La stagione dei multiversi cinematografici Marvel e DC

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I tre attori di Spider-Man: No Way Home hanno ricreato un celebre meme…

Il futuro dei film di supereroi sta nei multiversi? Le indicazioni che arrivano in questi mesi sembrano proprio far credere di sì, con tre importanti major come Walt Disney, Sony Pictures e Warner Bros. che stanno procedendo come treni ad alta velocità in questa direzione. A quanto pare, gli universi condivisi come il Marvel Cinematic Universe o il DC Extended Universe non erano più sufficienti: era ormai necessario alzare ulteriormente l’asticella del sense of wonder.

I multiversi, in breve

I multiversi sono, in estrema sintesi, insiemi di universi paralleli simili fra loro ma che si differenziano per alcune caratteristiche più o meno sostanziali. Ci potrebbe essere, per esempio, un universo parallelo al nostro in cui la Germania nazista ha vinto la Seconda guerra mondiale, un altro in cui Roberto Baggio non ha sbagliato il rigore decisivo nella finale del campionato mondiale del 1994 e così via.

Anche se il termine “multiverso” fu coniato dallo scrittore William James già nel 1895 e gli universi paralleli diventarono un classico della letteratura fantastica già agli inizi del Ventesimo secolo, la prima teorizzazione scientifica avvenne solo nel 1957 grazie al fisico americano Hugh Everett III, che formulò “l’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica”.

In estrema sintesi, secondo tale teoria, ogni volta che il mondo deve affrontare una scelta a livello quantistico, l’universo si divide in due, in modo che tutte le possibilità vengano realizzate. Ovvero, nello stesso istante e nella stessa posizione, esistono varie possibilità alternative (e non chiedetemi di spiegarla meglio di così, perché non saprei da dove iniziare).

Questa teoria suggestionò tanti scrittori di fantascienza del periodo, tra i quali anche autori di fumetti come Julius Schwartz, uno degli editor più influenti degli anni Sessanta e non solo, e lo sceneggiatore Gardner Fox, che nel 1961 crearono il Multiverso DC facendo incontrare per la prima volta il Flash della Silver Age (Barry Allen) con quello della Golden Age (Jay Garrick), che vivevano in due mondi paralleli, appunto.

Il Multiverso e le sue diverse rappresentazioni sono fin da allora alla base dei fumetti di DC Comics, nel bene e nel male. Se nel 1986 si era cercato di semplificare le cose riducendo all’osso il numero di Terre parallele con l’evento Crisi sulle Terre infinite, negli anni Zero del nuovo millennio l’idea del multiverso è rispuntata fuori, allargandosi in modo spesso incontrollato e sfociando di recente addirittura in un “Omniverso”.

Marvel Comics, al contrario, ha sempre cercato di proporre un universo narrativo più lineare, anche se le storie ambientate in mondi alternativi non sono mai mancate (si veda la collana a fumetti What If…?, nata già nel 1977, diventata anche una serie animata), e gli universi paralleli hanno avuto spesso un ruolo rilevante (per esempio le linee New Universe o Ultimate o il rilancio degli anni Novanta intitolato “La rinascita degli eroi”).

Gemelli ma diversi

Era così solo questione di tempo prima che i multiversi passassero dalla carta dei fumetti agli schermi di cinema e tv, visto il recente grande successo dei film di supereroi. L’eccezionalità, più probabilmente, sta nel fatto che Marvel e DC stiano portando questo concetto al cinema praticamente in contemporanea, quasi come se fosse una questione inevitabile.

La storia del cinema è piena di quelli che sono definiti “twin film”, ovvero pellicole uscite a poca distanza fra loro che trattano lo stesso argomento, a volte per caso, altre per precise scelte di marketing o per celebrare anniversari specifici. Uno dei casi più famosi è quello di Z la formica (di DreamWorks) e A Bug’s Life (Pixar), che uscirono nel 1998 a distanza di solo un mese l’uno dall’altro.

Qui ci muoviamo proprio in questo campo ma potremmo parlare addirittura di “triplet film”, con le uscite ravvicinate di Doctor Strange nel multiverso della follia dei Marvel Studios (il prossimo maggio) e The Flash di Warner Bros. (originariamente previsto per agosto, ma di recente spostato al 2023), senza dimenticare Spider-Man: No Way Home di Sony Pictures (dello scorso dicembre). Ma ai multiversi le tre major ci sono arrivate percorrendo strade diverse, giungendo – almeno a giudicare dalle premesse – a conclusioni ancora più differenti.

Il multiverso cinematografico Marvel proviene da una base più coerente, quella costituita dal Marvel Cinematic Universe nato nel 2008, che ha sempre seguito un percorso piuttosto lineare. In questo contesto, sta diventando molto naturale inglobare franchising fino a poco tempo fa estranei, come gli universi narrativi di Spider-Man creati da Sony (quello della trilogia di Sam Raimi e quello dei due Amazing Spider-Man) o il mondo degli X-Men di 20th Century Fox. Ed è in questo contesto che nelle ultime settimane si stanno rincorrendo voci di vari possibili ritorni a sorpresa all’interno di Doctor Strange nel Multiverso della follia, dopo quelli avvenuti in Spider-Man: No Way Home.

(Una piccola annotazione: l’universo cinematografico degli spin-off di Spider-Man, che comprende film come Venom e Morbius, ha una sua precisa identità e un suo nome, Sony’s Spider-Man Universe – abbreviato in SSU – ma a giudicare dagli ultimi sviluppi sembra fare a tutti gli effetti parte del Multiverso Marvel, quindi nel parlare di quest’ultimo, comprendo sempre anche l’altro.)

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Una delle versioni alternative del Doctor Strange che vedremo nel suo prossimo film

Il percorso seguito da DC Comics e Warner Bros. è stato invece più ondivago. Ovvero: anche loro ci hanno provato a creare un universo condiviso, nella fattispecie il DC Extended Universe, ma i risultati non sono stati all’altezza delle aspettative – incassi bassi, recensioni negative, problemi con attori e registi – e allora meglio che ogni film vada per la sua strada, o quasi.

Così di fianco a film come Wonder Woman, Aquaman e Justice League, tutti ambientati nello stesso universo, possono essercene altri che raccontano di altri mondi diversi ma in fondo simili. In questo modo, possono coesistere il Joker di Jared Leto visto in Suicide Squad e quello di Joaquin Phoenix del film eponimo del 2019. Oppure il Batman di Ben Affleck – che riapparirà in The Flash – e quello di Robert Pattinson, recente protagonista di The Batman.

Ci saranno quindi due filoni paralleli, il cui collegamento sarà rappresentato da The Flash, come confermato già nel 2020 da Walter Hamada, presidente di DC Films. Nel film diretto da Andy Muschietti, Barry Allen/Flash viaggerà indietro nel tempo per impedire l’omicidio di sua madre, provocando alterazioni nella linea temporale e permettendo così l’incontro di personaggi provenienti da diversi universi paralleli, un po’ come accaduto in Spider-Man: No Way Home.

(Altra piccola annotazione: il Flash dei film, Ezra Miller, è già apparso nel 2020 anche nella serie tv Arrow di fianco alla versione del personaggio interpretata da Grant Gustin, all’interno del crossover televisivo intitolato Crisi sulle Terre infinite, anticipando la nascita del multiverso di casa DC e facendo capire che anche il cosiddetto “Arrowverse” ne farà parte.)

Multiversi e inevitabilità

Forse l’inevitabilità di cui parlavo poco sopra sta nel fatto che ormai i film di supereroi vengono prodotti con regolarità – e con successo – da più di 20 anni, senza contare casi più sporadici come i film di Superman degli anni Ottanta e quelli di Batman degli anni Novanta. Da una parte, questo significa che c’è ormai un grande “patrimonio” di idee e personaggi a cui attingere.

Ora come ora, tutto ciò che c’è stato prima della nascita del Marvel Cinematic Universe – che sotto più di un punto di vista potremmo utilizzare come l’anno zero dei film di supereroi – e che sembrava appartenere a capitoli chiusi può tornare a essere materia presente. L’abbiamo visto in Spider-Man: No Way Home con il ritorno dei Peter Parker interpretati da Tobey Maguire e Andrew Garfield; lo vedremo in The Flash e Batgirl con il ritorno del Bruce Wayne/Batman di Michael Keaton a distanza di 30 anni da Batman – Il ritorno.

Dall’altra – soprattutto nel caso del Marvel Cinematic Universe – c’è il problema dell’invecchiamento degli attori. Anche avendo voglia di andare avanti, quanto ancora Chris Evans avrebbe potuto interpretare Steve Rogers/Capitan America? Quanto a lungo sarebbe stato ancora credibile un Tony Stark/Iron Man ultrasessantenne, pur con i miracoli del make-up e degli effetti speciali?

L’idea che i Marvel Studios vogliano rinunciare così presto a una narrazione di lunga gittata come quella del Marvel Cinematic Universe e allo stesso tempo accantonare franchising di successo come quelli di Capitan America e Iron Man è impensabile. E allora ecco che il multiverso potrebbe magari portare ad avere un nuovo Tony Stark, interpretato da un attore più giovane, come protagonista di nuovi film che non vadano a contraddire quelli già esistenti.

Tutto questo senza dimenticare l’inevitabile fattore nostalgia, che fa sembrare tutto ciò che appartiene al passato più accattivante, se non proprio migliore di quanto effettivamente fosse. Se eravate in sala a vedere Spider-Man: No Way Home, di sicuro avrete sentito urla di acclamazione all’apparizione di Andrew Garfield e soprattutto Tobey Maguire. Il marketing della nostalgia è ormai un fattore fondamentale in ogni settore commerciale, e nel cinema di supereroi sembra trovare terreno fertile.

Da un punto di vista creativo, inoltre, i multiversi offrono «enormi opportunità di diversificare i film di supereroi» come fa notare Jason Cherubini, co-fondatore e direttore finanziario di Dawn’s Light Media, società di produzione che di occupa soprattutto di contenuti di genere action e thriller.

Negli ultimi anni, la diversificazione – intesa come attenzione alla rappresentazione delle diversità nei prodotti commerciali e culturali – è diventata molto importante per le case di produzione cinematografiche e non solo. Come riportavo in un precedente articolo, la diversità aiuta parecchio gli incassi dei film al cinema: nel 2020, i film che presentavano nel cast meno attori appartenenti a minoranze hanno avuto incassi più bassi, mentre quelli più attenti alla questione si sono piazzati nelle parti medio-alte della classifica, confermando sostanzialmente il trend degli anni precedenti.

I multiversi, così, potranno permettere alle case di produzione di muoversi più facilmente in questo senso, senza far arrabbiare (troppo) i fan più duri e puri. Al fianco del Superman interpretato da Henry Cavill del DCEU, potrebbe per esempio essercene uno afroamericano, appartenente a un altro universo parallelo e magari interpretato da Michael B. Jordan, come si vocifera da tempo. E i due potrebbero anche finire per incontrarsi, prima o poi.

Un primo possibile esempio di questo si vedrà in The Flash, in cui apparirà una nuova Supergirl interpretata da Sasha Calle, attrice americana di origine colombiana dall’aspetto decisamente latino, molto lontano da quello classico del personaggio, solitamente biondo e dagli occhi azzurri.

Approfondire i multiversi significa inoltre mettere fine a un dibattito molto caro ai fan più hardcore su che cosa sia canonico e che cosa invece no. Negli ultimi anni, per esempio, se ne è parlato molto in riferimento a serie tv Marvel come Agents of S.H.I.E.L.D. – nata come spin-off di The Avengers, ma i cui eventi nel corso del tempo si sono distaccati e spesso sono stati contraddetti da quelli dell’MCU – o delle serie Netflix. D’ora in poi, tutto questo potrebbe non importare più: tutto potrebbe essere considerato canonico all’interno del proprio universo narrativo, che a sua volta farebbe parte di un multiverso più allargato, con la possibilità di viavai continui fra un mondo e l’altro.

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Il Flash interpretato da Ezra Miller insieme al Barry Allen di un universo parallelo e alla Supergirl di Sasha Calle

Da grandi multiversi derivano grandi rischi

D’altra parte il portare l’idea dei multiversi al cinema comporta anche dei pericoli. C’è da considerare innanzitutto il fatto che il cinema prevede inevitabilmente un tipo di narrazione diversa da quella del fumetto, per tempistiche di produzione e non solo. La possibilità che il tutto rimanga solo abbozzato o, al contrario, troppo diluito nel tempo è così molto concreta.

C’è inoltre il rischio di creare confusione nel pubblico. Tra il 2022 e il 2023 vedremo al cinema almeno tre Batman diversi (i già citati Patterson, Affleck e Keaton), e negli ultimi anni ci sono stati già tre Joker, senza contare quelli televisivi. Il pubblico riuscirà ad accettare il fatto che tutto questo possa coesistere? E la sovraesposizione di certi personaggi non stancherà anche i più irriducibili, alla fine?

Secondo Hamada, i tempi sono ormai maturi per questo tipo di narrazioni più complesse: «Il pubblico è abbastanza sofisticato da riuscire a comprendere. Se faremo dei buoni film, allora saranno seguiti». Kevin Feige, il boss dei Marvel Studios, sembra essere sostanzialmente d’accordo, ricordando come quasi 15 anni fa ci fossero dubbi sul fatto che il pubblico potesse essere interessato alla presenza di Nick Fury nella scena dopo i titoli di coda del primo Iron Man. La differenza starebbe solo nel fatto che ora c’è bisogno di una lavagna più grande per appuntarsi tutto e non perdere di vista nulla di quello che accade nel multiverso.

Un altro pericolo in cui si potrebbe incorrere facilmente è quello dell’eccessivo fan service, che potrebbe portare a incroci fra personaggi di mondi diversi senza alcuna logicità o necessità narrativa, solo per il gusto di farlo. Si è visto per esempio nelle scene post-credits di Venom – La furia di Carnage e Spider-Man: No Way Home, entrambe con protagonista l’Eddie Brock interpretato da Tom Hardy, che si sono incrociate fra loro lasciandosi dietro qualche buco narrativo e poco altro.

Tra gli scettici dei multiversi figura anche Joe Russo, regista insieme al fratello Anthony di quattro film del Marvel Cinematic Universe, fra cui Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame: «L’agenda aziendale è: ti piace il gelato al cioccolato? Be’, eccoti un gelato al cioccolato con le praline, eccoti un gelato al cioccolato con la ganache. […] Sì, il troppo di una cosa stanca, ma credo che ci siano autori e innovatori che possano sorprendere. Solo non aspettatevi di essere sorpresi dalle aziende».

Se i nuovi multiversi cinematografici davvero stancheranno o creeranno confusione, ovviamente solo il tempo potrà dircelo. Intanto, il grande successo al botteghino di Spider-Man: No Way Home può essere considerato come un segnale positivo che – almeno nell’immediato – le cose per le major cinematografiche potrebbero andare per il verso desiderato. A patto di fare le cose per bene, certo.

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