo compleanno, uno dei più famosi scrittori americani contemporanei di fantascienza: Ron Goulart. Meno noto nel nostro Paese, anche perché non ha avuto un vero best seller soprattutto dalle nostre parti, è stato tuttavia un autore estremamente prolifico, con più di 180 titoli scritti con vari pseudonimi e in vari generi dal western al romanzo rosa, privilegiando tuttavia sempre la fantascienza. È stato anche co-autore con William Shatner della serie di nove romanzi di TekWar (o più probabilmente ghost writer di tutti i libri), oltre ad aver scritto alcune gustose storie alla fine degli anni Novanta che trasformavano Groucho Marx da comico surreale in investigatore altrettanto surreale (e di successo) e numerosissimi romanzi e adattamenti di opere cinematografiche. Genere quest’ultimo molto praticato dagli scrittori di fantascienza a partire dagli anni Settanta-Ottanta perché dopo l’epoca delle riviste degli anni dai Quaranta ai Sessanta era molto più proficuo di una semplice pubblicazione in libreria.

Ron Goulart ha una sola colpa, almeno nel nostro Paese: faceva spesso ridere. Con un umorismo a tratti nero, spesso amaro, comunque anarchico. Molte sue storie infatti avevano un taglio surreale e un umorismo pungente, capace di stupire e affascinare il pubblico madrelingua ma erano considerate, a torto, inadatte all’adattamento in italiano e troppo difficili “concettualmente” per il pubblico nostrano. Tanto che ancora oggi nei “giri buoni” della fantascienza del Bel Paese Goulart viene regolarmente snobbato. Un segno di questo si trova anche nel fatto che sia stato pubblicato solo da Urania di Mondadori (che notoriamente ha la “bocca buona”) e non dalle raffinate collane di libri pubblicate nel corso degli anni dalle nostre parti. Un vero peccato essere snobbati in Italia, si potrebbe pensare.

Non che la cosa l’avesse mai preoccupato o che se ne fosse particolarmente accorto. L’obiettivo professionale di Goulart non era far felice il pubblico, quanto raggiungere e superare Isaac Asimov per numero di opere pubblicate. Un obiettivo mancato e non di poco, visto che l’autore di origine russa al momento della dipartita ne aveva pubblicati più di 500, di libri; trecentoventi più di Goulart, insomma.

Alla fine da noi l’unica a pubblicarlo è stata come detto solo Urania di Mondadori, che dal 1971 al 1984 ha pubblicato circa 20 delle sue opere. Tutto il resto è passato in cavalleria: romanzi, racconti, antologie, curatele. Interi cicli che i nostri lettori non hanno mai neanche immaginato. Tutto sacrificato sull’altare di una visione piuttosto piatta e bidimensionale di cosa sia e cosa debba essere la fantascienza, almeno per il nostro Paese.

Nato a Berkeley, in California, il 13 gennaio 1933 laureato all’università omonima e diventato pubblicitario a San Francisco, Goulart ha cominciato a scrivere racconti e poi romanzi in maniera regolare a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta. Tuttavia, già negli anni dell’università aveva scritto intere raccolte di parodie di “lettere alla redazione” piuttosto che saggi e antologie sul racconto pulp, thriller e sui fumetti. Settore dove peraltro ha avuto un ruolo non secondario, collaborando alla stesura dei testi di centinaia di storie per varie case editrici compresa la Marvel degli anni Settanta e Ottanta.

La sua scomparsa lascia la moglie e tre figli. La sua carriera densa di attività e opere pubblicate rimane però a testimoniare un lavoro non solo quantitativamente abbondante ma anche di grande qualità. Dotato di una “voce” da camaleonte, cioè capace di saltare di registro e interpretare con facilità stili e strutture narrative altrui (talento tipico di molti autori americani di opere serializzate, oggi soprattutto nel campo del fumetto ma un tempo anche in quello della narrativa pulp), aveva anche una enorme facilità a scrivere.

«Potrebbe anche aver avuto il blocco dello scrittore, a un certo punto, ma non è durato a lungo», ha detto sua moglie, lei stessa autrice di 16 libri, al New York Times. «Se si bloccava, passava da un genere all’altro senza problemi.»

Antonio Dini, giornalista e saggista, è nato a Firenze e ora vive a Milano. La sua newsletter si intitola: Mostly Weekly.

Leggi anche: Il piano editoriale della collana di Urania con Gazzetta e Corriere

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