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Mondi POPAnimazione"Red": raccontare l'adolescenza in stile Pixar

“Red”: raccontare l’adolescenza in stile Pixar

red pixar

Se si prendono in considerazione gli ultimi film Pixar è innegabile che ci sia stato un grande cambiamento dal cosiddetto decennio d’oro, quello che va da Monster & Co. (2001) e che si chiude con Toy Story 3 – La grande fuga (2010). Parte di questo cambiamento è dovuto all’acquisto da parte della Disney nel 2006 della stessa Pixar, i cui effetti in termini produttivi si sono visti appunto nel secondo decennio degli anni Duemila. L’altro elemento che ha portato Pixar a mutare è stato l’addio di John Lasseter alla fine del 2018, sostituito da Pete Docter in veste di direttore creativo.

C’è stato quindi un periodo di assestamento, tra alti e bassi che contano film come Inside Out, Il viaggio di Arlo, Alla ricerca di Dory, Cars 3, Coco e Gli Incredibili 2. Tanti sequel, il che dimostra anche una carenza di idee. Ma è proprio Il viaggio di Arlo, opera minore e snobbata, a essere identificativa della strada che la Pixar ha voluto intraprendere. Il viaggio di Arlo è un film che racconta del percorso di crescita di un dinosauro in un mondo a tratti spietato. Il film non piacque a chi amava le opere ricche e virtuose per cui la Pixar era diventata famosa: sembrava un’opera molto più disneyana e lineare. 

Alla luce dei fatti, si può affermare che quello sia stato il primo, vero passo di un tragitto atto ad analizzare, affrontare di petto, sviscerare il processo di crescita. Con tutte le sue difficoltà e sofferenze, con l’intento di parlare a un pubblico che si è scoperto fragile, con il proposito di andare a raccontare proprio quegli elementi della crescita che fino a poco tempo fa sembravano tabù.

Toy Story 4, Onward – Oltre la magia, in parte Soul, sicuramente Luca raccontano di rinunce, di accettare sé stessi (soprattutto le proprie fragilità o difetti che difetti non sono), del coraggio necessario per imbarcarsi su un treno, dire addio al passato e guardare al futuro con una lacrima di nostalgia (sì, è esattamente ciò che ci dice il bellissimo finale di Luca). Non stupisce, dunque, che Red (disponibile da qualche giorno su Disney+) sia l’ennesimo tassello di questo discorso. 

Red racconta di Meilin “Mei” Lee, una tredicenne nella Toronto del 2002 che scopre di potersi trasformare in un grande panda rosso. Dapprima è lo shock, poi comprende che grazie alle sue amiche potrà affrontare le difficoltà di una simile situazione, in attesa di un rituale che la “guarisca”. Ma naturalmente non tutto filerà liscio.

Il target di Red è molto particolare: è una grande metafora sul passaggio all’età adulta ma con evidenti riferimenti all’adolescenza, cioè quel periodo della vita in cui i mutamenti non riguardano soltanto la testa ma anche e soprattutto il corpo. È evidente, infatti, che la scelta del rosso si riferisca anche e soprattutto al ciclo mestruale, peraltro citato a inizio film, e che il cambio fisico di Mei sia allegorico dei profondi cambiamenti fisici e mentali che sta vivendo a causa dell’adolescenza. 

Quello della crescita è un percorso accidentato, complicato. L’adolescenza in particolare è un momento tortuoso, una fase di strappo con l’infanzia che passa attraverso la frattura del rapporto con i genitori. Sul piano allegorico, Red denuncia i suoi intenti fin troppo chiaramente: non cela le sue intenzioni e trasla ogni singolo passaggio in una dimensione narrativa specifica. Togliete il panda rosso, togliete la magia: vi ritroverete di fronte a una storia di confusione, rabbia, accettazione del nuovo sé riconducibile al caos adolescenziale.

La regista Domee Shi ha fatto dell’argomento il cardine della sua (per ora breve) poetica. Prima di questo film, che è il suo esordio nel lungometraggio, aveva diretto il corto Bao, che racconta le stesse identiche cose nello stesso identico modo. Ma con Red è interessante notare una compattezza concettuale e narrativa affatto scontata e soprattutto una ibridazione di linguaggi quantomeno intrigante

L’approccio visivo di Shi si rifà in buona parte all’estetica “anime” e a buona parte dell’immaginario giapponese (il che è strano, trattandosi di immigrati cinesi in Canada). Sia nel character design che nelle scelte visuali le citazioni sono tante, a partire da Godzilla, ma altre chicche come la citazione de La storia della principessa splendente di Isao Takahata nella sequenza nel bosco di bambù. Persino il ritmo e il modo un po’ estremo e sopra le righe di esprimersi di alcuni personaggi sono totalmente aderenti a un’estetica anime

Funziona, Red. Come altri titoli di questa recente fase Pixar, non spicca per inventiva o per originalità. Ma è coerente e coinvolgente, divertente e a tratti coraggioso. E non è poco.

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