
Poco più di tre anni fa, nell’autunno 2018, Alex Bertani prendeva il posto di Valentina De Poli alla guida di Topolino. «Direttore del mercato Italia per Panini, è stato il primo con un profilo più da azienda che da giornale», così lo presentava Andrea Fiamma nel suo monumentale articolo che raccontava la storia della rivista a partire dai suoi direttori. Prima di allora, Bertani si era occupato soprattutto di marketing all’interno della casa editrice, ed era stato il referente proprio di De Poli da quando Panini aveva acquistato i diritti Disney e quindi Topolino.
Ma se di Gentilini, Capelli, Cavaglione, Bono, Muci e De Poli si poté tracciare un profilo completo, concluso, di Bertani naturalmente ancora no. Alla guida del Topo da un anno, all’epoca dell’articolo, non aveva ancora avuto il tempo di imporre la sua linea al giornale. Tutto quello che si aveva, allora, erano dichiarazioni programmatiche e qualche indizio sulla direzione che avrebbe preso il settimanale.
Ora, nell’Anno IV dell’Era Bertani, è arrivato finalmente il momento di provare a tracciare un primo bilancio di quello che è il suo Topolino.
Disneyanità
All’inizio del suo mandato su Topolino, Alex Bertani si trovò con un grande serbatoio di storie già scritte e disegnate. Durante il primo anno, ma ancora nel secondo e nel terzo, pubblicò il più possibile da questo magazzino, rallentando fisiologicamente la produzione di nuovi fumetti. «Per me è stato frustrante, in alcuni momenti, firmare un giornale che non sentivo di avere fatto, di avere in qualche modo costruito, di avere vissuto», ha dichiarato.
Con poco margine di manovra sulle storie, partì innanzitutto rinnovando l’impostazione delle copertine, scollegate sempre più dalla storia principale di ogni numero, non tanto nel soggetto quanto nella mano che le disegna. Capita così, ad esempio, che il Topolino che si apre con un fumetto di Casty o Claudio Sciarrone sia introdotto da un disegno di Andrea Freccero o Francesco D’Ippolito. Allo stesso tempo, la redazione si è affidata a un numero sempre più ristretto di matite alla ricerca di una maggiore uniformità stilistica. Se nel 2018 furono in 20 a firmare copertine del Topo, sono stati solo 7 nel 2020 e 8 nel 2021.

Innovazione ancora più importante, e molto vicina nello spirito, è stata la nomina di Freccero a direttore artistico, con il compito di garantire l’omogeneità (la disneyanità) dei disegni delle storie e, soprattutto nei primi tempi, riportare all’interno del canone gli autori che si erano allontanati un po’ troppo dai modelli.
Il risultato è stato un avvicinarsi, a volte brusco, di molti al segno del disegnatore ligure – pulito, rassicurante, poco incline a deformazioni dei personaggi: classico e moderno insieme – in un’ondata di “freccerizzazione” generale, e solo di recente stanno tornando a emergere stili più individuali. Ovviamente questa revisione non ha riguardato i nomi storici del settimanale, come Giorgio Cavazzano, Silvia Ziche, Paolo Mottura o Claudio Sciarrone, mentre è particolarmente evidente sui collaboratori meno blasonati e sulle nuove leve.
Gadget sì o gadget no?
Mentre metteva in atto queste prime innovazioni, Bertani rilasciava molte dichiarazioni su come vedeva il suo Topolino. Due sono quelle su cui insisteva di più nelle interviste: il ridimensionamento delle iniziative legate a gadget allegati al settimanale e la volontà di offrire ai lettori «storie di livello assoluto».
Nel caso dei gadget sembra che il direttore abbia fatto marcia indietro sulle sue dichiarazioni, se si va a vedere la produzione di oggettistica legata a Topolino degli ultimi anni. Mai come ora si sono susseguite raccolte di banconote, medaglie o monete, pupazzetti, puntali e decorazioni per alberi di Natale, oltre ai modellini da assemblare, e al Deposito di Paperone, le cui uscite erano divise tra la testata ammiraglia e i mensili Zio Paperone e Paperino.

Una politica decisamente colonizzatrice per chi ci aveva dichiarato che non era interessato a puntare sul tradizionale gadget estivo perché «veniva pubblicizzato con notevoli risultati di vendita, ma alla fine vendevamo dei giocattoli» e «dopo quattro settimane si tornava nei volumi di vendita precedenti», a detta di Bertani.
Da quando Topolino è passato a Panini Comics sono aumentati invece i gadget venduti a parte rispetto ai giornali, e sotto la nuova direzione questa è diventata la norma. L’obiettivo è chiaramente quello di fare contenti i collezionisti – con tutte le sfumature del caso, da chi prende qualsiasi gadget a chi compra una tantum le carte per farsi un bel mazzo da spiaggia – con un investimento meno importante da parte dell’editore.
Inoltre il fatto che per completare la collezione spesso non basti acquistare il solo Topolino aiuta certamente le vendite delle testate minori. Invece chi non è interessato ai gadget comprerà la sola rivista, con meno spreco di plastica e soldi. Il giocattolo non fa più da traino al settimanale, è un di più. È, in fondo, l’altra faccia della medaglia della strategia di Bertani per vendere: puntare decisamente sulle storie.
Le storie al centro
«Topolino ha 160 pagine. 20 sono pubblicità, sommario, quarta di copertina. Ne rimangono circa 140. Di queste, 20-25 sono di redazionali, dai 110 ai 120 mediamente sono di fumetti. Ora, io ho un giornale che è fatto per l’85% di fumetti e per un 15% di redazionali. Credo che, se sono il direttore di questo giornale, devo occuparmi di quello che ne rappresenta l’85%.»
Alla base dell’approccio di Bertani c’è questo calcolo “matematico”, che ci ha descritto lui stesso, ma anche la sincera convinzione che «le storie a fumetti siano il motivo per cui la gente compra Topolino». Questo a patto di non abbassare il target della rivista, ma anzi, di puntare su racconti complessi, come ha spiegato: «Il mio vero e unico obiettivo è di mantenere sempre più alta quella che è la capacità delle storie di essere interessanti, di essere intriganti, di non essere noiose, di spingere alla lettura, e anche di riuscire a parlare di tematiche importanti».
Negli ultimi anni Topolino ha quindi parlato, ad esempio, di crescita e allontanamento dagli amici d’infanzia (Area 15 – Vent’anni dopo, di Marco Nucci e Libero Ermetti); del dilemma morale tra legge e giustizia (Grosso guaio a Paperopoli, di Marco Gervasio e Giuseppe Facciotto, su soggetto di Bertani stesso); addirittura di morte (nell’episodio conclusivo delle Tops Stories di Giorgio Pezzin, La fonte della giovinezza, disegnata da Davide Cesarello).

Tutti temi che, a detta del direttore, non era scontato inserire in un settimanale per ragazzi e che spesso negli anni precedenti erano stati poco affrontati. Per convincersi della bontà del progetto, Walt Disney Company e Panini hanno fatto ricorso a focus group, facendo leggere a gruppi scelti di bambini di sette-otto anni storie più leggere e altre “più disturbanti” come quelle con Mister Vertigo.
Il risultato è stata una netta predilezione per queste ultime. «È stato un plebiscito – ci ha detto con soddisfazione Bertani – Quando c’erano le storie più pucciose ci dicevano “Questa è carina, ma per il mio fratellino”. E Vertigo, anche se non veniva capito del tutto, per loro però era aspirazionale», ne erano attratti proprio perché difficile per loro. Lo percepivano come una cosa “da grandi” e quindi interessante.
Per sviluppare appieno queste tematiche “più alte”, il direttore ha concesso sempre più pagine agli autori. Più spazio per approfondire i rapporti tra i personaggi, ma anche per una narrazione generalmente più decompressa – e contemporanea – di quella a cui Topolino ci aveva abituato. Il risultato è che tra il 2019 e il 2021 si sono moltiplicate le storie a puntate e le serie interne a Topolino. La cosa ha creato diverse polemiche tra i lettori, soprattutto quelli casuali, alcuni dei quali si sentono costretti a comprare più numeri per leggere la conclusione della storia, oppure si lamentano di non riuscire a seguire quello che succede perché non hanno letto gli episodi precedenti.

Nonostante il rumore su forum e social, questa strategia sembra premiare se, come ci ha dichiarato Bertani, «il momento in cui su Topolino hanno iniziato a infittirsi le storie a puntate è il momento in cui le vendite hanno iniziato a crescere. La fidelizzazione del lettore è aumentata».
Molte di queste storie stanno vivendo anche una seconda vita in riedizioni da fumetteria, un mercato assente quando il settimanale era sotto Walt Disney Italia e che è stato creato praticamente da zero da Panini. «Conta meno di quanto pensino i lettori – taglia corto il direttore – Parliamo di numeri piccoli, non ti cambiano il segno economico [di Topolino]». Fonte di entrata secondaria, hanno in realtà il doppio scopo di valorizzare e storicizzare le storie, e di essere portate alle fiere; ma anche lì, ancora una volta, «più per promozione che per “mietitura”».
Bertani, direttore-autore di Topolino
La vera novità portata da Bertani su Topolino è la presenza molto forte del direttore nel processo di creazione delle storie, con un ruolo inedito che si affianca, e a volte sovrappone, a quello degli editor. Ad esempio Bertani revisiona personalmente quasi ogni soggetto e sceneggiatura, riscrivendo se necessario alcuni passaggi. «Riscrivo pagine e pagine di dialoghi», ha ammesso con noi ridendo.
Per capire la novità di questo modo di agire è interessante confrontarlo con quello di Valentina De Poli, che invece aveva una filosofia decisamente diversa:
«Ho sempre lasciato totale libertà nello sviluppo delle storie. Per me il ruolo del direttore è di guida: deve tracciare il percorso da seguire, proporre la linea editoriale, individuare i temi delle storie, avere le idee chiare sul dove si sta andando e sulle forze su cui si può contare. Prendersi la responsabilità degli errori. Rischiare. Il direttore fa “le convocazioni” della squadra e stabilisce gli obiettivi. Prima. Poi ci sono competenze più specifiche e fondamentali nel processo produttivo dove intervengono con totale responsabilità i professionisti che conoscono il mestiere, in questo caso gli editor della redazione fumetto.»
Con i direttori precedenti, che avevano tutti un background più giornalistico, l’intervento sulle storie si fermava all’inizio del processo creativo. Si delegava molto di più alla redazione, pur mantenendo sempre la responsabilità di quello che usciva. Un ruolo più “manageriale” che “creativo”, per usare ancora le parole di De Poli.
Bertani, invece, in questo è molto più accentratore e tiene per sé l’ultima parola su ogni tavola di fumetto. Come sintetizza lo sceneggiatore Giorgio Salati: «Dall’inizio del soggetto alla fine della sceneggiatura, legge ogni parola».
Questa cosa ha inizialmente spiazzato la redazione, che non vi era abituata – in particolare il caporedattore comics Davide Catenacci, e gli editor Stefano Petruccelli e Gaja Arrighini, che lavorano sulle storie con gli autori -, ma molti autori sono convinti della bontà della sua scelta. «Una presenza importante, questa del direttore, che nel mio caso ritengo fondamentale», ha commentato a proposito Marco Gervasio, tra gli autori chiave del Topolino recente.
Anche il modo di Bertani di dare input per i fumetti è diverso da quello che c’era prima. Ancora una volta, entra molto più nel merito, proponendo proprio spunti di trama o, in un paio di casi, addirittura co-firmando i testi. «La nostra è una collaborazione – dice ancora Gervasio – Talvolta ho un’idea io, talvolta ha un’idea lui e me la suggerisce. C’è Alex in quasi tutte le storie che realizziamo».

Il Topolino dei personaggi
«La fortuna è che con Alex si parla molto. Due anni e mezzo fa a un certo punto mi disse che gli sarebbe piaciuto rivitalizzare il personaggio di Newton Pitagorico. “Newton chi?!?”»
Così Marco Nucci, un altro degli sceneggiatori protagonisti degli ultimi anni del settimanale, ci ha raccontato com’è nata la serie che ha rilanciato Newton, il nipotino di Archimede, tra i personaggi più misconosciuti di Paperopoli. A partire dalle storie scritte da lui è diventato in poco tempo centrale, titolare di due serie e comprimario fisso di Qui, Quo e Qua. «Era tutto da sviluppare, era praticamente un foglio bianco. Ad Alex piaceva l’idea di usarlo e mi ha dato questo input: di farne un personaggio cazzuto.»

A Bertani interessa soprattutto dare spessore ai personaggi, e gran parte dei suggerimenti che dà ai suoi autori riguardano proprio quell’aspetto. Non punta su chi, come Paperone, Topolino o Paperino, ha avuto alle spalle grandi storie, ma sui comprimari più o meno importanti che li circondano.
Dopo il “trattamento” su Newton, ad esempio, a Nucci è stato chiesto di rendere meno bidimensionale Gastone, le cui storie erano appiattite sul suo essere molto fortunato o sulla naturale variazione sul tema della scomparsa della sua buona stella. Lo sceneggiatore ne ha quindi indagato sentimenti e motivazioni, strappandolo dalla sua comfort zone e obbligandolo a reinventarsi, fino a ritrovare il suo posto nel mondo.
Operazioni analoghe sono stata firmate, sempre da Nucci, per Rockerduck, il rivale di Paperone, e per Macchia Nera, per «restituire al personaggio il ruolo che gli appartiene: quello di Re del male e delle ombre, nemesi assoluta del nostro Topolino, spaventosa, spettrale, spiazzante, teatrale» dopo decenni in cui la sua cattiveria era via via sbiadita.

Quasi sempre queste operazioni partono da Bertani, come racconta Salati, a cui è stato affidato il rilancio di Malachia, il gatto di Paperino di cui fino a qualche anno fa si ricordavano in pochi e che ora compare regolarmente su Topolino. «Gli avevo regalato il volume di Brina [fumetto di Salati e Christian Cornia con protagonista una micetta]. Lui l’ha visto, si è ricordato dalle sue letture giovanili che Paperino aveva un gatto, e allora gli è venuta questa idea.»
Voci differenti
L’intervento più importante, e riuscito, sui personaggi classici di Topolino durante i primi anni di direzione Bertani riguarda i nipotini di Paperino. Qui, Quo e Qua sono sempre stati, se non indistinguibili, almeno intercambiabili. Nelle storie d’epoca parlavano addirittura all’unisono; in quelle più moderne non più, ma, a parte rarissimi casi, facevano sempre tutto in tre. La maggior parte dei lettori (ma anche degli autori) fino a pochi anni fa non avrebbe nemmeno saputo abbinare i nomi ai colori dei cappelli. Dopo che l’avevano fatto gli sceneggiatori della nuova serie delle Ducktales nel 2017, era tempo di differenziare i nipotini anche nei fumetti, anche se in modo indipendente e diverso.
Su Topolino 3327 del 28 agosto 2019, con Qui, Quo, Qua, tre paperi in gioco di Bruno Enna, Alessandro Perina e Marco Mazzarello, i paperini hanno preso strade completamente differenti: Qui (rosso) e Quo (azzurro) partecipando a un campionato di calcio in due squadre avversarie, mentre Qua (verde) disinteressandosi del pallone e fondando una band musicale.
La storia, in pieno stile di Enna, parlava dei rapporti tra i personaggi, in particolare tra Paperino e i suoi nipoti, del bisogno di individualità e dell’amore tra fratelli che supera le differenze. Le diverse caratterizzazioni erano poco più che un pretesto per farlo, ma la novità è che siano rimaste, siano diventate canoniche e siano state riutilizzate in altre storie.

X-Music, ancora di Enna e Mazzarello, del dicembre di quell’anno, era un vero e proprio crossover tra le storie di Paperopoli e Topolinia, perché vedeva la band di Qua partecipare a un talent show musicale insieme a quella di Tip e Tap introdotta da Claudio Sciarrone in Foglie Rosse. È un’avventura “da figlio unico”, e Qui e Quo praticamente non compaiono, se non come spettatori. Al contrario, nell’estate 2020, Nucci scrisse per Donald Soffritti Il torneo delle cento porte, in cui gli altri due partecipavano a un torneo calcistico senza il fratello.
Dopodiché la serie Area 15, inaugurata da Roberto Gagnor e Sciarrone, ha portato avanti questo discorso e ne ha fatto un elemento chiave, inserendo i paperotti in un nuovo gruppo di amici che ruota intorno a una sala giochi: le relazioni tra i personaggi preadolescenti sono l’occasione perfetta per mostrare le diverse personalità di Qui, Quo e Qua.
Così, storia dopo storia, con l’opera di più autori, i tre hanno acquisito caratteri decisamente differenti, che Nucci riassume in questo modo:
- Quo (il suo preferito) è «quello che ha meno grilli per la testa»;
- Qua è il più sensibile, «dà un sacco di possibilità di raccontare storie più sfumate»;
- Qui è il più versatile perché «è un po’ a metà strada tra i due, quindi ti permette di fare tutto», ma è anche il più insicuro, «quello che vorrebbe andare in BMX ma forse non è figo quanto quello che ci sa andare bene, cioè Quo».

Il “Topolino Comics Universe” secondo Bertani
Chi scrive Topolino, da un paio d’anni a questa parte non può più ignorare questa suddivisione dei ruoli dei paperini, che sono finalmente diventati personaggi indipendenti e devono essere coerenti in ogni storia. Ad esempio, Davide Aicardi sul numero 3450 ha affiancato il solo Qua al Gran Mogol, impegnato a comporre il nuovo inno delle Giovani Marmotte.
Non sono imposizioni così stringenti, ma è interessante notare come tendenzialmente vengano rispettate anche quando Qui, Quo e Qua non sono protagonisti. Nella già citata Grosso guaio a Paperopoli, Topolino è ospite a casa di Paperino e scambia quattro chiacchiere con i nipotini. È l’occasione per sottolineare, superficialmente ma in modo non forzato, le loro diverse caratterizzazioni, anche se la storia non lo richiedeva.
Per Gervasio è stato naturale considerare «i nipotini con le loro caratteristiche, due che giocano a calcio, uno che ama la musica. Se devo fare una storia in cui i nipotini hanno una certa importanza, sicuramente terrò presente la caratterizzazione dei tre in modo diverso».

Si tratta della punta dell’iceberg di una ricerca di maggiore unità all’interno di quello che succede nel settimanale. In passato la cosa era relegata alle opere di pochi autori, che si creavano quasi degli universi propri, impermeabili alle storie altrui. È il caso di nuovo di Gervasio, che per le avventure di Fantomius si è costruito un ecosistema chiuso basato su Don Rosa, Carl Barks e Guido Martina; di Casty, che, sull’esempio di Romano Scarpa, si è fondato la sua continuity parallela per Topolino; oppure di Francesco Artibani, che, seguendo il motto “tante storie, un solo papero”, manteneva una certa coerenza e una rete di rimandi tra le sceneggiature con Paperino, DoubleDuck e Pikappa.
Bertani vuole qualcosa di più. Il suo obiettivo è non avere storie in cui i personaggi rinneghino se stessi. Fissare punti di riferimento universali a Paperopoli e Topolinia per renderli un pochino più “veri” rispetto al disordine del tradizionale accumularsi di storie. Se Minni ha una boutique di moda nelle sue storie, ad esempio, l’avrà anche in quelle in cui è protagonista Topolino. «Credo che sia il mio background marvelliano, ma a me come lettore questo tipo di agganci è sempre piaciuto molto. Mi ha sempre dato un maggior senso di credibilità a quello che leggevo.»
Nonostante non si punti a costruire una continuity come nei fumetti di supereroi, negli ultimi anni sono aumentate le serie all’interno del settimanale, che, anche se cercano di mantenere la più ampia leggibilità, necessitano spesso della conoscenza delle puntate precedenti per essere apprezzate appieno. Molte le abbiamo già citate: Area 15, Foglie rosse, Fantomius e Paperbridge, il suo prequel teen drama. O ancora il rilancio di Macchia Nera e la lunga saga di Mister Vertigo, uscita per quasi un anno a intervalli di settimane tra un episodio e l’altro.
La grande novità è la coerenza che queste serie hanno l’una con l’altra. Sono ambientate tutte in uno stesso mondo, non si contraddicono, anzi, a volte rimandano l’una all’altra. I casi emblematici al riguardo sono due, uno ancora con protagonisti Qui, Quo e Qua, l’altro il crossover che ha coinvolto ben tre numeri del settimanale nel dicembre scorso.
Qualche capoverso sopra raccontavo delle strade separate prese dai paperini, due dediti al calcio e uno alla musica. Nel giugno 2021 i due filoni hanno corso in parallelo per qualche settimana con due storie a puntate collegate tra loro. Su Topolino 3420 del 9 giugno iniziavano infatti Calisota Summer Cup, di Nucci e Soffritti, e Musicalisota, di Salati e Nico Picone. Nella prima, Qui e Quo partecipavano a un torneo nelle varie città del Calisota, accompagnati da Paperino; nella seconda, Qua girava lo stato per un tour con la sua band.
La particolarità era che le storie si svolgevano in contemporanea. I fratelli erano impossibilitati ad assistere alle esibizioni dell’altro e viceversa, perché erano in città diverse, e così si sentivano al telefono. Un collegamento non invasivo ma solido, che dava coerenza al tutto. E voluto ancora una volta da Bertani. «Mentre scrivevo il soggetto [di Musicalisota] neanche sapevo che ci fosse in ballo quest’altra saga. Nucci la stava scrivendo in parallelo, e Bertani ha detto: “Bene, mettiamo insieme le due cose”», ha affermato Salati

L’apoteosi è arrivata nell’ultima puntata della storia musicale (Topolino 3424). Approfittando del fatto che Calisota Summer Cup si era conclusa nel numero precedente, Salati ha potuto schierare Qui, Quo e Paperino ad accogliere Qua nella tappa finale del tour, insieme anche agli amici di Area 15, che fino ad allora erano rimasti estranei alle due serie.
Più notevole è quanto successo su Topolino 3446, 3447 e 3448, usciti tra l’8 e il 22 dicembre 2021. La storia principale, di Nucci e Casty, in tre puntate, era dedicata a Macchia Nera, che scatenava su Topolinia una nevicata straordinaria, apocalittica, che coinvolgeva in modo minore tutto il Calisota. Di conseguenza, in tutte le storie dei tre numeri c’era (o era appena terminata, nel terzo) la tormenta di neve. Un po’ come quando nell’autunno 1984 l’editor-in-chief di Marvel Comics Jim Shooter decise di far nevicare in tutte le testate della casa editrice a seguito dell’apertura su Thor dello Scrigno degli Antichi Inverni.
Bertani e la redazione di Topolino hanno coordinato 6 sceneggiatori e 10 disegnatori, oltre a Corrado Mastantuono e Enrico Faccini come autori unici, per assicurarsi non solo che in tutte le storie ci fosse un metro e mezzo di neve, ma anche che si incastrassero tutte l’una con l’altra. Ad esempio, nella puntata di Macchia Nera sul 3447, Minni, Clarabella e Orazio lasciano Topolinia in corriera, dalla quale scendono in una storia che li vede protagonisti in un’altra città. O ancora, in A Christmas Coot di Nucci e Paolo Mottura (Topolino 3448), Paperino arriva in ritardo al cenone di Natale da Nonna Papera. Il motivo? Era impegnato, nei panni di Paperinik, ad aiutare Babbo Natale nella storia di Gervasio e Ivan Bigarella.

Una visione attuale
Non tutto il Topolino di Bertani è così fitto di trame interconnesse. La struttura del giornale in gran parte è in linea con quella tradizionale, ma è indicativo dell’approccio del suo direttore questa attenzione inedita – nel fumetto Disney – per concetti come continuity e universi condivisi. «Una visione più attuale su come funziona oggi l’intrattenimento», la definisce Giorgio Salati, facendo riferimento all’idea che c’era fino a qualche tempo fa che su Topolino bisognasse pubblicare solo storie completamente scollegate.
Malgrado abbia di certo aumentato la complessità di fruizione di Topolino, Bertani si dice sicuro di parlare ancora ai bambini di 7-8 anni e non agli adulti, e si fa forza del successo presso i più piccoli del Marvel Cinematic Universe o di serie animate che utilizzano le stesse dinamiche per arricchire le trame.
Per portare avanti questa sua visione, sta facendo molto affidamento su un gruppo di sceneggiatori che la condividono e che sono presenti quasi su ogni numero: Nucci, Gervasio, Gagnor, oltre ovviamente al supervisore dei disegnatori Freccero. Prima d’ora di rado la linea di Topolino, almeno nelle storie principali, era mai stata affidata a una così ristretta schiera di penne, sicuramente più semplici da coordinare di un numero maggiore di autori.
Al momento non possiamo prevedere come procederà la direzione Bertani, se lascerà un segno importante nella storia di Topolino, né di che tipo. Per ora possiamo registrare che il suo incarico, che sarebbe dovuto essere ad interim, per risanare i conti della rivista in attesa di individuare il profilo giusto, dura da più di tre anni, e lui non sembra intenzionato a mollare.
Scrollando social e forum, i giudizi dell’operato di Bertani tra i lettori non sono tutti unanimi, ma c’à porta un dato a suo favore: nel 2020 e nel 2021 Topolino ha chiuso il bilancio in positivo, cosa che non succedeva da anni. Lo ha dichiarato pubblicamente a dicembre durante una diretta social. A noi ha aggiunto, sorridendo: «Forse è anche il culo dei principianti».
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